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Art Biz, News

15 Luglio 2015, 12:23 pm CET

Lo spirito vola al Gucci Museum

15 Luglio 2015
Da sinistra: Pietà (The Empire Never Ended), 2007. Cera, capelli umani, legno, 122 x 71 x 87 cm. Foto: Dan Colen.
Da sinistra: Pietà (The Empire Never Ended), 2007. Cera, capelli umani, legno, 122 x 71 x 87 cm. Foto: Dan Colen.
Da sinistra: Pietà (The Empire Never Ended), 2007. Cera, capelli umani, legno, 122 x 71 x 87 cm. Foto: Dan Colen.

Il marchio Gucci compie novant’anni e festeggia questo importante compleanno con la creazione di un museo, sito all’interno dello storico Palazzo della Mercanzia nel cuore di Firenze. Il museo, progettato dal Direttore artistico Frida Giannini, nasce non solo con l’intenzione di far rivivere lo storico marchio, ma anche con la volontà di donare alla città un luogo deputato all’arte contemporanea. Non solo moda, quindi, ma anche arte contemporanea attraverso mostre di artisti di respiro internazionale. Al primo piano del museo si trova infatti il Contemporary Art Space, uno spazio dedicato alle opere di artisti contemporanei, che si avvale della collaborazione della Fondazione Pinault. Dopo Bill Viola, è ora il turno di Paul Fryer con la mostra “Lo spirito vola”, aperta al pubblico fino al 4 settembre 2012. Flash Art ha intervistato l’artista inglese e la curatrice, Francesca Aminthreatrof.

Daniela Ambrosio: Le opere che vediamo in mostra sono state create appositamente per gli spazi del Gucci Museum?

Paul Fryer: No, sono tutte opere che ho realizzato nel 2007. Io e Francesca abbiamo deciso di presentare Ophelia, Pietà (l’Impero senza fine) e Ecce Homo perché, pur essendo opere indipendenti l’una dall’altra, danno vita a una comune riflessione che ha per oggetto il trascendente. Le mie opere evocano infatti uno stato di gravità, una sensazione di limbo tra la vita e la morte.

Arianna Rosica: Guardando i tuoi lavori si resta molto colpiti, soprattutto per il forte realismo intriso di un’atmosfera quasi “sacra”. Si percepisce un senso di vertigine…

PF: Sì, anche perché nei miei lavori cerco di eliminare qualsiasi dimensione “narrativa”, affidandomi alla pura emozione, alle ansie e alle incertezze che popolano l’esistenza umana. Ophelia, per esempio, appare come una donna abbandonata, lontana, congelata per l’eternità e quindi privata di ogni elemento che ci ricordi la sensualità e la follia che hanno contraddistinto la sua esistenza.

Paul Fryer; Ophelia (White), 2007. Silicone, cera, vetro, 122 x 183 x 47,5 cm. © Paul Fryer.
Paul Fryer; Ophelia (White), 2007. Silicone, cera, vetro, 122 x 183 x 47,5 cm. © Paul Fryer.

DA: Parliamo di tecnica: come realizzi i tuoi lavori?

PF: Alcuni lavori sono stati realizzati interamente da me, mentre altri sono stati realizzati in collaborazione con alcuni artigiani che lavorano per il Museo di Madame Tussauds di Londra. Le sculture sono realizzate prima in argilla e poi in cera. La lavorazione della cera è una tecnica che non ha subito alcuna variazione nell’ultimo secolo e ti consente, grazie alla sua malleabilità, di ottenere risultati straordinari. I capelli sono veri e applicati singolarmente.

AR: Da dove provengono le opere in mostra? E come siete arrivati a concepire questo allestimento, così lontano dalla bulimia di immagini e segni cui siamo solitamente abituati?

Francesca Aminthreatrof: Le opere, tranne Ecce Homo, appartengono alla Collezione Pinault. L’occasione di esporle in una città come Firenze, in una sede prestigiosa come questa, era impedibile. Abbiamo studiato un allestimento essenziale eppure di forte impatto, per dare il giusto risalto alle opere e immergere lo spettatore in un’atmosfera fortemente spirituale. C’è un dialogo tra le opere, ma si tratta di un dialogo molto sottile, quasi ancestrale.

DA: In passato hai avuto un forte legame con la musica, ma anche con il mondo della moda. È ancora oggi presente?

PF: Sono stato un cantante electropop, e ho creato negli anni Novanta a Leeds, città in cui vivevo, due famosi club di musica elettronica, The Kit Cat Club e il Vague. In seguito ho lavorato per la Maison Fendi, dove sono stato per cinque anni Direttore musicale. Ora ho accantonato la musica per dedicarmi esclusivamente all’arte. E forse non è un caso se in questa mostra, guardando i miei lavori, quello che si percepisce è un’atmosfera di tranquillità e, soprattutto, di silenzio…

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