Fino a poco tempo fa era di moda enfatizzare l’unicità, l’incidentalità e l’eccezionalità delle opere d’arte. L’esempio estremo e assurdo di questo atteggiamento era l’attesa pluriennale di un fotoreporter per un evento insolito e spesso macabro, perché la registrazione conferisse all’artista e alla sua opera un valore artistico. Non sono assolutamente d’accordo con queste visioni semplificate che considerano l’artista qualcuno tra tutti i cercatori del macabro che fruga con entrambe le mani nelle viscere fluide di cadaveri necrotici.
L’arte è in divenire in ogni istante della realtà: per l’individuo ogni fatto, ogni secondo è fugace e unico. Ecco perché registro eventi comuni e banali come mangiare, dormire, copulare, riposare, parlare, ecc. Ogni attività dell’essere umano, essendo parte della sua realtà, ha la medesima capacità di suscitare una reazione mentale in chi la osserva. Per questo motivo, posso trasformare la registrazione di un’attività in altro. Ciò che conta non è la sostanza o l’aspetto formale, ma l’effetto, ovvero il significato.
Lascio tutte le contestazioni sull’aspetto e sulla chiarezza formale del segno agli impotenti teorici inaciditi. L’arte concettuale, oltre a richiamare l’attenzione sulla funzione essenziale dell’arte che influenza la sfera mentale e intellettuale dell’uomo, è benefica anche perché dà alla teoria dell’arte una necessaria ventata di aria sana. Al momento quest’aria si sta trasformando in una forte corrente che getta tutti i gesti e le pose monartistiche fuori dalla finestra della realtà.