Maurizio Cattelan: Aaaah, Paola, Paola, Paola, Paola, è passato così tanto tempo! Eravamo così uniti nel 1997 e poi abbiamo perso i contatti, vero? Lo sapevo dall’inizio, proprio dalla prima volta che parlammo che tu eri una grande artista, diversa dagli altri. Eri intelligente e stravagante, timida e selvaggia. Ricordo che i tuoi compagni di scuola ti diedero il soprannome “autistica”, per darti una sorta di definizione. Credo fosse il loro modo insolente per sottolineare la tua diversità.
Paola Pivi: Sì, hai ragione, ero ancora all’Accademia di Belle Arti di Brera, una scuola che ho frequentato “solo per divertimento” mentre stavo abbandonando i miei studi in ingegneria chimica nucleare e vivevo completamente sola, guadagnandomi da vivere con lezioni di aerobica che impartivo la sera. Avevo dentro di me così tanta energia che avevo bisogno di vivere fuori città. Avevo bisogno del tempo che si ha quando si è pendolari per scaricare l’energia, almeno due ore di macchina al giorno, dentro e fuori Milano, altrimenti sarei impazzita. Vivevo in una cascina a Bareggio, ospite del nobile Gianfranco Radice Fossati, che affittava stanze nel cortile dei cavalli per pochissimi soldi, perché credeva nell’antica tradizione dei nobili che ospitano gli artisti. Risparmiare sull’affitto mi diede la possibilità economica di produrre uno dei miei primi lavori, il Camion.
MC: Il Camion. Ricordo ancora quando tu mi dicesti, ancora con la tua uniforme scolastica “Voglio capovolgere un lungo camion”, e la cosa successiva so che l’hai fatta a una mostra di studenti a Fuoriuso, Pescara.
PP: Esatto.
MC: C’è stata qualche galleria ad aiutarti?
PP: All’epoca non avevo alcuna galleria. Feci il camion rovesciato da sola. Mio nonno viveva a Pescara, la città della mostra, così mi sono trasferita lì per due mesi e l’ho realizzato. Il giorno stesso che l’ho fatto, mio nonno mi cacciò di casa. Emmanuel (Perrotin, N.d.R.) e Massimo (De Carlo, N.d. R.) vennero dopo che io feci il camion e dopo che tu devi avergli detto “lei ti ucciderà, ma è brava”. Emmanuel ascoltò le tue parole e mi lasciò presentare nel 2001 la scultura movente interattiva con 1880 aghi, 80 motori e 96 interruttori fotoelettrici, realizzati in collaborazione con il Cern di Ginevra.
MC: Interrativi in che senso?
PP: Gli aghi si piegano non appena ti avvicini.
MC: (ride) Che cos’è l’arte per te?
PP: Immagina un tavolo e due mosche, una morta e una che sta volando. Questa è la differenza tra le due, la magia della vita. Questa è l’unica cosa vicina all’arte, o è l’arte vicina a questa cosa. È strettamente connessa alla meraviglia della vita, ed è consapevole. E per te?
MC: Ah ah, un brivido nella mia testa.
PP: So esattamente cosa vuoi dire. So cosa ho perso a partire dal 1997, in quegli anni l’arte, l’arte contemporanea, era un racconto. Un racconto orale. Ho sentito parlare di te, Cattelan, nelle storie dei miei compagni di scuola. “Non conosci Cattelan? È andato alla polizia e ha dichiarato che qualcuno ha rubato la sua scultura invisibile”. Ecco! Era fatta, io ero patita, amavo la tua arte e la mia intera percezione dell’arte era cambiata. Storie accattivanti, che sarebbero andate dritte al nucleo del tuo cervello. Come i racconti dei Tinglit, pieni di vita.
MC: Se c’è un artista che ancora gioca, questa sei tu. “Oh mio dio, hai visto quell’aereo che ruota sulle ali a Central Park?”. Difficile da credere! In verità non credo che l’avevi fatto veramente. È durato così poco. Arrivai all’inaugurazione, straordinario, ritornai per fare buona impressione su questa ragazza ed era scomparso. Cosa era accaduto?
PP: È stato lì per un mese e poi si è rotto. Dopo essere stato sistemato, il tempo che mi era stato concesso nella piazza era finito. Ora l’areo è pronto per andare in un altro posto. Sto sognando il giorno in cui lo metterò in un altro posto, spero in un giardino, senza recinti intorno, così potrò fargli alcune foto.
MC: Così si è rotto???
PP: Certo che si è rotto. Tutti i prototipi si rompono. Tutti i prototipi ti insegnano qualcosa di grande. Tutti abbiamo bisogno di riprovarci. In tutta la mia arte oltrepasso i confini e i limiti fino al punto di non ritorno, così sono felice. Solo fare qualcosa per amore, senza eccitazione e senza lanciarsi nell’ignoto, non ha interesse per me.
MC: Dimmi delle zebre.
