L’accoppiamento e la rimozione di materiali, come la processualità nel lavoro, è al centro di questa doppia personale. Il minimalismo visivo di Haroon Mirza e la figurazione lavorata di Gaia Fugazza sembrano esistere in un’immediata opposizione visiva, in cui però sotto un’attenta osservazione si cela una profonda armonia fra spirito e materialità.
A Platform for Breathing (2019) di Mirza domina lo spazio principale della galleria. Un pavimento basso parzialmente in granito, passando da superfici grezze a piastrelle lucide, è modellato con luci al neon, rocce gessose, piante aride e un set di altoparlanti. Facendo eco alla traccia sonora, le piastrelle si spostano e si rompono quando sono attraversate. La pietra è ricavata da un lavoro di Mattia Bosco, e aggiunge quindi un tassello in più alla storia di appropriazione di Mirza, focalizzando l’interesse della mostra sul pubblico che la esperisce. Troppo bassa e fredda per essere considerata estetica relazionale (nell’accezione degli anni ‘90), il titolo sembra suggerire che interagirvi fisicamente è una prova di vita.
Questa esplorazione dell’organico e della tecnologia è ulteriormente evidente nel gruppo di intime lastre di rame incise, sempre di Mirza. La luce e l’inquietante composizione nei tre lavori che si susseguono a parete (tutti 2019) in Cyanide Blossom è elettro-incisa con pietre di ciliegio, Sugar Face con zucchero raffinato e Oxycontin 80mg con radice di zenzero – questi lavori chimici e seducenti tracciano una linea fra l’occulto e lo scientifico.
Le composizioni di pannelli di legno di Fugazza, che si alternano a parete, sono crude, rade e sublimi. Japanese knotweed, iron and eyes (2019) raffigura delicatamente un’astrazione floreale appiattita da pirografie e intarsiature di pigmenti minerali e media misti. Porzioni del supporto, simili a spine, sono state sfilacciate fino a ridurle in fragili schegge. Processi simili si ritrovano in A distant attempt and the present worms (2019), un’immagine più primordiale la cui parte superiore è dominata da figure animali che ricordano Lascaux. La parte centrale nei verdi teneri appare come un’astrazione naturale che segue le nodosità della tavola, e mostra due figure con le braccia al cielo.
Questo ricercare e ritrovare la forma entro la matrice visiva si estende in The contraceptive series: Woman eating contraceptive pills. Moon (2015). Fessure profonde modellano sezioni geometriche di un corpo. Uno spesso strato di cera d’api, pigmenti e acrilico plasma l’immagine rendendone particolarmente tangibile la forma. La rappresentazione è tanto leggera quanto potente, al punto da volerne percepire l’interezza.
Le modalità con cui i corpi si relazionano l’uno all’altro sono alla base della vicinanza fra i due artisti. La connessione intellettuale e formale fra le rispettive opere è profonda per certi versi e goffa per altri, e questo è evocativo. Sul comunicato stampa c’è scritto apertamente che Fugazza e Mirza sono una coppia nella vita e che questa è la loro prima mostra insieme. Non so mai esattamente cosa fare di informazioni del genere, certo non si può negare la chimica presente che si percepisce.