La Fondazione Malvina Menegaz per le Arti e le Culture, presieduta da Osvaldo Menegaz, ogni estate trasforma Castelbasso, piccolo centro della provincia teramana, nel Borgo della cultura. Quest’anno la manifestazione è in programma dal 27 luglio al 31 agosto 2024, con un’importante mostra di arte contemporanea a cui si affiancano appuntamenti con la musica e la letteratura, in collaborazione con la Società della musica e del teatro Primo Riccitelli, Abbazie Jazz festival, l’Istituzione sinfonica abruzzese, l’organista Roberto Marini e il FLA – Festival di Libri e Altrecose.
Nell’edizione 2024 protagonista sarà l’esposizione personale di Giuseppe Stampone, dal titolo “Giuseppe Stampone. Game Over”, a cura di Ilaria Bernardi, che si propone di rendere omaggio a uno dei più noti artisti italiani della sua generazione. Giuseppe Stampone, nato a Cluses (Francia) nel 1974 e residente a Teramo, attraverso opere di varia natura (disegni realizzati con la penna Bic, sculture, installazioni, progetti partecipativi, video), dialoga con antiche iconografie e simboli contemporanei, indagando la responsabilità sociale dell’arte che, in una dimensione partecipativa, assume il ruolo di educare la collettività.
Per Castelbasso 2024 Stampone presenta una doppia mostra, a Palazzo De Sanctis e a Palazzo Clemente, concepita come una retrospettiva sui suoi vent’anni di attività, dal 2004 al 2024. Sulle pareti delle prime tre sale di Palazzo Clemente aree di pareti dipinte di rosso cardinale accolgono le più note tavolette disegnate dall’artista con penna Bic in formato A4, mentre l’ultima sala esplicita come il disegno per l’artista sia strumento di ri-educazione sociale sia attraverso l’installazione di alcuni disegni su banchi da scuola che fanno parte de Le 18+1 invenzioni che cambieranno il mondo (2008), sia attraverso la scritta al neon Global Education (2024) che dal 2012 costituisce la base metodologica dell’intera produzione di Stampone, proponendo assemblee partecipative in cui l’artista si confronta con i partecipanti per la formulazione di un nuovo alfabeto e di conseguenza un nuovo mondo.
A Palazzo De Sanctis l’esposizione si snoda sui tre piani dell’edificio e nella piazzetta esterna: è pensata per dimostrare come l’essenza della produzione di Stampone sia concettuale e pertanto come i disegni su carta o su tavoletta per i quali è maggiormente conosciuto siano soltanto una delle molteplici modalità operative utilizzate dall’artista, allo scopo di tornare alle origini, azzerando ogni sovrastruttura imposta dalla società per poi ri-costruire il mondo in modo diverso. Da qui il titolo della mostra “Game Over”.
Ogni piano di Palazzo De Sanctis e la piazza antistante declinano il ritorno alle origini in un differente sottotema: il rapporto con le radici che per l’artista sono l’Abruzzo (al piano terra), la sua appartenenza alla dinastia della storia dell’arte (al primo piano), l’aver vissuto sulla propria pelle la migrazione (al secondo piano), la partecipazione come strumento per ricostruire il mondo daccapo (nella piazza).
Oltre ad opere storiche come Ritratto di mitomane (2004), Saluti dall’Aquila (2011), Italian Art Abc (2011), Emigration Made Pavilion 148 (2015), Via Crucis (2017), di particolare rilevanza è la grande sala al primo piano che è stata appositamente trasformata da Stampone in un’opera immersiva e site-specific: è composta da disegni, scritte, schemi a parete corredati da disegni incorniciati e da opere appese, che fanno riferimento ad artisti per lui importanti con l’intento di ricostruire il suo albero genealogico come artista. Afferma Stampone: “Per mettere in crisi la catalogazione e l’omologazione sociale, a fianco dei modelli di relazione semantica precostituiti, pongo l’ipotesi di una nuova alfabetizzazione (orale ed esperienziale) mettendo in discussione la consueta relazione convenzionale tra significante e significato, mettendo in crisi l’illusionismo pittorico e creando scollamenti ironici tra denominazione visiva e denominazione verbale. La mia volontà è quella di ri-creare una nuova alfabetizzazione non data e creata da pochi per tanti (la dittatura occidentale del carattere tipografico di Gutenberg) ma ri-creata attraverso la partecipazione attiva delle persone; in altre parole, un alfabeto condiviso”.