Il cielo in una stanza. Un esterno in un interno. Su questi paradossi si basa la mostra “Vivere di paesaggio” da APALAZZOGALLERY a Brescia, a cura di Mirta D’Argenzio, con opere di Filippo Bisagni, James Hillman, Giulia Mangoni e Sergio Sarra. Paradossi carichi di speranza, dolcemente melanconici, mossi dal desiderio di una nuova libertà, fisica e mentale, dopo il difficile periodo di forzata cattività domestica, un momento in cui tutte le dinamiche – famigliari, lavorative, affettive, relazionali, paradossalmente anche le più banali e quotidiane – sono messe a soqquadro e “una stanza tutta per sé” diventa l’unico rifugio e via di fuga possibile verso immaginari altri. “Vivere di paesaggio”, si diceva. Nella scelta della preposizione per il titolo – ispirato dall’omonimo libro di François Jullien – proprio in quel “di” si concentra, ed esplicita, quanto la natura, in tutte le sue forme, rappresenti una linfa vitale per le umane esistenze, e una costante fonte di ispirazione. Lunga è la storia della pittura di paesaggio, per quanto solamente nel Seicento arriva ad affermarsi quale genere autonomo. E qui avviene una svolta. La natura non è semplicemente una quinta acquietante, si fa metafora di stati d’animo, emozioni e sensazioni. Il riferimento a Jullien a questo punto offre un’ulteriore chiave di lettura della collettiva perché l’autore nel testo affronta il concetto “cinese” di paesaggio affrancandolo dal legame esclusivo con vista e spazio per aprirsi a un’estetica dello sguardo.
Lo sguardo, dunque. Uno sguardo aperto all’orizzonte, e pronto a “catturarlo” nella sua costante continuità nella varietà tra il bucolico e l’industriale, come nelle opere, tutte del 2021, di James Hillman – da Roman Camp (descending) a North Dorset Butterfly a Henkel, Ferentino, Superstrada – che scandiscono la mostra e accompagnano l’occhio nella ricognizione. Non solo, ci sono volti, e corpi. I volti e i corpi delle Female Figures (2021), stilizzati, essenziali, di Sergio Sarra vivificati dalla luce diretta del suo studio immerso nella natura. E i volti e i corpi di Filippo Bisagni nelle stratificazioni di stratificazioni di immagini della serie RUSTIC INDOORS (2021): il Rinascimento si incontra e scontra con scene erotiche amatoriali attinte da Twitter, intrise di una sessualità mediata e meccanica inevitabilmente indotta dalla sovraesposizione al digitale. Se la luce – filo conduttore di tutto il percorso espositivo – per Sarra è quella naturale, per Bisagni in Palm: living image (2021) diventa fluorescente e artificiale, quasi una evocazione dei baluginii degli schermi dei più disparati devices. Il recupero del Genius Loci italiano, da una parte, e delle origini brasiliane, dall’altra, è centrale in Giulia Mangoni. Esemplare del lavoro sulla riscoperta del magico rurale della Ciociaria condotto dall’artista il dittico Paesaggio con Galline Ancona I-II (2021), dove la gallina – animale umile, al contempo “sacro” per il poeta Umberto Saba – diventa il soggetto principale. Dalla mostra emerge, evidente, una pluralità di approcci al tema guida. Diverse le generazioni a confronto, un unico obiettivo: ripensare, e reinterpretare, in maniera idiosincratica, il paesaggio contemporaneo.