Massimo Perotti guida Sanlorenzo con una visione che va oltre l’impresa. In questa intervista racconta come l’arte contemporanea, la sostenibilità e l’innovazione possano fondersi in un progetto culturale autentico e radicale. Sanlorenzo non è solo uno dei cantieri nautici più raffinati al mondo, ma anche una piattaforma per il pensiero critico, un laboratorio per artisti e curatori, un luogo in cui l’industria si apre al dialogo con l’estetica e con il futuro.
Attraverso Sanlorenzo Arts, che ha anche un suo comitato scientifico, Perotti sta ridefinendo il ruolo dell’imprenditore come attivatore culturale, prima con progetti che spaziano da Art Basel alla Biennale di Venezia, oggi con l’apertura di Casa Sanlorenzo a Venezia durante la Venice Climate week. Quella che segue è una riflessione sul senso profondo del fare impresa oggi, nel segno di una bellezza che non si limita al design, ma si estende all’etica, alla responsabilità e alla visione.
Cristiano Seganfreddo: Il tuo percorso personale nell’arte contemporanea sembra aver trasceso la semplice passione per diventare una visione integrata nella filosofia di Sanlorenzo. Puoi raccontarci questo viaggio intellettuale ed emotivo?
Massimo Perotti: Sin dall’inizio della mia esperienza in Sanlorenzo, ho percepito che costruire yacht rappresentasse molto più di un’attività industriale: poteva essere un atto creativo, una forma d’espressione. La mia passione per l’arte contemporanea, coltivata negli anni come interesse personale, si è naturalmente fusa con la visione aziendale che stavo plasmando. L’arte ha questa straordinaria capacità di interpretare il nostro tempo, di porre domande scomode, di aprire finestre inaspettate sul mondo. Ho voluto che questa sensibilità permeasse il DNA di Sanlorenzo, trasformando l’azienda in un’entità che non fosse solo sinonimo di eccellenza manifatturiera, ma anche portatrice di un pensiero culturale distintivo. Da qui è nato un percorso organico che ci ha portato a dialogare con artisti, curatori e istituzioni culturali, trasformando lo yacht da semplice oggetto di lusso a piattaforma di riflessione estetica ed etica sul nostro tempo.
CS: Sanlorenzo Arts rappresenta un dialogo sofisticato tra due mondi: l’eccellenza manifatturiera e l’avanguardia artistica. Qual è la scintilla che ha dato vita a questa conversazione culturale?
MP: Sanlorenzo Arts è nata da un’urgenza intellettuale: ripensare il significato profondo dell’impresa contemporanea in un mondo complesso. Mi sono chiesto: cosa significa produrre oggetti di lusso nel XXI secolo? La risposta è emersa con chiarezza: significa assumersi una responsabilità culturale. La scintilla è stata la consapevolezza che arte e industria non sono universi paralleli destinati a non incontrarsi mai, ma territori fertili che possono contaminarsi reciprocamente, generando valore. Quando un’opera d’arte interroga una pratica industriale, quando il pensiero creativo sfida l’ingegneria, nascono nuove possibilità. Sanlorenzo Arts è diventata così un laboratorio di idee radicali, un ponte tra visioni apparentemente distanti, dove il linguaggio dell’arte amplia i confini dell’innovazione tecnica, e dove l’eccellenza manifatturiera offre all’espressione artistica nuovi spazi di sperimentazione.
CS: L’installazione di Pistoletto durante la Biennale di Venezia ci ha offerto uno sguardo sulla vostra sensibilità artistica. Cosa rappresenta il simbolo del Terzo Paradiso in relazione alla visione di Sanlorenzo?
MP: Il Terzo Paradiso di Michelangelo Pistoletto incarna perfettamente quella tensione creativa che caratterizza anche Sanlorenzo: la ricerca di un equilibrio superiore tra elementi apparentemente contrapposti. Quel simbolo, con la sua riformulazione del segno matematico dell’infinito, rappresenta la sintesi possibile tra naturalità e artificio, tra tradizione e innovazione. Quando abbiamo collaborato con Pistoletto e la sua Fondazione, ho sentito immediatamente una profonda affinità concettuale con la nostra filosofia aziendale. Sanlorenzo opera nel mondo del lusso, ma con l’ambizione di ridefinirne i paradigmi: renderlo consapevole, sostenibile, culturalmente significativo. Il Terzo Paradiso ci parla proprio di questa terza via possibile, di questo spazio di riconciliazione tra tecnologia e natura, tra bellezza e funzionalità. Per me, quel simbolo è diventato una bussola etica, un richiamo costante alla responsabilità che abbiamo come impresa: creare oggetti che non siano solo tecnicamente eccellenti, ma anche portatori di senso.
