Chapters (2013), il primo film dell’artista cipriota Haris Epaminonda, girato proprio a Cipro su pellicola 16mm, si distanzia dalla pratica dell’artista — basata fino a ora sulla reinterpretazione di materiali d’archivio e found footage — e al contempo la approfondisce, coreografando il flusso delle immagini su un impianto anti-narrativo simile a un collage filmico. Costituito da accostamenti, sovrapposizioni, rinvii fra le singole immagini e i canali audio (colonna sonora di Kelly Jayne Jones e Pascal Nichols, Part Wild Horses Mane On Both Sides) e strutturato, nella sua presentazione presso la Kunsthaus di Zurigo, il MoMA Oxford e il Centro d’Arte Contemporanea Point di Nicosia, su quattro proiezioni, Chapters ribadisce l’esplorazione della natura polisemica, del sinuoso completamento reciproco, attraverso il montaggio, di immagini e suoni già affrontato in Chronicles, installazione video multicanale del 2012. Sospeso in un’atmosfera a-storica, esaltata dai lievi movimenti di macchina che trasformano le sequenze in estatici tableaux vivants di matrice mitica e simbolica.
Chapters si articola in una successione di monili, vasi, tessuti, palme, radure, alture, animali (reali, come i pappagalli, ma anche evocati, come nella donna che dipinge le proprie gambe con le striature di una zebra), isolati in paesaggi arsi dal sole in cui scorrono corsi d’acqua, in spazi architettonici intonacati di bianco, come antiche cappelle bizantine, o in prossimità di alcune rovine antiche. L’armonia rituale è continuamente messa in tensione dall’apparizione di elementi dissonanti, come alcune geishe, o dai gesti misteriosi, dalle voci ambigue di ieratici attori-personaggi (sacerdoti-sciamani, servitori, un uomo intento a scavare una buca, alcuni ragazzi intenti a disporre una struttura piramidale). Il realismo di oggetti e scenari tende all’astrazione, esaltando l’esperienza dello scorrere del tempo intorno ad essi, mentre il simbolismo dei riferimenti si fonde con il realismo della raffigurazione. Artista della sospensione del giudizio e archeologa del reincantamento, la cui pratica si basa non a caso sulla pratiche editoriali del collage e del montaggio, Epaminonda ci conduce nel suo primo film sulla soglia immaginifica di molteplici possibili riferimenti — da Beato Angelico a Pier Paolo Pasolini, da Sergei Parajanov al teatro giapponese Kabuki. A cui si è aggiunta, nell’ultima presentazione alla Querini Stampalia di Venezia, quello all’architettura sincretica, ai moderni richiami d’Oriente, formalmente e cromaticamente oscillanti fra differenti temporalità e geografie, di Carlo Scarpa. A Venezia, Epaminonda orchestra il display della mostra usando lo spazio in sé come materiale filmico, i cui segni si ricompongono fra loro come in una punteggiatura tridimensionale, un contrappunto geometrico, una partitura pittorica che amplifica ed espande Chapters alla tridimensionalità dello spazio espositivo, incorporandolo e trasfigurandolo come un suo ulteriore set.