L’arte al 5%. I pannolini al 10. Il paradosso italiano. di

di 25 Giugno 2025

Nel silenzio delle grandi riforme, è successo qualcosa di significativo: l’IVA sulle opere d’arte in Italia è stata ridotta al 5%. Non solo si tratta dell’aliquota più bassa del nostro sistema fiscale, ma è anche tra le più basse d’Europa. Un risultato concreto, simbolico, ottenuto grazie a una mobilitazione coordinata del sistema dell’arte contemporanea.
Gallerie, associazioni, artisti, e in particolare il gruppo Italics, si sono mossi insieme con consapevolezza e determinazione. Anche in occasione della Arte Fiera di Bologna a febbraio, durante i Flash Art Awards, il tema è stato centrale. È lì che si è toccata con mano la forza di un sistema che, per una volta, si è mosso in modo coeso e credibile. Il segnale è chiaro: l’arte contemporanea è una leva culturale, economica e strategica per il Paese.
Ma mentre celebriamo questo passo avanti, vale la pena osservare il contesto più ampio.
Oggi in Italia:

• Un’opera d’arte ha l’IVA al 5%.
• Un pacco di pannolini ha l’IVA al 10%.
• Il latte per neonati? 10%.
• Gli assorbenti? Sempre 10%.

Un sistema che fiscalmente tutela l’arte più dei bisogni primari dell’infanzia e della cura femminile è un sistema che esprime un paradosso culturale profondo.
Non si tratta di contrapporre una scultura a un pannolino. Ma di riconoscere che le battaglie fiscali sono battaglie culturali. Se abbassare l’IVA sull’arte significa riconoscere il suo valore pubblico, lo stesso principio dovrebbe valere per ciò che è davvero essenziale: la crescita, la salute, l’educazione, la cura.
C’è poi un altro punto da chiarire: l’IVA al 5% è solo un inizio.
Per costruire un sistema dell’arte contemporanea realmente forte e competitivo serve una fiscalità strutturata per la progettualità, non solo per il mercato.
Servono:

• incentivi e detrazioni per gli spazi indipendenti,
• agevolazioni per i centri di ricerca artistica,
• un sistema di sostegno fiscale per musei, fondazioni, residenze, progettualità a lungo termine.

L’arte ha bisogno di luoghi, tempo e visione. Di strumenti fiscali non solo per vendere, ma per produrre pensiero e forma.
Abbiamo vinto una battaglia importante. Ora dobbiamo continuare a combattere per chi non ha voce: per i bambini, per le madri, per chi crea senza garanzie.
Perché se l’arte ci insegna a guardare più lontano, allora il nostro sguardo deve includere anche ciò che sembra ovvio. Come un pannolino. Come un’associazione culturale in provincia. Come una scelta fiscale, apparentemente tecnica, che definisce cosa siamo disposti a proteggere davvero.

Altri articoli di

Cristiano Seganfreddo