Appena mio padre mi disse che dovevo guadagnare dei soldi e perciò trovarmi un lavoro, mi ritrovai nella gigantesca hall di una compagnia assicurativa davanti a quattro direttori. Dovevo stare lì tutti i giorni. Dopo una meravigliosa giovinezza come narratore, illusionista, burattinaio e avventuriero, tutto ciò mi pareva un inferno. Così, presi la decisione più importante della mia vita. Catturai l’attenzione dei direttori, scagliai a terra la mia macchina da scrivere e venni immediatamente licenziato. Non ho più avuto un lavoro da allora e ho fatto quasi tutto senza avere un soldo in tasca.
Convinsi mio padre che volevo fare affari nel mondo della pubblicità e che avevo bisogno di iscrivermi a un’accademia d’arte. Sebbene la mia decisione lo fece infuriare, accettò. Ben presto fui circondato da insegnanti d’arte che mi dicevano che ciò mi ispirava maggiormente non era affatto arte. Lasciai casa e andai a vivere in una specie di rudere, dove iniziai a dipingere e a suonare come piaceva a me. Creai con alcuni amici dell’accademia un gruppo di pantomima, ripudiavamo il teatro tradizionale e iniziammo a produrre musica visiva, solamente gestuale. Entrai in contatto con alcuni compositori di musica moderna, ma presto scoprii che si preoccupavano troppo del giudizio del mondo dell’arte ufficiale. Nessuna libertà neppure lì. Per poter scappare da quella prigione presi l’ultimo pezzo di carta dal cavalletto e lo spiegazzai, dichiarando che si trattava della mia ultima opera d’arte: una costellazione di carta. Feci teatro, musica, moda e scultura “spiegazzati”.
Convinsi i miei amici che la dittatura dell’arte era finita, così cominciammo a sabotare per gioco le mostre d’arte. Un giorno mio padre dovette venire a prendermi alla stazione di polizia, perché avevamo “disturbato” l’inaugurazione di una mostra molto importante. Mi accompagnò alla stazione ferroviaria e mi consigliò di trasferirmi ad Amsterdam: “È il posto che fa per te”, disse. Nel giro di un anno radunai tutti i giovani compositori olandesi, convincendoli che era giunto il momento di porre fine al giudizio dell’arte e di raccogliere i più svariati strumenti in modo che potessimo iniziare a suonare. Nacque la Mood Engineering Society (MES), con la quale organizzammo tre concerti in cui presentammo a un pubblico piuttosto sconvolto i primi esperimenti: performance, musica visiva e “suoni spiegazzati”. Il mondo dell’arte e la stampa andarono su tutte le furie e i giovani compositori (Peter Schat, Misha Mengelberg, Louis Andriessen, Dick Raaymakers, Ton Bruynel, Jaap Spek, Rob Dubois e altri) abbandonarono immediatamente il progetto, preoccupati per le loro carriere. Io, però, non mi fermai e diedi avvio con Wim T. Schippers all’AFSRINMOR (Association for Scientific Research in New Methods of Recreation) e alla SPO (Society for Party Organizing) con cui mettemmo in piedi una serie di feste che erano delle pure improvvisazioni teatrali dove non vi era alcuna differenza tra attori e pubblico. La SEO (Society for Exhibition Organizing) , invece, “perfezionò” opere d’arte, musei e mostre. Poi, sentii parlare di Nam June Paik e ne fui immediatamente ispirato. Mi misi d’accordo con il settimanale Haagse Post per poterlo intervistare e andai in Germania dove era in corso una sua mostra. Parlai con lui per ore. Quando gli raccontai la mia storia, mi disse: “Tu sei Fluxus!”. Non mi spiegò nulla, volle soltanto il mio numero di telefono. Due settimane dopo, George Maciunas mi chiamò dicedomi: “Tu sei Fluxus!”, e mi invitò a prendere parte al primo evento Fluxus in una galleria di Amsterdam. Lì incontrai per la prima volta Dick Higgins, Alison Knowles, Wolf Vostell, George Maciunas, Benjamin Patterson, Tomas Schimt, Nam June Paik, Emmett Williams e molti altri. Alison Knowles realizzò una performance in cui si sfilava una serie di slip uno dopo l’altro. Fu grandiosa! Realizzammo diverse performance per strada e per la prima volta vidi la gente sfruttare la propria libertà per entrare in territori sconosciuti. Apprezzarono il mio intervento paper constellation. Mi sentivo come a casa. Aprii la galleria Amstel 47 dove si esibirono Paik e Ben Vautier e cominciai a organizzare concerti in tutto il paese. Avevo un rapporto molto stretto con George Maciunas che mi invitò a tutti i concerti europei di Fluxus. Di solito realizzavo i nuovi lavori direttamente sul posto.
