Un testo di presentazione scarno, ambiguo e sfuggente introduce la mostra di Sonia Elizabeth Barrett a Villa Romana. L’artista di origini tedesco-giamaicane, cresciuta fra Inghilterra, Cina e Cipro, porta nella sua ricerca i dibattiti svolti dentro la propria comunità nera, confrontandola con altre più ampie con un focus sul ruolo attivo di determinate collettività quando provano a modellare le percezioni di se stessi al di fuori dei rispettivi contesti. Un tentativo di studiare i valori fattivamente condivisi, gli stereotipi, i luoghi comuni, il razzismo e le visioni della propria cultura sia dall’interno che nella percezione di prospettive esterne.
Nella mostra in corso Barrett si inserisce nel padiglione temporaneo situato nel giardino di Villa Romana in modo lieve e sottile, con una narrazione solidificata e statica. Una costruzione in vetro trasparente su ogni lato, progettata e realizzata dall’architetto fiorentino Claudio Nardi, che sfrutta i riflessi e gli attraversamenti. Al suo interno, riservate e prudenti come il testo che le accompagna, una serie di nuvole nere, realizzate intrecciando capelli veri e artificiali, fluttuano fino a collocarsi sul soffitto dello spazio. Testimonianze tramandate attraverso il DNA di una cultura che viene rappresentata attraverso l’attimo subito prima di una tempesta. A tratti violente, minacciose e potenzialmente cariche di pioggia, queste nuvole si stagliano poco sopra di noi, osservandoci dall’alto e lasciando poco margine fra loro, come se la stessa comunità evocata guardasse con sfiducia o sospetto l’alterità che la circonda.
Intitolata “Sky”, la mostra risente di una certa ambiguità nel trattare temi di assoluta attualità, rappresentando con leggerezza la contrapposizione tra fragilità e potenza, prediligendo una restituzione estremamente estetizzante, poetica e aperta invece di diventare più incisiva, secca e diretta. La modalità espressiva e la sfida nel presentare il mondo da una prospettiva “nera”, è debole nel veicolare le problematiche storiche o presenti – orrore e bellezza, dolore o virtuosismo, alienazione o potere – rischiando di rimanere intrappolata nella rappresentazione di sé, senza preoccuparsi di come potrebbe essere recepita o delle nuove potenziali discussioni da aprire.