Oki Sato è un designer in grado di liberare la nostra intuitività. I suoi ambienti e i suoi oggetti ci corrispondono: crea sedie in cui ci immergiamo, impianti di illuminazione che si contraggono quando li spegniamo e tavoli con superfici vuote che incoraggiano momenti di pausa o di contemplazione. Attingendo alla potenza dei fenomeni universali, tutto il suo lavoro invoca esperienze estremamente personali e risveglia i nostri ricordi. Il suo studio si chiama “Nendo”, che in giapponese vuol dire “argilla”, entrambi corrispondono a un’idea di classicità e di tutto ciò che può essere infinitamente trasformabile.
Dunque, fedele al suo nome, sia che si riferisca alla qualità della luce dopo una tempesta, o al modo sottile in cui cresce un fiore attraverso le crepe del pavimento, il design Nendo possiede innumerevoli opportunità visive e fisiche, che si manifestano in tempo reale.
Scatter Shelf è un’ambiziosa installazione di librerie traslucide presentata al pubblico all’inizio di quest’autunno alla galleria Friedman Benda di New York con un carattere intrigante, interessante e che legittima una certa idea di potere.
Realizzata con trentacinque pezzi identici incastrati fra loro quasi a formare un labirinto, il pubblico aveva la possibilità sia di stare alle sue spalle, e assorbire una composizione di geometrie pulite, o di scovare un complesso multidimensionale di ombre, riflessi e forme in trasformazione, avventurandosi al suo interno.
Ogni scaffale ha uno spessore minimo di 5 mm ed è stato realizzato in acrilico nero in modo da formare una griglia di tre strati paralleli leggermente sfalsati fra di loro.
Da lontano, delle unità verticali si percepiscono le linee che graficamente delimitano lo spazio. Da vicino, il loro effetto riflettente appare amplificato: queste linee acquistano un volume maggiore e le mensole sembrano crescere in maniera esponenziale. Quando si passa attraverso le varie unità, si crea un’ondata di impressioni scomposte e frammentate simili a quelle di un’immagine filtrata da una ragnatela. A ogni movimento, il visitatore ha la tentazione di esplorare le implicazioni dei suoi stessi movimenti.
Con questa installazione è possibile creare ulteriori interazioni, e un’altra esperienza si concretizza perché negli interstizi delle mensole si materializzano centinaia di vasi da fiori in miniatura, da cui “crescono” lunghi gambi che terminano in sedie miniaturizzate. Un espediente, quest’ultimo, per creare un effetto di bilanciamento e per introdurre un elemento gioioso in configurazioni diversamente lineari: sui vasi, infatti, si rispecchiano le immagini degli scaffali.
Da lontano, si manifesta la limpidezza della forma e l’allegria optical, mentre avvicinandosi sempre di più si inverte, si moltiplica e regala miriadi di realtà caleidoscopiche.
Collocata dunque nell’intercapedine tra la forma e fantasia, Scatter Shelf è un’esperienza totale costruita da Nendo.
Creare oggetti e spazi che comunicano nuove esperienze è al centro della filosofia dello studio fin dalle sue origini. Dopo essersi laureato dieci anni fa, all’età di venticinque anni, a Tokyo presso l’università di Waseda, il “vecchio” designer giapponese Oki Sato ha fondato questa azienda la cui mission è di “rendere incantevoli i piccoli momenti della vita quotidiana”.
Nel decennio successivo, Sato, coadiuvato da un team di venticinque designer, ha aperto un altro studio a Milano dove produce lavori in stile Bauhaus per tutti i giorni. Di recente, a Tokyo, questo prolifico gruppo è stato impegnato in circa duecento progetti fra cui architetture monumentali, interni, installazioni museali, vetri, prodotti commerciali, studio works e grafica. Alcuni dei princìpi fondamentali di Nendo riecheggiano gli ideali europei modernisti promossi appunto dal Bauhaus, oltre a un approccio indifferenziato all’“Art and Craft” e al dialogo che si struttura fra arte e società. Vi sono anche riflessi di influenze estetiche e concettuali che includono il Minimalismo americano ovvero la propensione all’economia dei materiali, alla ripetitività degli elementi e l’attenzione agli aspetti fenomenologici di ogni prodotto. E infatti, Sato ammette con gran candore di essere stato influenzato
dagli stessi innovatori giapponesi, tra cui i più famosi sono Shiro Kuramata, Naoto Fukasawa, Tokujin Yoshioka e Issey Miyake. Come ha dichiarato, “loro hanno tracciato la strada del design giapponese nel mondo, e io la sto ancora seguendo”.
Con Issey Miyake si è instaurata una collaborazione personale; quando questo visionario fashion designer stava concependo e poi allestendo la sua prima mostra al 21_21 design Site a Tokyo, invitò Nendo a partecipare. L’intento era di creare quegli oggetti che avremmo utilizzato nel XXI secolo, inteso come futuro prossimo.
