La conversazione fa parte della sezione Dopo le istituzioni: verso un nuovo paradigma culturale di Flash Art Italia – Agenda 2025 in cui abbiamo voluto interrogare direttrici e direttori del sistema italiano dell’arte sulla profonda trasformazione sociale, tecnologica ed ecologica che le istituzioni stanno attraversando in questo momento storico. Le domande che abbiamo posto sono le seguenti:
Dissoluzione dei Confini
In un’epoca in cui i confini tra discipline, media e forme espressive sono sempre più fluidi, come possiamo immaginare l’evoluzione dello spazio espositivo oltre la sua definizione tradizionale? È possibile concepire una fondazione, museo, che non sia più contenitore ma organismo vivente, e come si manifesta questa trasformazione?
Cittadinanza Culturale
Come si ridefinisce il concetto di “pubblico” nell’era della partecipazione diffusa? In che modo una istituzione culturale può diventare un agente di cittadinanza culturale attiva, superando il modello tradizionale di fruizione passiva per creare nuove forme di appartenenza e coinvolgimento?
Ecologia delle Pratiche
In un momento di profonda crisi ecologica e sociale, quale ruolo può assumere l’arte come laboratorio di pratiche sostenibili non solo ambientali ma anche sociali e culturali? Come si ripensa l’istituzione in termini di responsabilità verso il futuro?
Tecnologia e Trascendenza
Come si riconfigura l’esperienza dell’arte nell’era della realtà aumentata e dell’intelligenza artificiale? Quale dialogo si può instaurare tra la materialità dell’opera, la presenza fisica del visitatore e le infinite possibilità del digitale?
Temporalità Mutanti
Come cambia la relazione tra passato, presente e futuro nella programmazione culturale contemporanea? È possibile immaginare un museo/ spazio che operi simultaneamente su diverse temporalità, creando connessioni inedite tra memoria e futuro?
Spazio Politico
In che modo una fondazione o una istituzione può configurarsi come spazio di resistenza e trasformazione politica, mantenendo la sua autonomia ma assumendo un ruolo attivo nel dibattito contemporaneo? Come si bilancia la funzione critica con quella istituzionale?
Dissoluzione dei Confini
Stefano Collicelli Cagol: I musei sono istituzioni relativamente giovani, sottoposte già dalla prima metà del XX secolo a diverse sperimentazioni che hanno tentato di ripensarne la definizione tradizionale. Il Centro Pecci, dalla fine degli anni Ottanta, è stato un luogo di contaminazioni artistiche, di ricerca, di attivismo, di mostre collettive dedicate alla giovane arte e di grandi personali, con un dipartimento educativo sperimentale fondato da Bruno Munari. La peculiarità del Centro Pecci è stata quella di essere l’istituzione per l’arte contemporanea pionieristica in Italia sorta proprio con la volontà di dimostrare questa fluidità inerente all’arte, credendo in un percorso eccentrico e fuori dagli schemi canonici. Mantenere questa vocazione, richiede sinergie con il territorio (la politica, gli enti del terzo settore, l’associazionismo, le imprese, le scuole e le università), chiarezza delle proprie competenze, mantenimento della qualità delle proposte. Il cinema, le presentazioni di libri, la scuola di arte e di cinema, il playground, il bistrot, il ristorante, la biblioteca che riaprirà nel 2025 e l’arena esterna offrono una serie di possibilità per attivare progettualità diverse rivolte a tipologie di pubblico differenti. Il mezzo che abbiamo scelto è l’accessibilità, il perno attorno al quale stiamo ripensando il Centro con tutto lo staff: dal rifacimento del sito internet, al wayfinding interno ed esterno, dalle azioni per abilitare il museo a tipologie di pubblico dalle esigenze specifiche, al ripensamento radicale del linguaggio con cui comunichiamo a tutte le persone le attività e raccontiamo le arti e la loro relazione con l’attualità. Si crea così un sistema a vasi comunicanti che permette di fare un’esperienza differenziata delle arti e del Centro in diversi momenti, in un’ottica di benessere, arricchimento e aumento della consapevolezza delle persone.
Cittadinanza culturale
SCC: Negli ultimi anni, i dipartimenti educativi sono diventati la chiave di volta per l’azione di un’istituzione, abbracciando gli ambiti della formazione, dell’interpretazione e dell’accessibilità. Attraverso un’azione congiunta delle aree di un’istituzione – dal fundraising alla comunicazione, dall’organizzazione di mostre ed eventi alla collezione – si individuano progettualità capaci di creare occasioni uniche di incontro con le arti per diverse tipologie di pubblico, di creare sinergie con il territorio e di generare nuove fonti di sostegno economico per l’istituzione. Come istituzione pubblica è un dovere civile collaborare alla costruzione del tessuto cittadino, rifacendosi alla tradizione italiana dei musei della ricostruzione. Dotarsi di strumenti per assicurare a chiunque entri nell’Istituzione un accesso alle informazioni utili a confrontarsi con le opere è fondamentale. Se adeguatamente presentate, le arti possono inoltre implementare il coinvolgimento delle tante nazionalità che abitano le città italiane; aiutare ad apprendere meglio l’italiano; scoprire percorsi creativi che riducano l’abbandono scolastico; arricchire con nuovi punti di vista le narrazioni dell’arte; compiere attività creative che migliorino le condizioni di salute; formare la relazione con la realtà nei bambini e preparare alla genitorialità le future madri. Questi sono solo alcuni dei percorsi e degli obiettivi che ci siamo dati al Centro Pecci.
