Il cinema della trasgressione, fondato da Nick Zedd, non ha in sé una funzione catartica.
Non vuole rivelare qualcosa di scabroso e inappropriato allo scopo di ridurne la portata eversiva. Non normalizza la trasgressione, disinnescandone l’esplosività in modo da renderla inoffensiva.
Le immagini devono deflagrare in tutta la loro pericolosa intensità, questo può solo avvenire ai margini dell’impero mediatico delineando continuamente una nuova selvaggia frontiera.
Un cinema sommerso, invisibile in quanto non raccontabile, prodotto all’inizio degli anni ‘80 da un coacervo di figure appartenenti all’underground newyorkese unite dall’impellenza di lottare contro la cultura dominante. Alcune di queste figure, però, non sono state esenti dal riassorbimento nella cultura mainstream a cui Zedd nel corso del tempo si è sempre strenuamente opposto, pretendendo per sé stesso una posizione marginale nonostante la fama leggendaria che lo ha ammantato. Non potrebbe essere altrimenti.
Riconoscere la sua inclusione nel cinema mainstream tanto quanto in quello radical decreterebbe una sconfitta nei confronti di un avversario che, sotto la maschera dell’edonismo imperante, oggi come in quel momento, non vorrebbe altro che limitare le possibilità degli individui.
A riguardo della marginalità ricercata dal cinema di Zedd, questa non passa esclusivamente dalla sua posizione rispetto al sistema. Il vincolo dettato dalla scarsità di mezzi, tipico dell’amatorialità, viene non solo accettato ma innalzato a metodo, guadagnando sempre più distanza rispetto ad un modo di produrre professionalizzato e da un’estetica senza autenticità.
Spesso in scena di fronte alla macchina da presa c’è proprio lo stesso Zedd contornato da personaggi che rispecchiano, in continuità con i mezzi, questa volontà di essere ai margini.
Mutilati, prostitute, perdenti, anonimi tossici e rockstar decadenti abitano il suo mondo che ritrae come altrettanti attori principali. Gli esclusi dalla società ed i pericoli pubblici sono qui vere eroine ed eroi, in quanto più liberi e realmente capaci di provare e provocare intensi stati emozionali.
Di conseguenza il rovesciamento è totale, gli antagonisti altro non sarebbero che i guardiani delle istituzioni e i promotori della cultura borghese poiché loro stessi sono l’oscena macchina di oppressione. Rivelandosi per quello che sono: violenti nemici della libertà.
Il cinema di Nick Zedd è così un campo di battaglia dove si consuma lo scontro tra la legge opprimente ed il corpo che desidera, colto nella flagranza dei corpi e delle azioni senza filtri in tutta la loro brutale e ironica vitalità. Corpi fuori dalla legge, fatti di secrezioni, perversioni ed estasi, non addomesticabili e pronti a dilaniarsi in una spirale violenta per infrangere costantemente i limiti.
In questo senso Zedd è il libertino sadiano per eccellenza, attraverso la trasgressione costante raggiunge la trasformazione in modo da liberare il corpo dal giogo e disperderlo sempre in un nuovo stato di cose.
I film presentati in questa occasione appartengono al corpo di lavoro realizzato tra il 1980 ed il 2001. Accanto a opere più celebri come Thrust in Me (1984), Police State (1987) ed Ecstasy in Entropy (1999) saranno visionabili cortometraggi meno noti e i video della produzione di alcuni di loro.