Nel 1963 la televisione olandese invitò me e Wim T. Schippers a prendere parte a un programma sulla nuova “arte” che stava emergendo in quel periodo. Diventò uno show assurdo nel quale presentammo Fluxus, Zero, Pop Art e ovviamente i nostri lavori individuali.
Filmammo la “Marcia su Amsterdam”, che fu annunciata da grandi manifesti in tutto il paese e realizzata da sei signori ben vestiti che camminavano in coppia seguiti dai giornalisti e persino da alcuni poliziotti. Era una manifestazione del nulla contro il nulla. Un’enorme crumpled ball [palla di carta spiegazzata, n.d.r.] sfilò per la città guidata dalla polizia. Wim T. Schippers diede una grande conferenza stampa in spiaggia solo per svuotare una bottiglia di limonata in mare. La stampa non gradì e pensò che fosse solo una messa in scena, ma il mondo dell’arte cominciò a interessarsi e presto le mie costellazioni di carta spiegazzata vennero esposte allo Stedelijk Museum di Amsterdam. Ero diventato un artista ufficiale. A cena, dopo l’inaugurazione, il direttore Wim Beeren mi chiese che cosa sarebbe successo dopo tutte quelle rivoluzioni. Risposi che non sarebbe cambiato molto, ci sarebbero state soltanto delle varianti di Fluxus. Dissi anche che avevo deciso di tirarmi fuori dall’arte. Rimase scioccato: mi stava offrendo la chance della mia vita e io volevo tirarmi indietro? Perché? Gli spiegai che il mio interesse era solo quello di esplorare territori sconosciuti, le zone oscure della vita. Molte persone ne sono terrorizzate. Durante le mie performance si scatenava il panico tra il pubblico, ma c’era sempre un idiota che diceva: “È arte!”, e il pubblico si sentiva subito sollevato. Oh… è arte. Grazie a Dio. Eravamo spaventati. La parola “arte” stava distruggendo la vitalità. Questo è il motivo per cui me ne tirai fuori. I musei sono come dei mausolei.
George Maciunas apprezzò la mia decisione. Mi nominò Presidente Fluxus per l’Europa del Nord e mi regalò una collezione completa di opere Fluxus, così fondai la “European Mail Order House”, mentre lui se ne tornò a New York. Lanciai poi con Peter J. Muller un settimanale nazionale (sempre senza soldi, ma riuscii a convincere uno stampatore) nel quale ciascuno poteva pubblicare quello che voleva. Ebbe un grande successo. Un’intera generazione crebbe con Fluxus. Aprii due grandi club (il Paradiso e il Fantasio) con alcuni amici, dove ognuno poteva salire sul palco e presentare i propri eventi. Fui tra i primi dj a proporre degli spettacoli imprevedibili. Nell’arco di due anni spuntarono nel paese cento club di questo tipo. La parola “arte” non fu mai utilizzata. Fui invitato regolarmente a presentare le mie performance nei concerti Fluxus in giro per il mondo, molti dei quali avevano luogo all’interno di gallerie e musei creando un’atmosfera completamente diversa. Ma nonostante tutti gli amici Fluxus si sentissero parte di una grande famiglia e io provassi ancora un grande senso di libertà, questi luoghi non mi piacevano.
