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357 ESTATE 2022, Recensioni

11 Luglio 2022, 9:00 am CET

“Surrealismo e magia. La modernità incantata” Peggy Guggenheim, Venezia di Stefano Mudu

di Stefano Mudu 11 Luglio 2022
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Leonor Fini, Divinità ctonia che spia il sogno di un giovane, 1946. Olio su tela. 27,9 x 41,2 cm. Francis Naumann, Francis Naumann Fine Art & Roawland Weinstein, Weistein Gallery. © Leonor Fini, by SIAE 2022.
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Leonora Carrington, I piaceri di Dagoberto, 1945. Tempera all’uovo su masonite. 74,9 x 86,7 cm. Collezione privata. © Leonora Carrington by SIAE 2022.
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Leonora Fini, La fine del mondo, 1949. Olio su tela. 35 x 28 cm. Collezione privata. © Leonor Fini, by SIAE 2022.
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Max Ernst, L’Europa dopo la pioggia II, 1940-42. Olio su tela. 54,8 x 147,8 cm. Wadsworth Atheneum Museum of Art, Hartford, The Ella Gallup Sumner and Mary Catlin Sumner Collection Fund. © Max Ernst, by SIAE 2022.
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Paul Delvaux, The Call of the Night, 1938. Olio su tela. 110 x 145 cm. National Galleries of Scotland. Acquisito con il supporto di Heritage Lottery Fund e Art Fund 1995. © Paul Delvaux Foundation.
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Kurt Seligmann, Bafometto, 1948. Olio su tela. 122,6 x 147,6 cm. Collezione Museum of Contemporary Art Chicago. Donazione di Joseph e Jory Shapiro. © Kurt Seligmann, by SIAE 2022.
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Victor Brauner, Il surrealista, 1947. Olio su tela. 60 x 45 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York). © Victor Brauner, by SIAE 2022.
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Leonora Carrington, La cucina aromatica di nonna Moorhead, 1975. Olio su tela. 79 x 124 cm. Charles B. Goddard Center for Visual Performing Arts, Ardmore. © Leonora Carrington, by SIAE 2022.

Immerso in un candido paesaggio invernale, un uomo canuto avanza nel ghiaccio seguendo la luce verdastra proiettata da una lanterna; avvolto in una lunga pelliccia rosso carminio dotata di uno strascico a forma di coda, sembra una creatura fantastica, un personaggio mitologico.

Si tratta dell’artista tedesco Max Ernst, che, così ritratto dalla collega e compagna inglese Leonora Carrington, appare come un misterioso sciamano e incarna tutto il fascino che l’avanguardia surrealista rivolge all’occulto. Non stupisce infatti che la scena dipinta sia parte della mostra “Surrealismo e magia. La modernità incantata” né che, negli spazi del Peggy Guggenheim in cui è allestito, lo stregone-impellicciato sia circondato da soggetti ancora più bizzarri. Figure antropomorfe, paesaggi irreali, forme metamorfiche ed esseri mitologici sono solo alcuni dei motivi iconografici che nascondono i “segreti dell’arte magica surrealista”, quelli che, rivendicati da André Breton fin dal primo Manifesto dell’avanguardia nel 1924, coniugano immaginari onirici a simboli alchemici, cabalistici e astrologici. Irrazionalità e saperi iniziatici vengono messi al servizio di una fervente rivoluzione umanistica: sono in contrasto con gli orrori dei conflitti mondiali e coloniali, servono a criticare gli estremismi politici e mirano perfino a destabilizzare i più tradizionali equilibri sociali. Attirement of the Bride (1940) di Ernst, ad esempio, rappresenta una creatura ibrida completamente nuda che, con il corpo di una donna e la testa di una civetta, indossa un mantello piumato rosso-arancio. Il lavoro non è solo la risposta dell’artista al Portrait of Max Ernst (1937) realizzato da Carrington l’anno precedente; non è neppure la dimostrazione dello scambio intellettuale tra due amanti; è piuttosto l’eloquente rappresentazione di come, almeno per la compagine maschile del movimento surrealista, la donna sia una creatura magicamente capace di stravolgere qualsiasi stereotipo, specie se di genere. La donna-uccello guarda lo spettatore con sguardo fiero e provocatorio assieme: è una femme fatale, che delude chi la vorrebbe servile e mansueta.