La domanda di Miyake rispetto a delle soluzioni innovative di vita era dettata dal suo interesse specifico per il pianeta e dalle crisi sociali e ambientali che la umanità si sarebbe trovata ad affrontare. Per questa mostra, Nendo ha realizzato The Cabbage Chair, una poltrona che ha catturato l’attenzione dei musei e della stampa di tutto il mondo, ed è diventata simbolo di innovazione,
umanesimo e poesia nel design contemporaneo.
L’idea di questa seduta era nata nello studio stesso di Miyake; mentre stavano discutendo dell’esposizione, Oki Sato si accorse che c’era un rotolo di carta utilizzato come prototipo per il famoso processo di plissettatura della stoffa noto con il nome di “Pleats Please”. Prese il rotolo e lo portò nel suo studio e creando fessure verticali, piegando le strisce in segmenti, Nendo aveva conferito nuova vita a un materiale di scarto. Inoltre aveva realizzato un complemento d’arredo che “sprigionava idee da tutti i suoi strati”.
L’attenzione al bisogno globale di riciclare i materiali e di diminuire i costi di produzione erano alla base di Visible Structures,
un’installazione realizzata la scorsa estate per l’High Museum of Art di Atalanta, Georgia. Per questa serie (12 sedie, sgabelli, tavoli), Nendo ha recuperato il cartone, utilizzato lo Styrofoam, il polistirene e li ha trasformati in materiali grezzi per mobili particolarmente resistenti grazie anche al supporto di strisce di fibra di carbonio aderenti alla superficie a intervalli regolari.
Prima di allora la fibra di carbonio era stata ampiamente sfruttata come materiale
innovativo dall’industria dei mobili di design; la sua leggerezza, la flessibilità e malleabilità hanno incoraggiato e reso possibili esuberanti forme futuristiche. Ma il suo impiego nelle Visible Structures risultava abbastanza diverso.
La fibra di carbonio che ha inspirato questa installazione non era nuova soprattutto in Giappone, dove è stata utilizzata nel campo dell’ingegneria fin dal 1995, anno del terremoto di Hanshin, per rivestire i pilastri o le travi di un ponte e per provare in generale la resistenza sismica degli edifici.
Rifiutatosi di usare questa fibra come materiale principale, è stata impiegata come materiale secondario. Nei mobili, infatti, le materie principali vengono enfatizzate e accentuate, e alle loro proprietà e forme viene data la precedenza visiva rispetto alla fibra di carbonio. Così, Nendo ha cercato di “riorganizzare il rapporto fra la forma strutturale e il materiale della superficie” e ha dato vita all’adagio del XX secolo per cui “la forma equivale alla funzione”.
Inoltre, come spesso accade con Nendo, esistono diversi livelli visivi. La disposizione delle strisce nere su un piano bianco secondo un ritmo matematico rende lecito un ordine cartesiano e una profondità spaziale, inducendo lo spettatore a una sorta di
meditazione. La ricerca di nuove tecniche o il reimpiego dei materiali è uno dei temi principali della sua filosofia progettuale, tanto è vero che molto spesso i vari produttori si rivolgono a lui per l’elevato livello di sperimentazione. Per “Senseware”, un
progetto realizzato dal comitato del Tokyo Fiber nel 2009, Nendo ha soffiato un tessuto non tessuto di poliestere a fibra lunga dandogli la forma di un fungo. Utilizzando la stampa a caldo, ha prodotto un materiale termoplastico, leggero e antistrappo che fa filtrare la luce. E sostituendo alla stoffa la fibra di vetro soffiato secondo l’antica
tradizione, è stato in grado di sfruttarne l’energia creativa e di realizzare quella forma serpentinata tipica dei maestri vetrai.
Viceversa, quando gli sono stati commissionati alcuni lavori in vetro per il Salone del Mobile di Milano nel 2011, Nendo ha collaborato con il produttore ceco-boemo Lasvit per realizzare qualcosa di anticonvenzionale: il risultato è stata una
costellazione di lampade pendenti a forma bulbo dette “vasi crescenti”, ognuna delle quali presentava un tubo con cui veniva
appesa al soffitto e che era servito per soffiarvici dentro. Lasciando il tubo in vista ha trasformato questo prodotto in un campo di fiori dove l’elemento meccanico si è fuso perfettamente con quello estetico.
Dopo i primi dieci anni, Oki Sato ha raggiunto la notorietà fra musei, produttori e gallerie d’arte e il suo studio è diventato un punto di riferimento del design mondiale.
L’innovazione è costante, l’interazione gioca un ruolo fondamentale, e ogni prodotto e ambiente sembra offrire innumerevoli
possibilità concrete non scevre da una dose di magia. Piuttosto che cercare il modo di coprire, Nendo chiede all’utente di rivelare, piuttosto che impacchettare, chiede al lavoro di aprire. È lungimirante e ha dissolto i confini e i limiti del design fino al punto di ribaltare il ruolo del designer da sempre percepito come un problem-solver. Al contrario di quanto accade comunemente Nendo fa le domande e le rivolge al pubblico. Come rispondere sta a noi!