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348 Mar-Apr 2020, Recensioni

28 Febbraio 2020, 9:00 am CET

Kiluanji Kia Henda “Something Happened on the Way to Heaven” MAN / Nuoro di Camilla Mattola

di Camilla Mattola 28 Febbraio 2020
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Kiluanji Kia Henda, Something Happened on the Way to Heaven, 2020. Veduta della mostra presso MAN, Nuoro. Fotografia di Emma Rivera. Courtesy MAN, Nuoro.
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Kiluanji Kia Henda, Something Happened on the Way to Heaven, 2020. Veduta della mostra presso MAN, Nuoro. Fotografia di Emma Rivera. Courtesy MAN, Nuoro.
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Kiluanji Kia Henda, Something Happened on the Way to Heaven, 2020. Veduta della mostra presso MAN, Nuoro. Fotografia di Emma Rivera. Courtesy MAN, Nuoro.
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Kiluanji Kia Henda, Something Happened on the Way to Heaven, 2020. Veduta della mostra presso MAN, Nuoro. Fotografia di Emma Rivera. Courtesy MAN, Nuoro.
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Kiluanji Kia Henda, Something Happened on the Way to Heaven, 2020. Veduta della mostra presso MAN, Nuoro. Fotografia di Emma Rivera. Courtesy MAN, Nuoro.
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Kiluanji Kia Henda, Wall and Politics, 2006. Stampa inkjet su carta opaca. 70 x100 cm. Courtesy Galleria Fonti, Naples.
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Kiluanji Kia Henda, Mare Nostrum, 2019. Stampa inkjet su carta opaca. 264,5 x 403 cm. Courtesy l’artista.

Kiluanji Kia Henda è un artista angolese, la cui pratica si muove tra fotografia, installazioni e performance. Al MAN di Nuoro si svolge la sua prima personale in un museo europeo con un progetto legato al tema dei confini, in relazione all’emergenza sociale dell’immigrazione.
L’esposizione intitolata “Something Happened on the Way to Heaven” presenta installazioni e fotografie realizzate dall’artista a partire dal 2006 insieme a opere ideate nel corso del programma di residenze per artisti africani promosso dal MAN e oggi alla sua seconda edizione. Si tratta di scatti che raffigurano le coste della Sardegna, manipolati e combinati con le tracce lasciate dalla guerra civile in Angola.
Nella serie The Geometric Ballad of Fear (2019), emblematica per stile e soggetti, emerge la fascinazione per la bellezza del paesaggio dell’isola, ma la sovrapposizione di segni simili a reticolati rimanda agli strumenti di divisione dei confini e contenzione dei migranti, alludendo ai continui flussi di persone che attraversano il Mediterraneo.
Il fenicottero, in particolare, diventa per l’artista un emblema dell’identità migrante: presente nell’installazione Hotel Flamingo (2019) – un resort distopico in cui le pareti sono in realtà gabbie, controparte fisica del reticolo grafico presente nella serie precedente – e torna nella serie di immagini vintage Migrants who don’t give a fuck (2019) affiancandosi alle visioni suggestive della Sardegna.
Quella delle barriere poste alla ricerca di libertà dei migranti è il trait d’union che connette la Sardegna all’Angola dei primi Duemila, terra devastata dalla guerra civile. Negli scatti del 2006, l’artista coglie le difficoltà di un Paese provato dalle conseguenze del conflitto, con riferimenti a slogan politici e ai rifugiati, i cui volti sono spesso in primo piano.
Kia Henda utilizza i diversi medium come mezzo di denuncia, facendo emergere come la bellezza paradisiaca della natura conviva con alcune tragedie umane che non possono più essere ignorate.

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