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Max Ernst, La vestizione della sposa, 1940. Olio su tela. 129,6 x 96,3 cm. Collezione Peggy Guggenheim, Venezia (Solomon R. Guggenheim Foundation, New York). © Max Ernst, by SIAE 2022.
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Leonora Carrington, Ritratto di Max Ernst, 1939 ca. Olio su tela. 50,3 x 26,8 cm. National Galleries of Scotland. Acquisito con il supporto di Henry e Sula Walton Fund and Art Fund, 2018. © Leonora Carrington, by SIAE 2022.
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Dorothea Tanning, Il gioco magico dei fiori, 1941. Olio su tela. 91,5 x 43,5 cm. Collezione privata, South Dakota. © The Estate of Dorothea Tanning.
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Leonor Fini, Ritratto della principessa Francesca Ruspoli, 1944. Olio su tela. 40 x 24 cm. Collezione privata, Svizzera. © Leonor Fini, by SIAE 2022.
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Remedios Varo, Nutrimento celeste, 1958. Olio su masonite. 91,5 × 60,7 cm. Collezione FEMSA. © Remedios Varo, by SIAE 2022.
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René Magritte, La magia nera (La magie noire, 1945. Olio su tela. 79 x 59 cm. Musées Royaux des Beaux-Arts de Belgique, Bruxelles. Lascito Sig.ra Georgette Magritte, Bruxelles. Fotografia di J. Geleyns. © René Magritte, by SIAE 2022.
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Giorgio de Chirico, Il cervello del bambino (Le Cerveau de l’enfant), 1914. Olio su tela. 60 x 65 cm. Moderna Museet, Stoccolma. Acquisito nel 1964 (The Museum of Wishes). © Giorgio de Chirico, by SIAE 2022.
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Wilfredo Lam, Zambezia, Zambezia, 1950. Olio su tela. 125,4 x 110,8 cm. Solomon R. Guggenheim Museum, New York. Donazione di Mr. Joseph Cantor, 1974. © Wilfredo Lam, by SIAE 2022.

Quando la femminilità è rappresentata dalle stesse donne, invece, la rivendicazione è ancora più audace e il corpo diventa potente:coincide con quello della strega ammaliatrice o, come fosse il teatro dell’incanto, assume fattezze bestiali, biomorfe, eteree o mitologiche. È quanto capita ne La pastorella delle sfingi (1941), di Leonor Fini, in cui una giovane ragazza è tanto coraggiosa da pascolare un gregge di chimere che hanno il suo stesso volto; è ciò che capita con la maga dipinta da Remedios Varo in Nutrimento celeste (1958), in cui una giovane donna-scienziata conosce le regole del cosmo e le governa alla guida di una macchina celibe; o ancora è quel che si evince nel film di Maya Daren, La culla della strega (1943), in cui una figura sinistra con un pentacolo disegnato in fronte incanta gli uomini in una narrazione perturbante. Più in generale, gran parte della produzione artistica delle surrealiste gioca con la corporeità in una maniera consapevolmente ibrida: non solo recupera il mito della dea madre, della dea antropomorfa o della figura androgina per dimostrare forza e coraggio, ma adotta astutamente la masquerade per concedersi il privilegio di essere magicamente mutevole.

In questo senso l’esposizione appare complementare alla vicina mostra in Biennale che, intitolata “Il latte dei sogni” proprio come un bizzarro libro per bambini di Leonora Carrington, riflette sulle definizioni e trasformazioni dell’umano. Poco importa che la prima mostra sia una rassegna monografica e che la seconda, utilizzando un inedito sguardo transtorico, faccia emergere le più urgenti tematiche contemporanee. Entrambe suggeriscono che, a distanza di quasi cent’anni dalla nascita del movimento d’avanguardia, la temperie surrealista rimane attuale e quasi rafforzata nelle sue derive occulte. Sarà forse che, tra guerre e tensioni sociali, le attuali circostanze storiche ricordano quelle del secolo scorso o che, di fronte alle criticità del reale, i corpi continuano a trasformarsi per adattarsi alla realtà. In fondo, anche secondo il filosofo Federico Campagna, la magia è tra le più convincenti terapie per resistere alla malattia di dover vivere nella storia.

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