La scomparsa di Graziella Lonardi Buontempo, un attimo prima della riapparizione a Villa Pignatelli, Napoli, della memoria e della mostra “Vitalità del Negativo”, ci riporta con enfasi e un po’ di stupore a ripensare a un momento — pochi anni dal 1967 al 1973 — che ha cambiato il nostro approccio all’arte.
Pur morto da tempo, allora l’Informale reggeva ancora nelle mostre, nelle gallerie e nei musei mentre la nuova generazione cercava altre strade. “Dopo l’Informale” è stato un numero importante de Il Verri che sottolineava questa realtà e quella necessità.
In quegli anni una serie di mostre in Italia fonda e dà corpo a opere e artisti.
Oltre a “Vitalità del Negativo”, Palazzo delle Esposizioni, Roma, novembre 1970, con Achille Bonito Oliva e Graziella Lonardi Buontempo appunto, con le foto di Ugo Mulas e l’allestimento di Piero Sartogo dobbiamo ricordare:
“Campo Urbano”, Como, settembre 1969. Ancora con le foto di Mulas e la regia di Bruno Munari e Luciano Caramel.
“Gennaio 70”, comportamenti, progetti, mediazioni, Bologna 1970.
“Con-temp-l’azione”, GalleriaSperone, Torino 1967, a cura di Daniela Palazzoli.
“Combattimento per un’immagine”, GAM, Torino 1973.
“Arte povera + azioni povere”, Amalfi 1969, catalogo di Germano Celant con un’introduzione di Lia Rumma.
“Il teatro delle mostre”, Galleria La Tartaruga, Roma, maggio 1968.
“Premio Michetti”, Francavilla al Mare, luglio 1969, con Giulio Paolini, Jannis Kounellis e altri.
“Arte concettuale e povera”, Torino, giugno-luglio 1970, con Celant che fissa e storicizza un’intuizione.
Ma anche tre piccole mostre più spostate verso Fluxus e la poesia visiva, che mi piace ricordare come: “Parole sui muri”, Fiumalbo 1967. “Un paese più l’avanguardia artistica”, Anfo 1968. “Fuoco e schiuma”, San Colombano al Lambro 1970, tre festival di poesia visiva e Fluxus.
Tutto questo rivolgimento, e mi scuso per le dimenticanze, avviene proprio in Italia più che in altre nazioni e anticipa per molti versi le due grandi mostre internazionali di Amsterdam e Berna (“Op Losse Schroeven” e “When Attitudes Becomes Form”, 1969) che daranno fiato, corpo e notorietà all’Arte Povera, Minimal, Concettuale.
La storia finisce in un certo modo con la celebrazione fatta da ABO a Roma, “Contemporanea”, nel 1973, così come a livello internazionale la documenta 5 nel 1972 di Szeemann aveva fissato i risultati e le immagini della stessa area.
In questo contesto “Vitalità del Negativo” si inserisce di prepotenza con la freschezza di una mostra inattesa e con le straordinarie immagini di Mulas che ora l’editrice Johan & Levi propone in uno splendido libro.
E curiosamente “Campo Urbano” nel settembre del 1969 a Como crea un evento che brucia tutto in poche ore. E anche qui Ugo Mulas, allora il fotografo per eccellenza — ma in questo caso anche curatore della mostra con Luciano Caramel e Bruno Munari — fissa le immagini di quelle azioni che resteranno come opere grazie ai suoi scatti.
Nasce proprio a Como un modo nuovo di far vivere opere altrimenti destinate a essere dimenticate.
Se l’artista è il padre, il fotografo è la madre di tutte le battaglie.
“Combattimento per un’immagine” è infatti il titolo di una delle mostre di questi anni, che darà fiato e ragioni a questa complicità tra fotografi e pittori. Ugo Mulas è attento, è lì sul campo di battaglia dal tempo del suo soggiorno negli USA nel 1964, dove ha vissuto negli studi dei grandi. Li ha visti lavorare, ridere, sbadigliare. Adesso è pronto a un nuovo passo e Como gli offre quest’occasione. Certo, l’opera di Munari è solo quella che pochi hanno visto materializzarsi in quegli attimi in cui i foglietti volano nell’aria rendendola visibile. Ma oggi grazie a Ugo l’opera vive nella nostra memoria. L’intervento del fotografo prolunga la vita dell’evento.
Dopo “Vitalità del Negativo”, “Campo Urbano” e la mostra di Amalfi, fotografi e pittori sono complici nel truccare le carte del tempo. E Graziella Lonardi, che ha tirato molte fila dalle quinte degli incontri, ha avuto una parte fondamentale nel tessere le trame di questa tela ad arte, mettendo in relazione fotografi, artisti, critici, istituzioni con una scelta di tempo invidiabile. Quello stesso tempo che per Graziella si è fermato per sempre, poco fa. Ma non è detto, perché l’eredità di Graziella Lonardi Buontempo, la sua biblioteca, il suo archivio sterminato, invece di essere disperso o spedito al Getty, potrebbero essere la base su cui rinasce il MADRE a Napoli. Il Sud ha bisogno di spazi operativi, di collegamenti tra musei e università. Il MADRE potrebbe essere il luogo d’incontro tra queste esigenze, un’istituzione dove le collezioni approdano, dove gli archivi vengono depositati, dove i fotografi depositano i loro archivi, ricordando l’impegno di Graziella Lonardi verso la fotografia e le arti figurative (e non)…