C+N Gallery CANEPANERI presenta, a distanza di quattro anni, la terza personale di Arseny Zhilyaev. “Lingua Madre”, curata da Alessandra Franetovich – con il contributo critico di Marco Scotini e della stessa Franetovich – presenta lavori che si discostano dalle serie precedenti, incentrate sul futuro dell’arte, per esplorare il tema politico del linguaggio, il linguaggio della politica e della sua rappresentazione nei media, avviando così una nuova narrazione espositiva.
La sala principale è illuminata da un neon a caratteri circolari che recita: “Una volta come tragedia, un’altra volta come tragedia e un’altra volta come tragedia”. Quest’opera, Senza titolo o Wiedermal als Tragödie (2024), cita parzialmente una celebre frase di Karl Marx ed evoca il senso del tragico che permea la visione dell’artista. Nel lavoro di Zhilyaev, tuttavia, non c’è alcuna farsa, solo una stigmate, ovvero l’eterno ritorno della tragedia nella storia umana.
L’installazione centrale, dalla quale prende il nome anche la mostra, Lingua Madre (2022-24), raccoglie sette bandiere realizzate in tela e ricamate con sette parole selezionate da conversazioni di soldati russi con i loro familiari, registrate direttamente dal fronte di guerra. Si può leggere: “Anche loro sono persone. Loro parlano russo”. L’opera cattura la complessità del conflitto e della comunicazione umana. La sovrapposizione di frasi in lingua russa, dall’apparente dissenso alla condivisione di identità culturale, offre uno spaccato sulla percezione della guerra e dell’umanità coinvolta. La comunicazione visiva, invece, è ancora più intensa grazie alla monumentalità delle bandiere, rese bianche dall’intervento pittorico dell’artista, che riflette la ricerca estetica minimalista di Zhilyaev e suggerisce simbolicamente un desiderio di pace. Per via della loro posizione e disposizione nello spazio, la comunicazione risulta però interrotta, riflettendo così la censura e la repressione presenti nella società russa contemporanea. Ad arricchire l’interpretazione complessiva dei lavori, non un’opera, ma un labile intervento verbo-visivo, realizzato a matita su parete, una sorta di collage o componimento poetico.
Prosegue nel corridoio l’opera in progress Dietro la nebbia di guerra c’è sempre il dolore (2022-2024), un archivio che offre uno sguardo sulla frammentazione dell’informazione durante il conflitto, attraverso l’uso di pagine di giornali e riviste su cui l’artista interviene, anche in questo caso, con della pittura bianca. Questo lavoro richiama l’attenzione sulla difficoltà di ottenere informazioni affidabili e sulla manipolazione dell’opinione pubblica durante la guerra.
Nell’ultima stanza, l’opera interattiva Nei giorni della guerra (2023) affronta il rapporto tra iconografia artistica, linguaggio e politica, invitando il pubblico a partecipare alla sua stessa creazione. Attraverso le future sovrapposizioni degli strati pittorici, l’opera restituisce i processi storici di revisione e cancellazione, provando a incoraggiare una riflessione collettiva sull’impatto della guerra e sulle conseguenze della manipolazione della storia.
Zhilyaev vive e lavora a Venezia dal 2014, nato nel 1984 e cresciuto a Voronež, una grande città della Russia europea sud-occidentale, non distante dal confine ucraino. Con Lingua Madre ci ricorda la fragilità̀ dell’umanità̀, il suo passato e il suo futuro. Tutte le opere in mostra sono state realizzate dopo il funesto evento dell’invasione russa dell’Ucraina.