Il 9 maggio, alla Galleria ZERO…, ha inaugurato “Noi Spariamo”, una mostra in cui sono presenti i lavori di artiste e artisti italiani, tra cui Irene Fenara, Chiara Enzo, Stefania Carlotti, Carlo e Fabio Ingrassia, Marta Naturale e Marco Pio Mucci. Una volta oltrepassato l’ingresso di questo nuovo spazio in Via Arcivescovo Romilli a Milano, il mio sguardo è stato completamente catturano da quello che, in prospettiva, sembrava essere un trittico composto da due grandi tele quadrate e una più piccola e tonda. Le due tele quadrate rappresentavano dei paesaggi marini, la tela tonda il dettaglio di una partita da biliardo che sta per avere inizio. Così propongo subito a Marco Pio Mucci, autore di queste opere, di farci una classica chiacchierata da bar (o meglio da sala giochi) per parlare del suo lavoro pittorico e della sua ricerca. Ci ritroviamo da Eurojolly, una delle sale più grandi della Lombardia dedicata alla cultura del gioco del biliardo con più di venti tavoli a disposizione. Durante le partite è nata questa conversazione, terminata successivamente nello studio dell’artista.
Mattia Maisto: Cercando di introdurmi al discorso sulla pittura, mi hai subito indicato un anno preciso, il 2022, anno in cui hai esposto per la prima volta una serie sui paesaggi marini ad Artissima in concomitanza con la mostra “Expectactions” con Caterina De Nicola e Valerio Nicolai, curata da Massimiliano Scuderi presso lo spazio A Sud di Pescara.
Marco Pio Mucci: La pittura nella mia pratica è sempre esistita, la mia idea di artista è sempre stata legata al medium pittorico. Il primo impatto con l’arte contemporanea, con le prime mostre al Madre di Napoli e al Museo ArCoS di Benevento, è stato all’inizio destabilizzante e mi ha portato a curiosare anche altre pratiche, tenendo la pittura in una fase più meditativa, in una ricerca continua di immagini. Non ho dipinto per tanti anni ma è come se l’avessi fatto perché in questa continua ricerca, dopo essermi convinto di alcune immagini, è stato fatto il passaggio da disegno a pittura. Questo nuovo immaginario poteva essere solo raccontato attraverso il medium pittorico, ed è l’immaginario che troviamo nei lavori presentati da ZERO… e in altre mostre recenti.
MM: Credo che il disegno sia un mezzo fondamentale e sempre presente nella pratica artistica, anche se non come punto di arrivo della produzione di un lavoro. Penso magari alla progettazione di una scultura, allo sketch di una performance, ecc.
MPM: In questo processo meditativo di cui ti parlavo, la progettazione sta più nel meditare le immagini rispetto a progettarle. Nel lavoro non si vedrà mai l’utilizzo speculativo di un medium per arrivare ad un altro. Tutte le cose che diventano secondarie, nel mio lavoro, devono diventare protagoniste. L’idea di progettazione non la vedi mai, parto direttamente con il realizzare l’immagine sulla tela senza prepararla, come se l’immagine nella mia mente venisse in qualche modo stampata. Proprio come i lavori presentati anche da ZERO…, realizzati a un colore e un pennello, non avendo un progetto prima alcuni dettagli restano incompleti. Non riesco mai ad avere un grande controllo nella realizzazione ed è soltanto alla fine che l’immagine si rivela, senza essere in alcun modo definita prima.
MM: Proprio in “Noi Spariamo” credo sia molto evidente e riconoscibile la direzione del tuo lavoro. In mostre, oltre alle tele pittoriche, è presente anche un disegno raffigurante una gazza ladra, e ciò che sembra accumunare tutto è uno strano e interessante senso di malinconia, intimità, che mi ha portato a meditare (mi approprio anche io di questo verbo) davanti alle opere esposte.
MPM: Il lavoro con la gazza ladra fa parte di una pratica che andava avanti da un po’ di tempo, ovvero il disegno. Qui effettivamente è molto presente questo aspetto malinconico perché questa gazza ladra vive a ridosso di casa di mia madre a Benevento e continua a sfuggire ogni volta che cerco di fotografarla e quindi il disegno raffigura un ricordo impresso nella mia mente. Il ricordo di quando si è avvicinata per mangiare dal nespolo.