CS: Nel panorama contemporaneo, l’impresa non è più solo un attore economico ma anche culturale. Come interpreta questo nuovo ruolo di responsabilità e quale contributo distintivo può offrire Sanlorenzo?
MP: Oggi un’impresa che voglia essere realmente contemporanea deve superare il paradigma novecentesco che la vedeva come semplice attore economico. Deve diventare un soggetto culturale attivo, capace di contribuire al dibattito del proprio tempo. Questo significa assumersi la responsabilità di generare non solo valore finanziario, ma anche culturale, sociale, ambientale. In Sanlorenzo interpretiamo questo ruolo attraverso una visione olistica: i nostri yacht non sono semplici prodotti, ma oggetti culturali che incarnano un pensiero sul lusso, sul tempo, sulla bellezza. Il nostro contributo distintivo consiste proprio in questa capacità di integrare l’eccellenza tecnica con la profondità concettuale, applicando principi di sostenibilità e durabilità in un settore tradizionalmente poco attento a queste tematiche. Vogliamo dimostrare che un’impresa può essere economicamente solida proprio perché culturalmente rilevante, e non nonostante questo.
CS: La sostenibilità è al centro delle ricerche del gruppo, tanto nel design e nella tecnologia quanto nelle iniziative culturali. In che modo l’arte può diventare veicolo di una nuova coscienza ambientale anche in un settore tradizionalmente votato al lusso?
MP: L’arte possiede quella straordinaria capacità di tradurre concetti complessi in esperienze immediate, di parlare simultaneamente alla ragione e all’emozione. Quando affrontiamo la sfida della sostenibilità, ci troviamo davanti a un tema che richiede tanto rigore scientifico quanto profondità esistenziale. L’arte diventa così un potente strumento di sensibilizzazione: non impone conclusioni, ma sollecita domande, attiva consapevolezza. Nei nostri progetti con artisti come Pistoletto, questa dimensione è sempre presente: cerchiamo di creare esperienze che siano al contempo esteticamente potenti e concettualmente dense, capaci di innescare riflessioni sulla nostra relazione con l’ambiente. E questo dialogo con l’arte ha profondamente influenzato anche il nostro approccio al design e all’ingegneria, spingendoci a ripensare materiali, processi, cicli di vita dei prodotti. In un settore spesso associato all’eccesso e allo spreco, Sanlorenzo vuole dimostrare che il vero lusso contemporaneo risiede proprio nella capacità di coniugare bellezza ed etica, esclusività e responsabilità.
CS: La bellezza del mondo Sanlorenzo dialoga con la ricerca artistica contemporanea in maniera sorprendentemente naturale. Esiste un’estetica etica Sanlorenzo riconoscibile che attraversa entrambi questi mondi?
MP: Esiste certamente un’estetica Sanlorenzo che definirei “essenziale ma non minimalista”, fondata su un equilibrio sottile tra purezza formale e ricchezza contenutistica. Non ci interessa il lusso ostentativo, fatto di decorazioni superflue o esibizioni di opulenza. Cerchiamo piuttosto una bellezza misurata, che nasca dalla proporzione, dal dettaglio, dalla qualità intrinseca dei materiali. È un’estetica che ha radici profonde nella tradizione del design italiano migliore, ma che guarda costantemente al contemporaneo. E sì, questa visione estetica è indissolubilmente legata a un’etica: fare le cose con onestà intellettuale, con rispetto per l’ambiente, per il tempo e per l’intelligenza di chi le usa o le osserva. Quando scegliamo di collaborare con un artista o un designer, cerchiamo questa stessa tensione tra bellezza e significato, questa stessa capacità di creare forme che siano manifestazioni visibili di valori profondi. In questo senso, i nostri yacht e i nostri progetti culturali parlano lo stesso linguaggio.
CS: Il mecenatismo contemporaneo sembra aver superato la semplice sponsorizzazione per abbracciare un ruolo più attivo nella produzione culturale. Come si posiziona Sanlorenzo in questa evoluzione?
