APALAZZOGALLERY presenta “Fragments of a World After Its Own Image”, una mostra collettiva composta da dodici artisti, la maggior parte dei quali membri del collettivo blaxTARLINES KUMASI – comunità transgenerazionale, transculturale e di condivisione fondata nel 2015 presso il Dipartimento di Pittura e Scultura della Kwame Nkrumah University of Science and Technology (KNUST) di Kumasi, Ghana.
La mostra è curata da Kwasi Ohene-Ayeh, con l’assistenza curatoriale di Maria Olivia Nakato e Zitoni Kayonga Tristan Tani, e include: Felicia Abban (nata Ansah), Dennis Ankamah Addo (niiankama), James Barnor, Afrane Akwasi Bediako, Ernestina Mansa Doku, Isshaq Ismail, Samuel Baah Kortey, Tegene Kunbi, Maame Adjoa Ohemeng, Jeffrey Otoo, Edward Prah e Naomi Boahemaa Sakyi Jr.
Negli ultimi due decenni, la scena artistica contemporanea ghanese è cresciuta e si è espansa in modo significativo, guadagnando notorietà e riconoscimento nei circoli artistici internazionali. Questo slancio trova il suo epicentro nella città di Kumasi, attorno a blaxTARLINES KUMASI: un importante e vivace comunità di artisti, curatori, pensatori, docenti e studenti dediti allo sviluppo di pratiche collaborative, collettive e sperimentali che sollevano domande critiche sull’arte odierna. La genesi di questa comunità risale ai primi anni Novanta e ha raggiunto il suo apice nel 2003, quando l’artista-intellettuale kąrî’kạchä seid’ōu ha presentato il suo Emancipatory Art Teaching Project al Dipartimento di Pittura e Scultura del KNUST. Si può dire che il progetto di seid’ōu abbia cercato di rivelare e trascendere il programma “ufficiale”, “nascosto” e “mancante” del dipartimento di pittura – che, fin dagli anni Venti, era incentrato sul canone euro-occidentale delle norme e delle competenze delle Belle Arti e degli atelier – tentando al contempo di trasformare l’arte dallo status di merce a quello di dono. Questo progetto curatoriale-pedagogico è ciò che ha posto i presupposti per nuove condizioni egualitarie, all’interno delle quali gli esponenti di blaxTARLINES e i loro sostenitori concepiscono l’arte come sito di molteplicità, sviluppando al contempo la sottostruttura intellettuale e materiale dell’arte contemporanea internazionale in Africa e all’estero, co-sviluppando programmi educativi, spazi artistici accessibili al pubblico, piattaforme culturali, residenze, studi e molto altro.
Il titolo della mostra allude ai passaggi del “Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx e Friedrich Engels (1848) che criticano il sistema di mercato globalizzato come un costrutto dell’egemonia borghese, progettato per “creare un mondo a propria immagine”. Contestando questo falso universalismo e affermando lo spirito di blaxTARLINES di conversazione intergenerazionale, “Fragments of a World After Its Own Image” politicizza l’estetica attraverso un’analisi materialista dell’immagine, considerandola un “affetto” delle forze di produzione, distribuzione, consumo e così via. Questo riassume lo spirito con cui il collettivo ripristina l’universalismo – lo spazio per nessuno in particolare – dal suo schema monogenetico (imperialista-capitalista-colonialista) a un’inclusività radicale che abbraccia l’uguaglianza preventiva.
Come spiega il curatore, “Gli artisti non danno per scontati i punti di osservazione e le tecniche che hanno scelto, e si impegnano ad andare oltre ciò che le rispettive forme – fotografia, pittura, scultura, mixed media, installazione, disegno digitale, tecnologie interattive mediatiche (gaming) e altri approcci sperimentali – hanno da offrire. “Fragments of a World After Its Own Image” fa i conti con la spinta egualitaria della molteplicità e politicizza l’estetica analizzando l’”immagine” come l’”affetto” compresente e immanente alle forze di produzione, distribuzione e consumo. La mostra afferma anche il modello di blaxTARLINES di conversazioni multigenerazionali con una tattica di indifferenza al tempo. Tali principi fungono da condizioni in cui le visioni degli artisti partecipanti e dei curatori si scontrano, dando vita a situazioni che mettono a confronto il quotidiano, il fantastico, il naturalistico, l’artificiale, l’antropocentrico, il virtuale, il perturbante e oltre. Così facendo, non solo mettiamo in discussione ciò che è già noto sull’arte di oggi, ma sondiamo anche le relazioni tra l’opera d’arte, lo spazio espositivo, lo spettatore e il ruolo degli artisti e dei curatori in tutto questo. Oltre a queste prospettive individuali, c’è un contributo collettivo a una posizione che articola l’arte come universalità, alla blaxTARLINES, come entità intrinsecamente inclusiva senza pregiudizio per alcuna particolare abilità, processo, genere, mezzo, contenuto, materiale o tendenza, e via dicendo”.