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24 Maggio 2017, 9:00 am CET

L’arte può ancora cambiare il mondo? Una conversazione con Jeffrey Deitch su “Post Human” di Giancarlo Politi e Helena Kontova

di Giancarlo Politi e Helena Kontova 24 Maggio 2017

Pubblicato originariamente in Flash Art no. 170 Ottobre-Novembre 1992.

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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.

Giancarlo Politi e Helena Kontova: Quali temi hai voluto affrontare con “Post Human”?
Jeffrey Deitch: Sento che stiamo cominciando una straordinaria rivoluzione nel modo in cui gli esseri umani vedono se stessi. La convergenza tra le rapide evoluzioni nella biotecnologia e nella scienza dei computer e la rimessa in discussione dei ruoli sociali e sessuali tradizionali potrebbe condurre a una nuova definizione della vita umana. Si rischia di fare un discorso che può sembrare fantascienza di serie B ma in effetti è molto probabile che la nostra generazione potrà già usufruire di nuove tecnologie dell’ingegneria genetica che ci permetteranno di scegliere i nostri figli o di ricomporre la nostra struttura ge­netica. Nel testo in catalogo ho scritto della fine dell’evoluzione naturale e dell’inizio dell’evoluzione artificiale. Questi sviluppi avranno un impatto enorme sull’economia, sulla politica e, certamente, su ogni altro aspetto della vita. Volgendo al termine del XX secolo siamo esposti a un’ondata di nuove tecnologie e ai derivanti cambiamenti sociali. “Post Human” comincia a guardare a come queste nuove tecnologie e attitudini sociali interagiranno con l’arte. Vedo una rinascita dell’arte figurativa che coincide con questi cambiamenti nell’area tecnologica e sociale, e che proviene da un luogo molto diverso dalla tradizione figurativa di Picasso e Matisse. Si sta sviluppando un nuovo tipo di pittura figurativa che è erede della tradizione concettuale di Duchamp e Warhol. Con “Post Human” ho voluto esaminare questo nuovo approccio dell’arte figurativa e cominciare a far riflettere il pubblico sul ruolo degli artisti nell’interpretazione, e forse anche nella formazione, di questo prossimo mondo “Post Human”. La maggior parte delle mie informazioni deriva dai giornalisti più che da fonti di prima mano, dunque sono rimasto sorpreso quando Paul Mc­Carthy e sua moglie mi hanno dato un articolo, firmato dall’eminente genetista Leroy Hood, dal titolo Note sui futuri umani, in cui usa la parola “Post Human”. Pur provenendo dalla critica d’arte mi sono trovato più vicino di quanto pensassi alle attuali teorie sulla genetica avanzata.

GP e HK: Hai proposto un progetto per “Aperto ’93” il cui tema sarebbe “L’arte può ancora cambiare il mondo?”. Questa mostra potrebbe essere “Post Human”?
JD: “Post Human” riguarda l’interazione tra arte e cambiamenti sociali ma il punto è un altro. Con “Post Human” cerco di identificare e interpretare un nuovo tipo di arte figurativa che sta emergendo in Europa, America e Giap­pone. Credo davvero che l’arte possa ancora cambiare il mondo, potrei citare l’esempio di Andy Warhol. Ci sono poche persone che hanno avuto un impatto maggiore di Warhol sulla cultura e sulla società del suo tempo. Credo che alcuni degli artisti di “Post Human” saranno importanti nella formazione di nuovi costumi sociali e nello sviluppo di un nuovo linguaggio visivo che articolerà per un pubblico più gran­­­de i cambiamenti a cui stiamo assistendo.

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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.

GP e HK: Saresti d’accordo nell’affermare che una campagna pubblicitaria come quella di Oliviero Toscani per Benetton abbia meriti estetici tali da influenzare il mondo dell’arte e la società come nessuna opera o movimento artistico abbiano mai fatto prima?
JD: La pubblicità di Toscani per Benetton dimostra il potere dei nuovi canali di comunicazione che ora sono a disposizione degli artisti. È interessante da un punto di vista estetico ma non la considero arte, piuttosto un eccellente esempio della categoria “meta-arte”, una combinazione tra belle arti e intrattenimento. Come i video e le performance di Madonna, che utilizzano elementi della performance ma non lo fanno fino in fondo. Ma anche se i tabelloni pubblicitari di Benetton non sono arte rispetto a quelli di Barbara Kruger, e anche se i video di Madonna non sono arte come quelli di Dara Birnbaum, entrambi comunicano in modo aggressivo, allargando i confini del gusto pubblico. Assisteremo a una tremenda espansione di questa categoria meta-artistica nella pubblicità, nel marketing, nello spettacolo e nell’industria editoriale. Gli artisti ne fanno già parte; vedi le copertine di riviste disegnate da Barbara Kruger e la collaborazione di Jeff Koons a un video degli U2. Se un grande artista usasse i media nel modo in cui li utilizza Benetton, avrebbe un effetto più forte e durevole di quello ottenuto da una campagna di Toscani.

