La consapevolezza del potere e della malleabilità del linguaggio nel diffondere e rafforzare modelli culturali dominanti può aprire il campo alla sua riappropriazione come strumento di emancipazione da questi ultimi.
Nicole Gravier e Nora Turato hanno sviluppato le rispettive ricerche attraverso sistemi di comunicazione, decodificandone paradigmi, strategie e riferimenti. Tradizioni culturali, politiche, discriminazioni di genere, luoghi comuni e codici linguistici sono oggetto di un lavoro che seleziona e ricompone, dando vita a pratiche di resistenza e di riscatto responsabile e consapevole. Adottando strumenti come la scomposizione, l’intensificazione della frequenza di immagini e parole, la manipolazione della voce e la sovrascrittura di linguaggi, i lavori di Gravier e Turato esplorano diversi campi espressivi e offrono livelli di analisi e critica di società mediatizzate o iper-informatizzate.
Nella serie di collage fotografici Photoromans: Mythes & Clichés, creata a Milano tra il 1976 e il 1980, Nicole Gravier si concentra sui meccanismi di condizionamento e demistificazione dei concetti di felicità, benessere, successo e femminilità. L’artista interviene sulle strutture narrative del fotoromanzo, un genere di racconto per immagini molto popolare nel consumo culturale italiano negli anni Settanta: si appropria dei suoi elementi estetici e ne studia i codici fino a sostituirsi ai personaggi e agli attori noti al grande pubblico, in un processo di ridefinizione di modelli e valori. L’ironia e la paradossalità delle situazioni è accentuata dall’inserimento nei collage di corpi alieni al genere come riviste femministe e antologie politiche. L’idioma del fotoromanzo, denso di stereotipi, sdolcinato e irrealistico, scomposto e penetrato dall’artista rivela ambiguità apparenti: “Da oggetto mi trasformo in soggetto, utilizzando la manipolazione e sollecitando quel sottile confine che intercorre tra il vero e il falso, il reale e l’irreale per confrontarli e annullarli”. Il risultato è un sistema di elementi componibili, riappropriati nel contenuto e nella disposizione, in cui anche l’ordine di presentazione delle fotografie si modifica a seconda del contesto in cui sono esposte.
Frammenti di conversazioni quotidiane, post, serie tv e cultura digitale rappresentano solo alcune delle fonti che alimentano l’infosfera contemporanea di Nora Turato. Il potere e l’utilizzo del linguaggio sono al centro di una ricerca assidua e implacabile. I suoi interventi sono influenzati dai processi e la velocità con cui consumiamo dati e informazioni. L’artista ne seleziona costantemente porzioni che vanno poi a comporre una serie di pool, corpus di testi raccolti nel corso di un anno intero. “Every pool mirrors not only the cultural climate and the events around the world, but also with whom I interact and how I spend my time.” [Ogni pool rispecchia non solo il clima culturale e gli eventi che accadono nel mondo, ma anche le persone con cui io interagisco e come passo il mio tempo]. Questi dispositivi sono alla base della sua pratica intesa a forzare cliché e automatismi connessi ai nostri modelli sociali e di rappresentazione. Il video thanks, i hate it (2020) consiste in una serie di proiezioni testuali che fanno eco alla velocità del discorso dell’artista: le parole si susseguono freneticamente sullo schermo, facendo richiamo alla contemporaneità e combinando elementi apparentemente distanti. Anche in has anyone tried unplugging it and plugging it back in? (pool#3) (2019), ritmi e modulazioni della voce intervengono sulle strutture stilistiche e semantiche dei linguaggi, e accentuano l’urgenza di modalità di espressione e rappresentazione alternative.
Accompagnano la mostra una serie di poster che evidenziano a un livello ulteriore quanto la comunicazione possa essere metabolizzata, elaborata e versatile.
A seguito della mostra, Ordet co-presenterà una performance di Nora Turato alla Galerie Gregor Staiger di Milano all’inizio di settembre, in occasione della personale dell’artista con la galleria.