“Autoritratto al lavoro” è la prima grande mostra antologica dedicata a Elisabetta Benassi (Roma, 1966) da un’istituzione attiva nella città in cui l’artista vive e lavora. Il progetto espositivo presenta oltre venti anni della sua produzione, giustapponendo lavori storici dei primi anni 2000 a opere recenti e a tre nuove produzioni realizzate per l’occasione.
Muovendosi con libertà tra i più diversi linguaggi, medium e immaginari– da sempre tratto distintivodella sua ricerca– Benassi osserva criticamente l’eredità culturale, critica e artistica della modernità con l’intenzione di «entrare nella storia non per citarla ma per poterla far rivivere nel presente,creando una sorta di intrusione», suggerendo un’idea del tempo sempre paradossale.
Convinta delle potenzialità offerte da una mostra, più che dalle singole opere, nell’articolare un’idea in modo complesso, l’artista propone una riflessione sul concetto stesso di retrospettiva, progettando un grande intervento installativo: una mise-en-scène delle sue opere, realizzata attraverso un sistemadi architetture e ambienti disposti nello spazio come fossero quinte teatrali. Ciascuna di queste strutture modulari è pensata per accogliere un’opera– nascondendola parzialmente allo sguardo deivisitatori– e al contempo per rispondere alle sue specifiche intenzioni narrative e poetiche, offrendocosì un nuovo dispositivo di fruizione a lavori spesso nati in risposta a luoghi, situazioni e temporalità specifiche. Ogni struttura, ricoperta da pannelli modulari in gesso recanti le tracce degli stampi serviti a crearla, appare come un corpo scultoreo dalle sembianze brutaliste, risultando in un display che diventa essostesso intervento artistico.
Seguendo la suggestione insita nel titolo, la mostra si propone come un possibile autoritratto dell’artista al lavoro,volto a generare una partitura visiva e linguistica nella quale le opere sono presentate in modo associativo e volutamente non cronologico. Grazie alla coerenza del display e alla continuità offerta dalle architetture in gesso, l’artista stabilisce un sistema di armonia formale, offrendo una cornice discorsiva alla sua ricerca che da sempre resiste i sistemi di classificazione, abdicando ogni idea di stile e canone.