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358 AUTUNNO 2022, Recensioni

13 Ottobre 2022, 9:00 am CET

Piero Gilardi “Tappeto-Natura” Magazzino Italian Art / Cold Spring (New York) di Giorgio Di Domenico

di Giorgio Di Domenico 13 Ottobre 2022
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Piero Gilardi, Sassi, 1967. Schiuma poliuretanica verniciata. 45,1 x 69,9 x 55 cm. Fotografia di Digital Image; © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA ( Art Resource, New York. Courtesy The Museum of Modern Art, New York. © Piero Gilardi.
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Un rotolo di Tappeto-Natura nello studio di Piero Gilardi, Torino, 1967. Courtesy l’artista.
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Piero Gilardi, Mare, 1967. Scultura policroma in poliuretano espanso. 190 x 178 cm. Fotografia di Leo Gilardi. Collezione privata. © Piero Gilardi.
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Piero Gilardi, Mare, 1967. Scultura policroma in poliuretano espanso. 170 x 163 cm. Courtesy Collezione Galleria Girardi, Livorno. © Piero Gilardi.
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Piero Gilardi, Papaya e pitaia, 2018. Scultura policroma in poliuretano espanso. 150 x 150 x 15 cm. Fotografia di Marco Anelli. Courtesy Magazzino Italian Art Foundation, Cold Spring (New York). © Piero Gilardi.
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Piero Gilardi, Zucche, 1966. Scultura policroma in poliuretano espanso. 60 x 84 cm. Collezione privata. © Piero Gilardi.
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Piero Gilardi, Totem domestico, 1964. Scultura policroma in poliuretano espanso e legno. 200 x 200 x 300 cm. Fotografia di François Fernandez. Courtesy Centre Georges Pompidou, Parigi. © Piero Gilardi.
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Piero Gilardi, Germoglio di banana, 2000 ca. Scultura policroma in poliuretano espanso. Ø 40 x 50 cm. Collezione privata. © Piero Gilardi.

Nel 1967 una galleria newyorkese – la Fischbach sulla cinquantasettesima, dove l’anno prima Lucy Lippard aveva assemblato la leggendaria “Eccentric Abstraction” – era stata una delle tappe del primo tour mondiale dei Tappeti natura di Piero Gilardi, avviato l’anno prima a Torino da Sperone e che toccò anche Amsterdam, Colonia, Amburgo, Bruxelles e Parigi. Già a Torino Gilardi aveva espresso un desiderio preciso: “Spero di poter riunire, un giorno, tutti i tappeti che sto realizzando in un luogo largo e piano”1. La mostra di Magazzino Italian Art, curata da Elena Re, risponde a quel desiderio raccogliendo oltre quaranta sculture di poliuretano espanso, tra cui il monumentale Terreno di montagna (1966) già esposto alla Fischbach. A questo sono affiancati altri Tappeti degli anni Sessanta, numerosi lavori recenti, i frammenti agresti che avevano fatto parlare Ettore Sottsass di “una natura in perdita”2, il precoce, cruciale Totem Domestico (1964) del Centre Pompidou e un divertito gregge di Sassi Gufram con cui i visitatori sono invitati a interagire. Spiccano, infine, due Vestito-Natura – una cascata di ciottoli e un fascio di betulle –realizzati nel 1967 per essere attivati durante la Beat Fashion Parade del Piper, il club torinese dove alcuni Tappeti avevano già fatto da sfondo a sfrenate serate yéyé.

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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).
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Piero Gilardi, “Tappeto-Natura”. Veduta della mostra presso Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York), 2022. Fotografia di Marco Anelli / Tommaso Sacconi. Courtesy Magazzino Italian Art, Cold Spring (New York).

I newyorkesi accorsi alla Fischbach, quando ancora era possibile camminare e sdraiarsi sui tappeti, si erano subito prestati all’attività, sfilandosi le scarpe senza esitazione, sorprendendo persino Gilardi, “perché le persone in Europa sono un po’ più ciniche e tendono a ridere di queste forme di lettura che richiedono una certa spontaneità e anche una certa libertà”3. L’artista era ben consapevole del valore e delle implicazioni di quella libertà, così come sapeva quanto fosse necessario adeguare le sue opere alle aspettative e alle attitudini dei suoi diversi pubblici, presentandole negli Stati Uniti “come oggetti puramente estetici, escludendo cioè quel rapporto con la realtà diretta che è da un po’ il mio mito di sempre”4. Cinquantacinque anni dopo, i Tappeti-Natura sono di nuovo a New York, di nuovo a disposizione dello sguardo (non del tatto, ovviamente) del pubblico americano, per la prima volta in un contesto museale. Il confronto diretto coi Tappeti, allestiti a parete e pavimento senza la disturbante interferenza ottica e concettuale delle teche di plexiglas, ne conferma la tenuta nel tempo e permette di registrarne aspetti difficilmente apprezzabili in fotografia: su tutti, l’assolutezza del margine nero che seguendo l’orografia del rilievo ne conferma inesorabilmente la natura puramente estetica. Ciò non trattiene dal desiderio pressante di toccare, calpestare, affondare le mani e i piedi in quella natura opaca, ipersaturata e sfrontatamente artificiale, così da verificarne empiricamente il grado di naturalità e le varie consistenze, sia simboliche, sia materiali. Americani o europei che siano, nell’approcciare le opere i visitatori sono costretti a mettere da parte le proprie categorie di natura e artificio, facendo ricorso a quella “primary emotive freedom” di cui l’artista aveva sottolineato la centralità tratteggiando la sua proposta, illuminata e transnazionale, di un’arte “microemotiva”5. L’etichetta, lanciata dalle colonne di Arts magazine dopo mesi di incontri e confronti, chiamava a raccolta le più diverse espressioni del post-minimalismo europeo e statunitense, offrendo un’alternativa tempestiva e necessaria, certo divertita, alle più rigide “primary structures”. Al 1966 dei primi Tappeti risalivano del resto anche le Foam Sculptures di John Chamberlain e le prime ricerche sul poliuretano di Eva Hesse, a conferma del carattere internazionale di quella svolta nella sensibilità scultorea che passava anche e soprattutto dalla scelta dei materiali. Attraverso sassi, piante e animali – che sassi, piante e animali certo non sono – Gilardi invita il visitatore a mettere da parte la struttura, magari togliendosi le scarpe, così da permettere all’opera di stimolare e allo stesso tempo registrare una forma immediata di contatto diretto, anticipando molti temi, e interi modi di essere, del dibattito contemporaneo sul rapporto tra uomo e natura. Significativamente, a ispirare i tappeti era stata una camminata lungo gli argini inquinati del torrente Sangone.

1 P. Gilardi, testo di presentazione, Galleria Sperone, 1966.
2 E. Sottsass, Piero Gilardi, in Domus, n. 445, dicembre 1966.
3 L. G. Benson, G. Muresu, P. Gilardi, An Interview with Piero Gilardi, in Leonardo, n. 4, ottobre 1968, p. 439, t.d.a.
4 P. Gilardi, Lettera da New York di Piero Gilardi, in Flash Art, n. 3-4, ottobre 1967, p. 3.
5 P. Gilardi, Primary Energy and the “Microemotive Artists”, in Arts Magazine, n. 43, settembre-ottobre 1968, pp. 48-52.

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