PP: Dopo aver fatto il progetto ad Alicudi nel 2001 —una foto scattata dal mare della montagna dalla forma perfettamente conica che sorge dalle acque, che è l’isola di Alicudi, dove vivevo, che è stata poi allargata e stampata a dimensioni naturali, della stessa grandezza dell’isola, 1818,75 x 500 metri, (è un work in progress, non è ancora completato) — sognavo di riuscire a scattare un’immagine della cima bianca di una montagna, che sorge con la sua forma conica da un mare piatto di nuvole bianche. Un’immagine che è a volte possibile da vedere da un aereo, ma che sarebbe molto difficile da cogliere con una macchina fotografica professionale. Mentre contemplavo una delle cime della montagna, ho proiettato la mia immagine lì e ho visto due zebre. Spesso dall’aereo sogno: cosa sarebbe se fossi lì, proprio in questo momento? E muoio di freddo!
MC: La spiritualità è inserita nel tuo lavoro consapevolmente infusa da te oppure no?
PP: È rivelata a sorpresa dalla rimozione di strati e strati di merda inutile a partire da qualsiasi cosa tratti il mio lavoro, e quando arrivi al nucleo, arrivi a qualcosa di spirituale…
MC: Vuoi dire un …
PP: Io voglio dire il lato spirituale del pensiero creativo dell’invenzione, che naturalmente è molto diverso dal pensiero creativo della decorazione. Quando il mio bambino impara a contare, la sua mente è spirituale, e questo contare gli permetterà in futuro di ragionare sulla sua vita.
MC: Si tratta di New Age?
PP: Assolutamente no. È ancestrale. Primitivo.
MC: Dimmi dell’Alaska e del Tibet. Qual è la prima che ti viene in mente?
PP: L’Alaska: solo chi vive lì, come me, può vedere il sorrisone sul mio viso in questo momento. Lì, in Alaska, abbracci il pianeta nudo, e la luce blu fa avverare i sogni. In Alaska ho trovato il Tibet. Ho sposato un poeta, un compositore, il mio amato marito. È un Khampa, una tribù tibetana fiera, vera e forte. Ho condiviso la sua sofferenza per aver perso la loro terra, conquistata dai cinesi. Entrambi abbiamo lavorato duramente, per anni, per aiutare, per donare, per fare qualcosa per accrescere la consapevolezza. Stranamente tutti i nostri sforzi sono stati un po’ come gettare sassi in uno stagno. Non voglio dire che ci fosse poca risposta da parte dei cinesi o del mondo, mi riferisco alla comunità tibetana in esilio. Non importa quello che abbiamo fatto, siamo sempre stati trattati con distanza e un po’ di disprezzo, e questo è stato molto imbarazzante. Abbiamo scoperto il motivo in seguito. Nel gennaio 2013 abbiamo intrapreso un processo contro una delle autorità della comunità tibetana in esilio, e con nostro immenso shock ci siamo trovati vittime di una persecuzione forte e brutale basata su menzogne e minacce. Il vero volto del potere assoluto nelle mani di pochi si è rivelato a noi. Mi ha fatto male e ho avuto paura.
MC: Tu sei un artista quindi quando agisci, hai anche una responsabilità pubblica.
PP: Io (con il necessario e prezioso aiuto di molti collaboratori, capeggiati dall’illustre storico Tashi Tsering e supportati dal costante aiuto di mio marito) devo mettere insieme una delle più vaste ricerche sul buddismo tibetano mai fatte, un censimento mai completato di tutti i tulku (nei buddismo tibetano il tulku è riconosciuto come la reincarnazione di un precedente maestro buddista, come il Dalai Lama o il Karmapa). Questo progetto, un work in progress, include a oggi 1100 ritratti di ognuno di essi e informazioni storiche.
MC: Qualcosa come questo è oltre l’immaginazione, nel senso di un’opera! Qual è il tuo lavoro che le persone hanno apprezzato di più?
PP: Grrr Jamming Squeak, Rotterdam, 2010 e 2011, uno studio di registrazione fronte strada completamente funzionante, gestito da un ingegnere del suono e un “ospite”, aperto gratis e senza limiti e a tutti coloro che volessero usarlo. Includeva una comoda sala per l’ascolto, 30 strumenti musicali disponibili e 100 brani selezionati di 100 versi di animali diversi. C’era una sola regola: “fate rumore o musica come volete ma metteteci dentro alcuni versi di animali”.
MC: Lo adoro. Perché le persone non lo hanno capito?
PP: Per la prima volta “l’esposizione delle tue nudità” che la mia arte dà allo spettatore non era concettuale ma anche pratica. E le persone non vogliono prendere una chitarra e cantare insieme a uno scimpanzè! No, sto solo scherzando. Forse non era stata pubblicizzata abbastanza e…ma aveva indotto i visitatori e l’utente ad abbassarsi a un livello di “io non ho vergogna”. Ho ascoltato il miglior concerto di David Cunningham nel mio Grrr Jamming Squeak. Potevi visitare, veder un concerto gratis, registrare la tua musica, e averla mixata professionalmente, tutto gratis.
MC: L’arte pubblica si trasforma in arte veramente per il pubblico. L’utopia di Paola Pivi ancora una volta è divenuta reale. Cosa altro devi dirci?
PP: Maurizio, compra uno dei miei lavori. Ciao per il momento.