GP e HK: Credi che l’etica o la scienza possano influenzare il mondo più di quanto non faccia l’arte?
JD: Se guardiamo agli ultimi centocinquanta anni di arte, scienza e filosofia, è impressionante vedere l’influenza che l’arte ha dimostrato nel definire il modo di percepire il mondo. La nuova fisica è stata formulata da artisti come Picasso e Kandinsky; la psicologia da artisti come Schiele e Kokoschka. L’esplorazione dell’inconscio è stata indagata dai surrealisti. Si può capire l’Esisten­zialismo osservando i lavori realizzati da Giacometti nel dopoguerra. L’arte, più di ogni altra cosa, ci permette di capire il pensiero del Rinascimento. Tra due secoli la gente si rivolgerà ancora all’arte per capire l’ultimo periodo del Novecento.

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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.
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“Post Human”. Veduta della mostra presso Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli, 1992. Fotografia di Paolo Pellion. Courtesy Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli / Torino.

GP e HK: Come potrebbe competere l’arte con le potenzialità della realtà virtuale?
JD: La tecnologia della realtà virtuale oggi ha le stesse caratteristiche della tecnologia video sul finire degli anni Sessanta. Questa tecnologia non è particolarmente interessante in sé, ma certamente introduce nuove opportunità per l’artista. Ho paura che molti artisti cominceranno a  realizzare opere virtuali poco ispirate, come è successo con il video quando fece la sua comparsa nel mondo dell’arte. Ma sono sicuro che qualche artista con una speciale comprensione delle possibilità di questo nuovo mezzo riuscirà a fare delle cose straordinarie. Quando è stato inventato il cinema c’erano dei critici che si chiedevano in che modo l’arte potesse competere con questo nuovo e potente mezzo. Invece l’arte ha tenuto testa al cinema, ci ha convissuto, vi ha contribuito notevolmente. In definitiva, la realtà virtuale accrescerà l’importanza degli artisti piuttosto che banalizzarla. Le nuove tecnologie della comunicazione avranno più bisogno di prima di menti creative che inventino quel tipo di immaginario che essi stessi dovranno portare avanti.

GP e HK: Credi ci sia un ritorno dell’arte figurativa? Che differenza c’è tra questo tipo di figurativo, la Pop Art e l’Iperrealismo?
JD: Sì, credo stiamo assistendo a movimenti significativi verso l’arte figurativa. Ma vedo più una reinvenzione dell’arte figurativa che un ritorno ad essa. La nuova arte figurativa di Charles Ray o Jeff Koons, per esempio, deve qualcosa alla Pop Art e all’Iperrealismo, ma si basa su problematiche diverse. La nuova arte figurativa si inserisce nella tradizione dell’arte concettuale, nella tradizione dei Vito Acconci e Bruce Nauman piuttosto che in quella di Duane Hanson o Roy Lichtenstein. L’eredità della performance è particolarmente forte in queste nuove opere. Andy Warhol, che era tanto artista concettuale quanto pop, rappresenta una delle più grosse influenze di questa nuova direzione; così Jasper Johns. Nell’arte, in genere, i migliori esempi di nuove tendenze racchiudono una vasta tradizione storica che viene ridefinita nel contesto del pensiero contemporaneo. La Pop Art e l’Iperrealismo sono due recenti tradizioni figurative che sono state assimilate da questa nuova arte.

(Traduzione dall’Inglese di Gianni Romano)

La mostra “Post Human”, a cura di Jeffrey Deitch, inaugurò nel giugno del 1992 al FAE Musée d’Art Contemporain di Pully-Losanna e in seguito al Castello di Rivoli-Torino (nel novembre del 1992), alla Deste Foundation for Contemporary Art di Atene (3 dicembre 1992 – 14 febbraio 1993) e al Deichtorhallen Hamburg (12 marzo – 9 maggio 1993). Gli artisti in mostra: Dennis Adams, Janine Antoni, John M Armleder, Stephan Balkenhol, Matthew Barney, Ashley Bickerton, Taro Chiezo, Clegg & Gutt­mann, Wim Delvoye, Suzan Etkin, Fischli/­Weiss, Sylvie Fleury, Robert Gober, Felix Gonzalez-Torres, Damien Hirst, Martin Honert, Mike Kelley, Karen Kilimnik, Martin Kippen­berger, Jeff Koons, George Lappas, Annette Lemieux, Christian Marclay, Paul McCarthy, Yasumasa Morimura, Kodai Nakahara, Cady Noland, Daniel Oates, Pruitt•Early, Charles Ray, Thomas Ruff, Cindy Sher­man, Kiki Smith, Pia Stadtbäumer, Meyer Vaisman e Jeff Wall.

Giancarlo Politi e Helena Kontova sono i fondatori di Flash Art.

Jeffrey Deitch è stato il primo U.S. Editor di Flash Art. È dealer della galleria Jeffrey Deitch con sede a New York e Los Angeles, e art advisor. Vive e lavora a New York.

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