Ecologia delle Pratiche
SCC: In un’ottica ecologica, la collezione è un asset fondamentale per il museo: consente di testare buone pratiche e nel caso del Centro Pecci di affrontare tematiche legate alla sostenibilità ambientale grazie al nucleo dedicato all’Architettura Radicale presente nel nostro patrimonio. Per esempio con il progetto Eccentrica. Le collezioni del Centro Pecci, un’ala degli spazi espositivi è stata dedicata in modo permanente alla collezione, con il display a firma di Formafantasma, utilizzando le lane rigenerate di Manteco e con un progetto di illuminotecnica di Flos. Una moquette calda e accogliente fornisce una piazza ideale per attività di aggregazione. Con la collezione abbiamo così migliorato l’efficientamento energetico di un’ala, valorizzato il patrimonio interno e affiliato nuove tipologie di pubblico che nella collezione possono trovare un ambiente emotivo e sensoriale unico. Il tema della sostenibilità è ulteriormente promosso attraverso i vari format del Centro: dai progetti didattici alle presentazioni dei libri, fino al programma espositivo. Nel 2024, la mostra Colorescenze. Artiste, Toscana, Futuro attraverso l’opera di dodici artiste guardava a come ripensare la relazione con il contesto ambientale toscano in un’ottica di sostenibilità futura.
Tecnologia e Trascendenza
SCC: La tecnologia consente un importante supporto all’accessibilità, che è il mezzo attraverso cui cerchiamo di ripensare il senso del Centro Pecci oggi. Il digitale apre le porte allo sviluppo di dispositivi che possono essere declinati a seconda di specifiche esigenze, in un’ottica universale. In questo modo, materiali predisposti per persone cieche, ipovedenti o sorde, per esempio, possono essere utilizzati anche da chiunque sia interessato a confrontarsi in maniera innovativa con l’arte. Questa nuova frontiera consente, anche al livello del sito web, di facilitare la comprensione di come il museo funzioni, anticipando alcune informazioni chiave. Grazie all’impulso che abbiamo potuto dare al museo attraverso il PNRR abbattimento barriere archiettoniche, cognitive e sensoriali e la collaborazione di Co-Design Toscana, un’eccellenza pratese, abbiamo coinvolto diverse parti della comunità che ruota attorno all’Istituzione per co-progettare nuovi strumenti utili, tra cui audioguide, podcast dedicati alle opere della collezione permanente e indicazioni all’interno del Centro Pecci.
Temporalità mutanti
SCC: La messa in questione delle temporalità è una strategia utilizzata da molti anni nei musei, ad esempio attraverso gli allestimenti tematici che però hanno mostrato tutta la loro debolezza nella capacità di restituire una posizione chiara sulla contemporaneità. Un museo può operare su diverse temporalità giocando su due piani: la collezione permanente e gli eventi che presuppongono un pubblico in un momento specifico (mostre, live, presentazioni, conferenze, attività didattica, cinema). I percorsi delle collezioni diventano significativi quando incrociano la storia del museo stesso, raccontando come sia avvenuta la costruzione del proprio patrimonio (acquisizioni, lasciti, donazioni). L’esperienza diventa così un biglietto da visita per chi non conosce l’istituzione, ma individua temporalità particolarmente significative su cui sviluppare un nuovo apparato critico. La collezione permette anche di creare connessioni emotive con chi ha conosciuto in passato il museo, fornendo inoltre spunti per la lettura del futuro. Gli eventi temporanei invece possono far emergere artisti poco conosciuti nel passato ma capaci di rispondere a domande impellenti per il presente, immaginare il futuro attraverso buone pratiche o raccontare attraverso il materiale d’archivio una parte del patrimonio immateriale di un’istituzione.
Spazio Politico
SCC: Come la democrazia, un museo ha bisogno di continua manutenzione, di operare scelte che ne tutelino l’autonomia, ma che al contempo ne preservino la capacità di raggiungere il più largo numero di pubblici e persone possibile. Come la democrazia, anche il museo è uno spazio politico e di trasformazione: l’arte che contiene e di cui può disporre sa infatti essere dissuasoria, inventiva, elettrica, erotica, disturbante. Dare all’arte la possibilità di esprimersi nella sua pienezza è già un atto di resistenza e trasformazione politica. Dotare chi entra nel museo di strumenti per poter in modo autonomo rielaborare l’incontro con quell’arte è un atto politico. Il museo consente a chiunque di mettere in gioco i paradigmi con cui processa la realtà. Ovviamente, nel selezionare le opere da esibire e le artiste e gli artisti da invitare si compie una scelta che ha anche riflessi e valori politici; in ogni caso, è l’opera, anche con la sua impenetrabilità, che deve rimanere al centro del discorso. Non credo, insomma, in chi utilizza l’arte o le mostre in modo didascalico per provare a impartire una lezione politica.