MM: Nei tuoi lavori sono presenti degli elementi facilmente riconducibili a dei luoghi tipici del Sud Italia, penso al mare nei tuoi paesaggi oppure ai ritratti dei biliardi nelle sale giochi.
MPM: Il paesaggio marino va al di là di un aspetto puramente biografico. Nel paesaggio marino c’è un altro ragionamento perché innanzitutto mi interessa la barca come luogo/non-luogo domestico, dove noi come essere umani abbiamo la possibilità di vivere in un’imbarcazione e questa cosa mi stimola tanto. Il paesaggio marino va a intercettare perfettamente la mia idea di pittura perché quest’atmosfera del mare e del cielo sono indefinite e vanno in contrasto con le barche che sono dei soggetti che hanno bisogno, al contrario, di essere definiti per via dei tanti dettagli. Un ulteriore dettaglio dei paesaggi marini è la presenza degli ufo, scaturita da una visione avuta su una barca ad Es Vedrà, che ha portato all’urgenza di riuscire a capire come interpretare questa forma indefinita di cui non abbiamo conoscenza.
MM: Quindi nella serie dei paesaggi marini quest’assenza di conoscenza la possiamo ritrovare in due elementi, il mare e gli ufo. L’essere umano abita il mare così come gli alieni potrebbero abitare la terra. Abbiamo due elementi, nella stessa tela, che posso far riflettere in questa direzione. Sempre a proposito di luoghi, cosa rappresenta invece la serie sulle sale da biliardo?
MPM: La sala giochi per la mia generazione, per quelli nati all’inizio degli anni Novanta, soprattutto nel Sud Italia, è un luogo fondamentale. Nella mia produzione di quest’atmosfera mi interessa tanto la composizione perché dettata da tanti elementi geometrici. Anche qui la raffigurazione è estrapolata da questa sorgente di immagini del processo meditativo. Il tavolo da gioco interpreta la composizione, anche in maniera casuale, perché quando si gioca c’è una totale assenza di conoscenza. Cerchi di costruirti una composizione strategica per il tuo gioco e io da questo attimo cerco di estrapolare delle immagini.
MM: Anche in questa serie ritorna l’assenza di conoscenza perché il giocatore che cerca di costruire per il suo gioco può essere ostacolato dall’imprevedibilità data dalla mossa del suo avversario. Ma ritorna anche l’elemento della nostalgia, perché le sale giochi oggi rappresentano un luogo solitamente vuoto, non più frequentato come spazio di aggregazione delle nuove generazioni. Strategia, composizioni, geometrie e scaramanzia sono tasselli fondamentali quando si inizia una partita da biliardo. Nel gioco “Palla 8” dopo aver battuto, in base alla prima palla imbucata, un giocatore avrà le palle piene e un altro quelle a strisce (o vuote). Tu durante la prima partita mi hai confessato che cerchi di imbucare per prime sempre quest’ultime, come gesto scaramantico, le palle a strisce che sono composte dal colore bianco più un solo altro colore. Anche nella tua produzione effettivamente, oltre al colore bianco della tela, utilizzi esclusivamente solo un colore (e un pennello).
MPM: Sì, esatto. Credo che il colore sia un elemento viscerale per un pittore. Anche il colore fa parte del processo meditativo di cui parlavamo prima. Ora sto anche facendo una ricerca approfondita sul pigmento cercando di creare una formula molto personale. A livello di colore nei lavori mi interessano molto le atmosfere calde come elemento biografico, ma anche quelle fredde.
MM: Vedendo ciò che hai prodotto fino ad ora, nelle serie dei paesaggi marini e del biliardo, le dimensioni dei lavori diventano sempre più grandi.
MPM: Sì da quando ho questo spazio in Via Venini qui a Milano il lavoro ne ha giovato e ha aiutato tanto la mia ricerca. Fino ad ora ho sempre lavorato in luoghi domestici. Tra questi, il più bello è certamente questo rooftop a Napoli dove la produzione era incentrata tutta sul disegno, e l’atmosfera che mi circondava era vivace, tipica della città in cui ero. Ora vivendo a Milano, la produzione è incentrata sulla pittura e ha bisogno di più tempo e devozione e questo mi fa passare molto tempo in studio.