Per la sua prima personale italiana Phanos Kyriacou invade la galleria di vetro del museo Macro con un’installazione che si sviluppa orizzontalmente, tentacolarmente, come la linea editoriale espressa dal neodirettore Luca Lo Pinto nella sua dichiarazione di intenti.
Si tratta di un gruppo di sculture assemblate di natura performativa, in cui il gesto segnico è evidente, l’azione è raccontata e congelata nel suo epilogo conclusivo, nel momento in cui la forza di gravità e il peso sono resi visibili e rappresentabili oppure intenzionalmente dissimulati. Il titolo volutamente sospeso at. this moment (2020) sottolinea la polisemia del lavoro in cui dimensione temporale, visiva e di stato coesistono simultaneamente. Si tratta di sculture “ergonomiche” che sembrano ereditare la loro forma dal design, un design vernacolare, che l’artista preleva sia dal contesto urbano che da quello domestico. Egli stesso definisce le sue sculture come “strutture archetipiche che sembrano incarnare una conoscenza primordiale della forma, strutture improvvisate che prendono vita ogni volta che c’è l’urgenza di affrontare una soluzione pratica. Un mix tra inventiva amatoriale e genio alla Buster Keaton, questi design anonimi funzionano come un palcoscenico che spiega uno studio peculiare del personaggio in tre narrazioni intrecciate: il creatore, l’oggetto specifico e il luogo dell’azione”. 1
Nella mostra al Macro ci troviamo di fronte a un campo di forze in cui manufatti di varie forme, dimensioni e materiali (gesso, resina di alabastro, acciaio, bronzo, alluminio, resina epossidica, legno) interagiscono tra di loro. Diverse New Balance spaiate sono inchiodate a terra dal peso di frammenti scultorei. Un video con il muso in primo piano di un cagnolone dormiente continua a interrogarci su cosa voglia dire stasi e cosa movimento. A proposito dei lavori di Kyriacou lo studioso Evangelic Ledaki trova che “di solito tendono ad assumere un comportamento o un altro, prendono una posizione o un’altra, ma in realtà rimangono sempre in uno spazio intermedio, in continuo divenire, il che significa che sono costantemente germinanti e contingenti, perciò radicali”.2
Viene in mente la sperimentazione iconica degli anni Sessanta: Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo (1969-70) di Gino De Dominicis o Senza titolo (scultura che mangia l’insalata) (1968) di Giovanni Anselmo in cui il movimento, la forza, è ironicamente evocata nella staticità apparente, nel primo caso, o impercettibilmente rappresentata nella vitalità decrescente, nel secondo.
Le sculture di Kyriacou sono esseri transeunti, che sembrano assumere posizioni precarie, instabili, in progress, dando vita a sagome non finite perché esse stesse in evoluzione. Esse contengono dunque una temporalità sincronica triplice: ciò che è stato, ciò che si vede nel momento presente (at this moment, appunto), ciò che sta per accadere.