William Kentridge “Respirare” Chiesa di San Domenico / Alba di

di 2 Dicembre 2020

Arrivare in una città come Alba in grado di stimolare, primo tra i sensi, l’olfatto è una situazione inaspettata. L’aroma di cacao, che, a tratti, arriva dalla nota vicina fabbrica dolciaria e invade le vie respiratorie, altera di primo acchito la percezione, spingendo a interrogarsi su naturali meccanismi fisiologici, quasi considerati banali perché automatici e involontari, quali il respirare. Ogni essere vivente respira in modo differente. Chi attraverso il naso, chi attraverso la bocca, chi alternandoli. Non esistono due respiri uguali tra loro.

Già, il respiro. Respiro come soffio vitale. Respiro rivelatore, o traditore, degli stati emotivi. E se nella perdita dell’olfatto è individuato uno dei sintomi associati al Covid-19 – invisibile piaga contemporanea che aggradisce l’apparato respiratorio e ha causato una delle più drammatiche pandemie della storia recente –, il disperato “I Can’t Breathe” di George Floyd è devastante simbolo e accesa denuncia dei gravi atti di violenza e razzismo che hanno sconvolto negli ultimi mesi la vita di molte città americane.

La respirazione filtrata dalle mascherine. La respirazione impedita dall’odio.

Questi, e tanti altri temi ancora, sono affrontati dalla mostra “William Kentridge. Respirare”, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e organizzata da Castello di Rivoli e Fondazione CRC, nella Chiesa di San Domenico ad Alba, nell’ambito del progetto espositivo biennale Espressioni. D’altra parte, “l’atto di respirare è un atto di resistenza” dichiara William Kentridge a commento delle due opere video Shadow Procession (1999), e Breathe (2008), rispettivamente installate, in stretto dialogo, nella navata centrale e nella zona afferente all’abside della chiesa. Nello spazio completamente svuotato si alternano luce e ombra, suono e silenzio, pesantezza e leggerezza. Per evidenziare in maniera beffarda avidità, prevaricazioni, dolore e sofferenza, ma, al contempo, alimentare la speranza, il desiderio di riscatto, la lotta per l’emancipazione di una umanità fragile e smarrita.

La pesantezza è quella dei fardelli – della Storia e della memoria – trasportati dai derelitti protagonisti della processione di Shadow Procession – silhouettes costruite e animate dall’artista sudafricano in collaborazione con la Handspring Puppet Company –, struggente narrazione in tre movimenti. La incessante teoria di ombre – intervallata dalla grottesca figura del tiranno Ubu – invita ad “adottare uno sguardo obliquo” e propone, in chiave antiplatonica, una “visione indiretta sul mondo”, riprendendo Carolyn Christov-Bakargiev.

La leggerezza è quella dei frammenti di carta velina nera di Breathe: un “elogio alla resistenza entropica”, sempre nelle parole di Kentridge, con il loro continuo disperdersi e ricomporsi in immagini via via riconoscibili, una cantante, un megafono, un telefono, una bocca in primo piano

Il valore aggiunto di “Respirare” risiede non solo nella specifica scelta delle due opere, già “storicizzate” e dalla, indubbia, straordinaria potenza e poeticità, ma soprattutto nella riattivazione e ricontestualizzazione delle stesse. E nella dimostrazione di una loro stringente attualità “fuori dal tempo” e della capacità di anticipare e tradurre istanze e urgenze del contemporaneo, innescando cortocircuiti spiazzanti e suggerendo nuove letture e interpretazioni.

Sono opere che parlano al singolo e alla collettività. Sono opere che parlano della nostra società, ma anche dei nostri respiri. E ogni respiro è diverso da un altro.

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Damiano Gullì