Lewis Hammond “While We Were Sleeping” Casa Masaccio Centro per l’Arte Contemporanea / San Giovanni Valdarno di

di 20 Luglio 2021

Una figura rannicchiata in una vasca da bagno, un’altra con espressione catatonica appoggiata a una parete dove si allungano delle ombre, una coppia (l’unica, ma forse si tratta della stessa figura sdoppiata) abbracciata su una poltrona e i cui arti diventano una poltiglia dello stesso colore della carcassa ai loro piedi: Lewis Hammond sembra visualizzare così gli effetti delle pressioni contemporanee sullo spazio dell’inconscio.

Nell’immaginario dell’artista, architettura e pelle sono involucri, maschere e portali. Se l’atmosfera dei lavori può facilmente ricondurre ai tropi della letteratura gotica, non è per la sensazione di angoscia diffusa che gli ambienti e i corpi, in particolare, emanano, quanto per il fatto che si manifestano in uno stato indeterminato tra presenza e assenza, agentività e inerzia, vita e morte.

Emerge il presentimento dell’unheimelich freudiano, attraverso cui Hammond indaga la dimensione psicologica, intima e talvolta angusta, dello specchio, così come dello spazio domestico e urbano.

L’enigma dell’immagine pittorica è introdotto dal lamento fievole de “La morte per acqua,” la sezione de La terra desolata (1922) di T. S. Eliot, che introduce, a livello sonoro, l’ampio corpo di lavori realizzato da Hammond per la sua personale “While We Where Sleeping” a Casa Masaccio. Scritto dopo la carneficina della Prima Guerra Mondiale, il senso di disperazione disillusa che emerge dal poemetto viene rinforzato dall’immagine drammatica con cui si apre la mostra: un volto che annega in una sostanza viscida verdastra (Drowner, 2020).

L’audio non è un lavoro di Hammond ma riveste la stessa funzione scenica riservata alla scelta di tenere gli scuri del museo serrati, che priva i soggetti di qualsiasi rapporto con l’esterno. Allo stesso modo, alcuni lavori sono allestiti in posizioni inusuali, come la volpe dagli occhi fiammeggianti riversa su una superficie di piastrelle verde bosco in cima alle scale strette che portano al terzo piano (Rigor II, 2021): l’attenzione teatrale di Hammond all’allestimento carica la sua pittura di una componente installativa.

Altri lavori sono esposti su porzioni di muro dipinto di un verde chimico, per bilanciarne la palette terrosa, a cui si aggiunge la dimensione interessante del green screen. In quanto tecnica che maschera lo spazio in cui un corpo è situato, permette di scontornare così l’aderenza — tanto cara alle costruzioni onto-epistemologiche occidentali — dell’identità dal contesto epidermico-architettonico in cui il corpo si trova, facendolo diventare strumento di disidentificazione emancipatoria.

L’affinità con Eliot non è solo tematica ma anche metodologica. Infatti, La terra desolata appartiene a una certa poetica modernista che fa della ricombinazione di riferimenti letterari la propria cifra, così come la pratica collagista di Hammond sintetizza e rielabora il canone pittorico occidentale e le sue inquietudini. Per esempio, una figura sanguigna dall’aspetto diabolico si nasconde dietro a un giglio bianco — simbolo dell’Annunciazione — seppur secco e con i petali dalle venature rossastre (Annunciation [A change will come], 2021). I gigli sono un tropo visivo ricorrente nella pratica di Hammond: indicano minaccia e incoraggiamento, aggressività e protezione come le lame in While We Were Sleeping(2020) dietro cui si staglia un’altra figura grottesca, questa volta modulata su una decina di sculture che l’artista ha osservato durante il suo soggiorno in Toscana.

Armi come talismani, e viceversa, raccontano di una dimensione psicologica in cui le immagini, che dell’inconscio sono parte ricordo e parte invenzione, si sovrappongono, diventando tutte irriconoscibilmente reali.

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Bianca Stoppani