MP: Il concetto stesso di mecenatismo ha subito una profonda evoluzione: non è più il gesto filantropico e un po’ paternalistico di chi “concede” risorse alla cultura, ma un’alleanza strategica tra mondi che hanno molto da offrirsi reciprocamente. Per Sanlorenzo, entrare nel mondo dell’arte non è mai stata una questione di marketing o di immagine. Sin dall’inizio, abbiamo voluto essere co-creatori di significato, partecipando attivamente allo sviluppo di progetti culturali che avessero una reale rilevanza. Non ci limitiamo a finanziare iniziative esistenti: collaboriamo con artisti, curatori e istituzioni per sviluppare contenuti originali, che nascono da un dialogo autentico. Questo approccio richiede un investimento molto più profondo di risorse intellettuali ed emotive, oltre che finanziarie, ma genera un valore incomparabilmente superiore, tanto per noi quanto per i nostri partner culturali e per il pubblico.
CS: In un mondo sempre più virtuale, investire in spazi fisici come Casa Sanlorenzo rappresenta una scelta controcorrente. Quale valore aggiunto porta questa dimensione tangibile nell’esperienza culturale?
MP: In un’epoca dominata dalla smaterializzazione e dalla digitalizzazione dell’esperienza, credo fermamente nel valore insostituibile della presenza fisica, dell’incontro reale. Casa Sanlorenzo nasce precisamente da questa convinzione: offrire uno spazio concreto dove la nostra filosofia possa essere vissuta con tutti i sensi, non solo vista attraverso uno schermo. A Venezia, città che da sempre rappresenta un crocevia di culture e linguaggi, abbiamo trovato il contesto perfetto per questo esperimento. Non volevamo uno showroom tradizionale né una galleria d’arte convenzionale, ma un luogo ibrido, fluido, dove la nostra identità potesse esprimersi attraverso molteplici dimensioni: arte, design, architettura, conversazioni. È uno spazio che invita alla lentezza, alla riflessione, all’approfondimento – tutte esperienze che la frenesia digitale tende a compromettere. Casa Sanlorenzo diventa così un manifesto tangibile della nostra visione: un lusso fatto di tempo dedicato, attenzione al dettaglio, autenticità delle relazioni.
CS: La ricerca è una parola chiave tanto nel vostro approccio all’innovazione nautica quanto nelle scelte artistiche. C’è un metodo Sanlorenzo nella ricerca che accomuna questi due ambiti?
MP: Il nostro metodo di ricerca potrebbe essere definito come “rigoroso ma aperto all’imprevisto”. Che si tratti di sviluppare una nuova linea di yacht o di costruire un progetto culturale, partiamo sempre da un’osservazione attenta del contesto, da un ascolto profondo. Non ci accontentiamo mai delle soluzioni esistenti; ci chiediamo costantemente come potremmo fare meglio, diversamente. Questo atteggiamento richiede una certa umiltà intellettuale, la disponibilità a mettere in discussione le proprie certezze. La sperimentazione è un elemento fondamentale del nostro processo: accettiamo il rischio dell’errore come parte necessaria di ogni vera ricerca. E soprattutto, crediamo nel valore del dialogo interdisciplinare: quando un ingegnere navale si confronta con un artista contemporaneo, quando un designer dialoga con un artigiano, nascono idee che nessuno dei due avrebbe potuto concepire isolatamente. È un metodo che richiede tempo e pazienza, ma che produce risultati di una ricchezza e di una profondità impossibili da ottenere altrimenti.
CS: Nel tuo ruolo di imprenditore-mecenate, quali responsabilità senti nei confronti della comunità culturale e, più in generale, della società?
MP: Avverto profondamente la responsabilità di contribuire al benessere non solo economico ma anche culturale e sociale delle comunità in cui operiamo. Un’impresa contemporanea non può più considerarsi un’entità separata dal contesto che la ospita: è parte integrante di un ecosistema complesso, e deve agire con questa consapevolezza. Per me, questo significa innanzitutto promuovere un modello di impresa che crei valore diffuso, non concentrato. Significa investire nella cultura non come attività collaterale, ma come dimensione costitutiva dell’identità aziendale. Significa anche riconoscere il proprio ruolo nella formazione di un immaginario collettivo: gli oggetti che produciamo, i messaggi che diffondiamo contribuiscono a plasmare la cultura del nostro tempo. È una responsabilità che va ben oltre il rendimento finanziario e che richiede un orizzonte temporale molto più ampio. Credo che oggi un imprenditore debba essere capace di interpretare il proprio tempo con sensibilità e visione critica, anticipando evoluzioni, stimolando riflessioni, contribuendo a un progresso che sia veramente tale, cioè umano oltre che tecnologico.