I miei esperimenti radiofonici alla radio nazionale destarono molto interesse. Tutti potevano inviarmi i loro suoni e io li trasmettevo in radio. Iniziai anche una serie di puntate chiamate Radio Art, in cui gli ascoltatori venivano invitati a compiere azioni Fluxus in casa o in strada. Una volta dissi loro di saltare in macchina e seguire le mie istruzioni. Trentamila ascoltatori iniziarono a guidare nel cuore della notte e a vivere incredibili avventure. Fu una grande esperienza Fluxus di cui la gente parla ancora oggi.
Tutta la mia vita è stata all’insegna di Fluxus. Feci tutto senza soldi perché quando sei completamente ispirato automaticamente ispiri le persone intorno a te. Per un certo periodo vissi in Italia in un’enorme villa affacciata sul Mediterraneo (non chiedetemi come), dove realizzai uno show televisivo nel quale annunciai che sarei diventato nuovamente artista. Fu trasmesso a livello nazionale il giorno di Capodanno.
Feci mostre illegali al MoMA e allo Stedelijk Museum, dove i visitatori, con indosso gli auricolari, osservavano i miei lavori illegali: buchi nel muro, fessure nelle finestre, ecc. Il Village Voice di New York parlò di “mostra del mese”. La Tate Gallery recentemente ha persino richiesto una “legale mostra illegale” in occasione della “Fluxus-Olympiad”.
Eric Andersen organizzò una cena Fluxus a Copenhagen dove le performance furono realizzate a tavola. Mi piacque così tanto che anch’io realizzai una cena Fluxus all’Hilton Hotel di Amsterdam. Poco tempo fa sono stato maestro di cerimonie per una cena Fluxus durante l’evento “Three Star a La Carte” al BALTIC Centre for Contemporary Art di Gateshead, in cui le persone ai tavoli hanno eseguito liberamente delle performance. Ho scritto un libro in cui spiego come si può creare il mondo secondo le proprie idee; siamo tutti artisti con un incredibile potere, e siamo perduti non appena iniziamo a giudicare. Il libro è così popolare che è già in uscita la settima ristampa. In Corea ho venduto il mio codice genetico a Larry Miller, il quale ha organizzato un’esposizione per la vendita. Tutti possano creare un Willem de Ridder ora.
La lista dei progetti Fluxus che ho realizzato è infinita e ho preso coscienza di quanto la nuova generazione sia interessata al modo in cui Fluxus ci ha liberato dalle istituzioni ufficiali, che non solo decidevano come dovevamo vivere, ma anche cosa era arte e cosa non lo era. Siamo stati indotti a credere che la gente possa pensare a noi. La più grande paura in Occidente è parlare apertamente. Siamo terrorizzati dall’idea di essere giudicati, condannati, derisi o rifiutati. È la più grande menzogna di sempre. Nessuno può vederti. Tutto ciò che le persone vedono è la loro stessa immagine, che è formata dalle loro idee, credenze, convinzioni, ecc. Questo è il motivo per il quale ho creato riviste con una colonna sonora, in cui ogni immagine cambia a seconda della storia che ascolti. Ho persino realizzato una diversa colonna sonora per Dynasty, la famosa soap-opera. In ogni caso ognuno vede le cose in modo completamente differente dall’altro. Non puoi guardare nelle teste degli altri per scoprire quello che vedono realmente. Non esiste una cosidetta realtà oggettiva. Perciò, se gli altri non ti vedono, come possono pensare a te? Bisogna dimenticare tutto ciò. Non è importante cosa pensano, ma ciò che pensi tu, perché questo è quello che “vedi” davvero. Se soffri perché io sono un idiota e mi accusi, butti via il tuo potere e fai di te una vittima. Le vittime non esistono, esistono soltanto i volontari. Sì, tu sei un grande artista.