La ricerca di Lucio Pozzi si è snodata attraverso una tessitura strutturale i cui nessi si sono precisati per opposizione, operando, secondo le sue stesse parole, un incessante “fraintendimento creativo”.
La sua produzione è il rispecchiamento di un’attività svolta nel corso di decenni sempre nel vivo del divenire artistico newyorkese, sempre misurandosi con la molteplicità e la complessità. Spettatore, incursore e dissacratore degli ultimi residui d’avanguardia, ha posto mano a una panoplia di opere che, srotolata ora in una grande mostra sotto il segno della pittura, si compone come un arazzo i cui motivi, pur differenziandosi e contrastandosi, si corrispondono e si richiamano polifonicamente. La mostra da Frittelli, “Endless”, a cura di Pier Luigi Tazzi, prende forma e bilanciamento attraverso diverse aggregazioni, umorali più che tematiche: possono essere dipinti vasi con fiori dai profili vagamente antropomorfi, oppure composizioni astratte che danno l’idea di una pittura in contropelo, realizzata con spatola e strappi di nastro adesivo, in fitte bande parallele di colori spettinati ed elettrici. O formelle lignee in varie pose ed equilibri, di vari tagli e pesi, intrise, sempre, di una sorta di elisir concettuale.
Eluse la maniera definitiva e l’etichetta consolidata, a fare lo stile è allora, più che la ricorrenza di ossificati connotati esteriori, la circolazione della medesima energia libidica e della medesima verve intellettuale. Nella sua pratica screziata e ondivaga, Lucio Pozzi trova anche il modo di riabilitare, come categoria di fruizione estetica, l’amore e la sorpresa nei confronti del lavoro, confidando di ribaltarli simpateticamente sullo spettatore in una reinvenzione figurale del piacere del testo: sempre all’ascolto di una specie di metronomo interno che sicronizzi tempi diversi, in vista di una sintonia ultimativa, di una grazia conquistata attraverso la passione della differenza.