CS: L’Italia ha una straordinaria tradizione di imprese illuminate che hanno saputo coniugare eccellenza produttiva e visione culturale. Come si inserisce Sanlorenzo in questa narrazione e quale contributo originale intende portare?
MP: Mi riconosco profondamente in quella tradizione italiana di imprenditori che hanno saputo interpretare l’industria come fatto culturale prima ancora che economico. Penso ad Adriano Olivetti, naturalmente, ma anche a figure come Enzo Ferrari, ciascuno nel proprio ambito. Sono imprenditori che hanno capito che l’eccellenza tecnica acquista un valore superiore quando è guidata da una visione culturale forte. Sanlorenzo si inserisce in questa tradizione con umiltà ma anche con la determinazione di portare un contributo originale: dimostrare che anche in un settore come quello nautico, spesso percepito come puramente commerciale o tecnicistico, è possibile fare cultura autentica e rilevante. Il nostro contributo specifico consiste proprio in questa capacità di unire la massima qualità tecnica – quella tipica dell’ingegneria navale italiana – con una riflessione profonda sul significato del lusso contemporaneo, sul rapporto tra uomo e mare, tra tecnologia e natura. È un percorso che affonda le radici nella grande tradizione manifatturiera italiana ma che guarda al futuro con un approccio radicalmente contemporaneo.
CS: Il lusso contemporaneo sembra muoversi verso valori di autenticità, longevità e significato culturale, oltre la pura ostentazione. Come si traduce questa evoluzione nella vostra visione e nella proposta artistica di Sanlorenzo?
MP: Il concetto di lusso sta attraversando una trasformazione profonda, che riflette un più ampio cambiamento culturale. Se nel passato recente il lusso era principalmente un simbolo di status, un’ostentazione di ricchezza, oggi assume una dimensione molto più sofisticata e personale. Il vero lusso contemporaneo risiede nell’autenticità, nella rarità dell’esperienza, nella profondità del significato. È un lusso che parla di consapevolezza piuttosto che di esibizione. In Sanlorenzo, questa evoluzione si traduce in scelte progettuali precise: materiali scelti per la loro qualità intrinseca e non per l’apparenza; linee pulite che resistono alle mode; spazi pensati per essere vissuti intimamente e non solo esibiti. Lo stesso approccio guida le nostre scelte in ambito artistico: cerchiamo collaborazioni che abbiano sostanza, che pongano domande rilevanti, che offrano esperienze significative. Non ci interessa l’arte come decorazione o come investimento finanziario, ma come elemento di un dialogo autentico con il nostro tempo. È un lusso silenzioso, fatto di dettagli e di significati, che richiede tempo e sensibilità per essere pienamente apprezzato.
CS: Guardando al futuro, quali nuove frontiere di ricerca artistica e tecnologica vuoi esplorare attraverso le iniziative di Sanlorenzo Arts?
MP: Il futuro di Sanlorenzo Arts si concentrerà sull’esplorazione di quelle zone di confine dove l’arte, la tecnologia e l’etica ambientale si incontrano in modo fecondo. Non mi interessa inseguire le mode del momento o adottare tecnologie solo perché nuove. Ciò che mi affascina è il potenziale di certe intersezioni disciplinari per generare nuovi modi di pensare e di sentire. Ad esempio, stiamo esplorando come l’arte possa aiutarci a visualizzare e a comprendere la complessità degli ecosistemi marini, o come certe pratiche artistiche possano influenzare il nostro approccio ai materiali sostenibili. Credo fermamente che il futuro appartenga a chi sa creare connessioni significative: tra ambiti diversi del sapere, tra culture differenti, tra sensibilità apparentemente distanti. È in questi spazi interstiziali che nascono le idee veramente innovative. Sanlorenzo Arts continuerà a esplorare questi territori di frontiera con curiosità intellettuale e rispetto per la complessità, cercando sempre di contribuire a un dialogo culturale che vada oltre le mode e le tendenze passeggere.