“Fame d’aria” di Marzia Migliora alla Galleria Lia Rumma è un racconto articolato in più elementi che mette in campo paure e tentativi di esorcizzazione delle stesse, tratteggiando scenari che riguardano sia i singoli individui, sia ecosistemi complessi. La fame, intesa come vuoto e mancanza, ma anche come spinta a esercitare aggressività e sopraffazione, si fa filo conduttore in una narrazione senza tempo, dove immagini tratte dal passato rivivono in una proiezione su inquietanti accadimenti futuri. In apparente antitesi con la fame evocata dal titolo della mostra, le tre grandi opere su carta dalla serie “Paradossi dell’abbondanza” (2022) propongono composizioni ricche di esseri animali e vegetali di ogni specie e dimensione, tratte da manuali illustrati di anatomia: se in Paradossi dell’abbondanza #49 che ci accoglie all’ingresso della mostra è possibile riconoscere un triste affastellarsi di pesci – descrizione di una pesca intensiva che impatta sulla biodiversità per soddisfare altri tipi di fame –, negli altri due disegni del ciclo scopriamo una debordante presenza di organismi cellulari fluttuanti in un contesto non ben definito. Che si tratti di profondità marine o di un vetrino da microscopio, la superficie sulla quale si stagliano diventa luogo di incontro e di compenetrazione, promuovendo una possibile sintesi tra i mondi naturali che nell’unione ritrova la sua forza vitale.
Alla ricchezza visiva di queste opere sembra rispondere la scarnificazione delle due sculture in movimento che animano la sala centrale: Lek e Danza per capote de brega (entrambe 2022), anche queste realizzate appositamente per la mostra. La prima rimanda direttamente alla dispnea evocata dal titolo, attraverso l’uso di un respiratore artificiale che, in azione, movimenta i suoi tentacoli di gomma in una goffa danza per il corteggiamento. Macchina celibe che evoca sentimenti contrastanti, incarnando allo stesso tempo atteggiamento ludico e angoscia, il suo obiettivo è metterci in ascolto del respiro dei pesci. Ancora una coreografia è quella di Pirouette, una mantella rossa da torero che gira incessantemente su sé stessa aprendosi a ruota. Svuotata del corpo, non resta che un movimento inconsistente e fine a sé stesso, enfatizzato dal rumore meccanico che tradisce l’inganno della rappresentazione.
Il rapporto tra uomo e animale torna nell’installazione video e sonora Run Fust and Bite Hard (entre chien et loup) (2022), che invita a immergersi in un bosco popolato da lupi e uccelli di varia natura. Un percorso tra paure ataviche e tentativi di riconciliazione con la natura, fruibile da un foro/cannocchiale nel muro e da una cabina mimetica che ricorda una postazione da caccia. Inganno e illusione si intrecciano con una riflessione sulla relazione tra naturale e artificiale, originale e copia: i versi degli uccelli sono infatti non registrati dal vero, ma prodotti grazie alla collaborazione con un rumorista, che contribuisce ad amplificare il senso di disorientamento.
Infine, divisa tra la terza e la quarta sala della galleria, l’installazione H2O-02 (2022) propone un viaggio attraverso la rappresentazione di scenari tratti dalle copertine della prima metà del Novecento de La domenica del Corriere, popolare settimanale italiano. Figure umane e animali si fanno protagoniste di una narrazione immaginaria, nella quale dominano i tratti dell’esotico e del selvaggio combinati a possibili forme di addomesticamento e sfruttamento. Quali estratti visivi e narrativi di una relazione problematica, questi scenari emergono da piattaforme sospese come exempla a scopo didattico, traghettando immagini dal passato in un discorso attuale.
Nuove “parentele sensibili”, riprendendo le parole di Matteo Lucchetti nel testo che accompagna la mostra, affiorano in questo gruppo di nuove opere di Migliora che, già da qualche anno, lavora su un possibile sguardo “altro” e su rovesciamenti di prospettiva che tentano di mettere in discussione la visione antropocentrica, spesso responsabile di falsi miti e fami fittizie e pretestuose.