Memoria e reminescenza, immagini di realtà quotidiane vissute o immaginarie sono gli scenari attorno ai quali ruota il lavoro di Giovanni De Lazzari. Partendo da una ricognizione per deliri e apparizioni, l’artista analizza e svela inedite verità, apparentemente nascoste tra i frammenti raffigurati.
Fabiana Bellio: I tuoi disegni, realizzati a matita o con la penna Bic, sembrano delle vere e proprie miniature, fragili e delicate. Qual è il motivo di tale scelta?
Giovanni De Lazzari: La piccolezza non è frutto d’una scelta; appartiene a un modo di operare istintivo, fondato probabilmente sull’identità tra la forma e il contenuto dell’immagine che produco. Penso che esso esprima l’estensione di un luogo intimo, nel quale il soggetto si rivela attraverso le proprie disarmonie. Non rappresenta mai, insieme con il mezzo impiegato, lo scopo per esprimere uno stile.
FB: Gli animali e la natura sono soggetti ricorrenti dell’immaginario che rappresenti. Raccontaci delle situazioni paradossali, al limite tra libertà e costrizione, che vivono i personaggi di queste storie.
GDL: Spesso i miei soggetti trattano di schiavitù parziali; costrizioni che alludono a condizioni di libertà limitate. Mi interessa riflettere sulla violenza che si sviluppa nei dettagli della convivenza forzata fra la natura e l’uomo. Entrambi si esprimono per mezzo di ciò che producono e il loro incontro genera non di rado visioni imprevedibili e paradossali: nella differenza fra tecnologia e natura vi è la possibilità di un conflitto poetico riparatore.
FB: Untitled del 2003 raffigura una scarpa bucata da un chiodo. La stessa immagine ha preso forma in una scultura in argilla. Come mai in quell’occasione hai realizzato due lavori?
GDL: La mia ricerca muove principalmente dal disegno, ma non escludo la possibilità di impiegare altri mezzi. La scultura e l’installazione rappresentano per me una sorta di appropriazione dello spazio che, invece, attraverso il disegno non è mai del tutto compiuta.
FB: Hai definito i tuoi ultimi collage come “libri ai quali è stato fatto un taglio”. La sezione rivela una storia composta dall’associazione di immagini slegate tra loro. Qual è il senso di queste piccole composizioni?
GDL: Ogni collage costituisce la visione complessiva e unificante di elementi estranei che, se associati, alludono alla possibilità di una narrazione composta di segni eterogenei. Essi sono come porzioni di realtà alle quali è stato fatto un taglio per esplorarne verticalmente la profondità. Dalla sezione si rivelano immagini che rappresentano una sorta di interiorità, ordinata e simbolica, di un involucro piatto e muto.