La Galleria Franco Noero ha il piacere di presentare la quarta personale di Robert Mapplethorpe, negli spazi di via Mottalciata e in collaborazione con The Robert Mapplethorpe Foundation.
La nuova selezione di fotografie, che supera il centinaio, è un viaggio che ripercorre tutte le fasi della carriera dell’artista dai suoi esordi fino alla sua scomparsa, volontariamente ordinate in sequenze che non guardano alla cronologia, a un genere o a qualsiasi tipo di gerarchia.
Le fotografie hanno infatti un’empatia che le unisce, a volte una congruenza costruttiva nelle linee compositive, altre volte si tratta di suggestioni narrative, altre ancora sono la grana, l’impasto e i toni di bianco, nero e la gamma di grigi a dettare legge.
Come capitato già in altre occasioni, data la disponibilità presso la Fondazione, si riesce a ricostruire alcune sequenze di fotografie realizzate nella stessa sessione, variazioni sullo stesso tema: è particolarmente interessante in questi casi vedere come ai modelli viene chiesto di interpretare una particolare postura, ad esempio desunta dallo studio di statue antiche, oppure di esprimere l’esuberanza e l’elasticità quasi malleabile e di qualità scultorea della muscolatura di ballerini, altro ‘topos’ ricorrente nella ricerca di Mapplethorpe.
Il tono romantico delle foto del primo periodo, spesso scattate in esterni nel corso del suo primo viaggio in Inghilterra e ispirate con molta probabilità da un’ammirazione per la pittura inglese e per quella sua qualità di legarsi al paesaggio, si uniscono alla fascinazione per l’arte e per la cultura italiana ed in generale europea: un bronzetto ripreso di fronte ad una riproduzione fotografica di uno scorcio romano all’interno dell’antico Foro; il corpo color ebano di un modello ritratto in una posa con grande probabilità desunta dal celebre ‘Spinario’ dei Musei Capitolini, una delle statue più note nel ‘catalogo’ del Grand Tour; uomini incappucciati come frati della migliore tradizione barocca tali a quelli di Zurbarán; un discobolo in una vetrina di gessi, un delizioso bronzetto di Spartaco incatenato, un uomo di colore seduto a terra con accanto una felce come nella pittura ottocentesca di genere esotico, una pantera di marmo di gusto Art Decó, appaiata ad un kimono giapponese, una gardenia al centro del ricamo di uno scialle ‘paisley’, insomma un’intera serie di suggestioni e citazioni di tempi disparati nella storia che ritraggono perfettamente l’atmosfera di sollecitazione culturale di una città come New York negli anni in cui Mapplethorpe l’ha vissuta.
E ancora i contrasti: un’acconciatura di treccine di fronte ad un arazzo, una testa di Pan baciata da un anturium, Lisa Lyon come angelo dai boccoli biondi o con la testa coperta da un mantello come nelle rappresentazioni della Vergine Maria, le linee essenziali di un volto femminile di Matisse in un loft a New York, un meraviglioso argento con piccolo elefante di Gorham su fondo nero profondo e cosi via.