Jiajia Zhang è un’artista multidisciplinare il cui lavoro indaga le complessità dell’identità, del linguaggio e degli ambienti urbani. Nella sua mostra personale A FILM IN TWO PARTS, THE SECOND of WHICH NEVER ENDS (titolo preso in prestito dal collettivo Shanzhai Lyric), le visitatrici/i visitatori si imbattono immediatamente nella sua installazione L’invitation au voyage (There all is order and beauty, luxury, peace, and pleasure). Qui, i paracarri in pietra della città sono disposti su un tappeto morbido, rendendo indistinto il confine tra spazio pubblico e privato.
Al centro del lavoro di Jiajia Zhang c’è l’esplorazione di come gli spazi pubblici si intersecano con le narrazioni personali, mettendo in discussione le strutture e le norme che danno forma alle nostre vite. Grazie alla sua formazione in architettura all’ETH di Zurigo e alle sue esperienze in città come Milano e Roma, Jiajia ha sviluppato un interesse per il modo in cui i paesaggi urbani sono spesso progettati per controllare il movimento e il comportamento, in particolare a spese dei gruppi emarginati.
La serie di undici disegni commissionati dall’artista, ricavati da stimoli visivi diversi come screenshot di Instagram, pubblicità di moda o selfie dell’artista, fa luce su come atti intimi di cura possano diventare parte dell’esposizione pubblica. Il linguaggio è un tema ricorrente nel lavoro di Jiajia, interessata a comprendere le dinamiche di potere insite nella comunicazione. Ad esempio, nel suo video If I Can Make It There…, l’artista si ispira all’esperienza di suo padre nell’apprendimento del tedesco dopo essere emigrato dalla Cina alla Svizzera negli anni Ottanta, esaminando come la lingua plasmi l’identità attraverso il processo di acquisizione del linguaggio.
Anche le due opere video nella seconda sala della mostra approfondiscono questi temi: Untitled (After Love) mescola filmati trovati e materiale girato in proprio, con un montaggio che esplora le emozioni e le relazioni intime in spazi privati e pubblici. Nel frattempo, EOD ci riporta all’origine, raffigurando il percorso di acquisizione del linguaggio di un bambino, riflettendo sulla progressione da suoni balbettanti a parole coerenti all’interno di strutture e norme predeterminate.
Accostando immagini familiari a elementi pubblici, la mostra di Jiajia Zhang invita gli spettatori a confrontarsi con nozioni preconcette in un viaggio di esplorazione e interrogazione