L’ultimo Festival del Cinema di Lucca ha permesso di conoscere meglio il contributo di Michael Snow, artista canadese, al cinema sperimentale e underground americano degli anni Sessanta e Settanta. In concomitanza a questo evento, l’artista stesso ha brillantemente orchestrato una sua mostra da poco terminata, assieme a Vittorio Fagone, alla Fondazione Ludovico Ragghianti di Lucca, in cui ha esposto tredici opere legate alle “immagini in sequenza” da cui appare evidente che ciò che vuole rappresentare non è il luogo o una situazione in sé, ma il tempo: la temporalità interna della narrazione e il tempo della sua fruizione. L’interrogazione sulla natura delle immagini (evidenziando il limite tra la cosa reale e quella fruita in quanto composizione di elementi astratti) che lo accompagna da sempre e che ha messo in atto anche con sculture, con lavori dispersi nella città, con foto e ologrammi, adesso è ben sintetizzata da due opere degli ultimi anni. Il video sshtoorrty (2005) è una storia drammatica in cui l’arrivo di un pittore con la sua tela astratta e la sua uscita dopo aver litigato con un altro uomo sono sovrapposte. Non sappiamo più quale sia l’inizio e la fine della storia e quale sia il ruolo dell’osservatrice donna, visto che le immagini convivono assieme in trasparenza. Tutta la storia è compresente nello stesso istante come in un quadro medievale. Questo controllare, manipolare e forzare la narrazione dall’interno appare antitetico all’atteggiamento quasi di accettazione e di non voler interferire nel reale come nell’opera Sheeploop (2000), in cui un gruppo di pecore passa di fronte alla telecamera abbandonata a se stessa su un cavalletto in un prato. Questo loop del pascolare delle pecore, però, è posto in quattro monitor in quattro luoghi diversi, come a mettere in evidenza il diverso rapporto che crea la stessa immagine con lo spettatore in relazione al contesto in cui avviene la sua visione.
Rappresentare il processo stesso che permette a quell’immagine di esistere e di manifestarsi (sua creazione e sua fruizione, processo e risultato) appare alla fine il vero movente della ricerca di Snow. Opere come Biography of The Walking Woman (1961-1967) — proiezione sulla sagoma di legno di una donna che cammina di profilo di vari tentativi di rappresentazione della stessa — oppure Solar Breath (Northern Caryatids) del 2002 — in cui una telecamera registra lo sbattere di una tenda su una zanzariera della finestra per via del vento e che cela e svela alla vista al di là di essa un pannello solare che alimenta la stessa telecamera — o ancora Observer (1974) — proiezione su pavimento della sagoma presa dall’alto della persona stessa che sta cercando l’opera — sono allo stesso modo esperimenti con cui l’artista vuol rendere cosciente lo spettatore di ciò che sta guardando nell’attimo stesso in cui compie quell’azione.