Patrizio Peterlini su Fondazione Bonotto e Prix Littéraire Bernard Heidsieck

14 Dicembre 2017

LM: La nascita della Fondazione Bonotto (2013) risponde alla necessità di dotarsi di uno strumento per la conservazione e la valorizzazione dell’importante corpus documentale che costituisce il cuore della Collezione Luigi Bonotto. Uno degli obiettivi statutari è la diffusione delle poetiche Fluxus e della Poesia Concreta, Visiva e Sonora. Per rispondere a questo obiettivo, la Fondazione Bonotto ha iniziato circa quindici anni fa un processo di digitalizzazione dell’intera collezione Luigi Bonotto, rendendola fruibile online in modo libero e gratuito da chiunque. Questo spiega anche perché la Fondazione sia divenuta, nel giro di pochi anni, un punto di riferimento internazionale per chi si occupa di tali ambiti estetici. Chiediamo al direttore artistico Patrizio Peterlini di illustrarci la recente partecipazione al “Prix Littéraire Bérnard Heidsieck”.

Secondo quali criteri e modalità la Fondazione si è affiancata al Centre Pompidou che già dagli anni Settanta promuove un festival internazionale (“Polyphonix”), dedicato all’incontro tra arti poetiche, visive e performative?
PP: La collaborazione è nata in modo spontaneo da una tradizione comune. Il Centre Pompidou e la Fondazione Bonotto si sono sempre impegnate, a partire dagli anni Settanta, nel sostenere e diffondere tutte quelle ricerche che sono andate oltre il libro (ad iniziare dalla Poesia Concreta, Visiva e Sonora), aprendo a una nuova dimensione della letteratura e dell’arte. Quando Il Centre Pompidou ci ha contattato per proporci l’iniziativa, è stato assolutamente naturale aderirvi.

LM: È stato per dare maggior valorizzazione a quell’arte “flessibile e fluttuante” (Fluxus, Poesia innovativa e sperimentale) che costituisce da sempre la passione di Luigi Bonotto?
PP: Certo. L’obiettivo è sempre la valorizzazione. Sebbene il premio sia intitolato a Bernard Heidsieck, un gigante della poesia sonora internazionale, non credo che la poesia sonora, nella sua specificità, sia così conosciuta dalle giovani generazioni. È un ambito ancora molto d’élite. Attraverso il premio speriamo quindi di stimolare l’interesse ed aprire una stagione di studio che possa rivolgersi a queste esperienze con rinnovata attenzione. L’intento è quindi quello di rivalutare e rilanciare una sperimentazione che consideriamo fondamentale per il contemporaneo, anche se ancora poco conosciuta e studiata.
È in occasione dell’inedito festival “Extra!” (dedicato a tutte quelle esperienze vocali, sceniche, performative, visive che, pur essendo poesia, non stanno nei libri) che si inserisce anche la prima edizione del “Prix Littéraire Bernard Heidsieck”, in omaggio ad una delle figure che in maniera più radicale si è liberata del libro e della prigione della scrittura. Per Heidsieck la parola poteva essere manipolata, deformata, decomposta. Fondamentale era il recupero dell’oralità perduta e l’invenzione di forme sonore e plastiche inedite: poèmes partitions, audio-poèmes, ecc.

LM: Il Premio, ponendo l’accento sulla sperimentazione letteraria, cosa intende evidenziare? La voce che vive nascosta in ogni scrittura? La possibilità di nuovi ambiti di ricerca, proprio nel tempo della comunicazione virtuale?
PP: Il premio pone per la prima volta l’accento su tutta questa sperimentazione letteraria che ha abbandonato il libro come luogo unico di realizzazione, e vuole evidenziare la vitalità e l’influenza che questo campo allargato della letteratura, in tutte le sue declinazioni ed espressioni artistiche, esercita sul contemporaneo. Le possibilità offerte dalle nuove tecnologie, unita alla libertà di azione che è oggi riconosciuta agli “autori letterari” che riempiono le piazze in occasione delle loro letture pubbliche (letture peraltro con componenti performative sempre più spiccate), aprono nuovi orizzonti sui quali il premio tenterà sempre di tenersi al passo.
Il Premio è articolato in tre categorie: “Prix de l’année” conferito alla nota performer franco-norvegese Carolin Bergvall; “Prix d’honneur” attribuito al vecchio leone della “Beat Generation”, John Giorno; “Mention Special” assegnata a Lamberto Pignotti, pioniere della poesia visiva in Italia.

LM: La Fondazione ha sostenuto totalmente il Premio o solo il riconoscimento a Pignotti? E che collaborazione ha avviato con l’artista?
PP: La Fondazione Bonotto sostiene completamente il premio e intende farlo crescere a livello internazionale. Con gli artisti premiati è nostra intenzione sviluppare anche dei progetti paralleli che possano far conoscere meglio la loro opera. Con Lamberto Pignotti abbiamo avviato le fasi di studio per la preparazione di un arazzo che sarà esposto al Centre Pompidou nel corso della prossima edizione del Premio. Con Bergvall, invece, stiamo organizzando date italiane per la sua ultima performance: “Raga Dawn”.

LM: Quale riscontro potrà avere il Premio? Potrà influenzare la vitalità di queste ricerche “di poesia fuori dal libro”? Riuscirà a produrre un nuovo bisogno di esperienza, in un tempo che vede crollare ogni idea di progetto?
PP: Ci auguriamo di sì. La ricerca contemporanea ha bisogno di conoscere ciò che l’ha preceduta. In particolare ha bisogno di riscoprire tutta quella attività di ricerca marginale, avanguardista, che per sua stessa decisione è rimasta legata a circuiti molto ristretti.

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