Taormina non è solo un luogo. È una soglia. Una linea che separa e unisce mito e presente, natura e rappresentazione. In questa frontiera sospesa del Mediterraneo, Dolce&Gabbana e Mytheresa hanno dato vita a un rito contemporaneo: un gesto che attraversa la moda senza esaurirsi in essa, un’evocazione estetica che si fa coreografia del Sud.
Il cuore di questo racconto è stato il San Domenico Palace. Più che un hotel, un organismo mitico. Ex convento del XIV secolo, oggi rifugio di bellezza assoluta, ha ospitato Oscar Wilde, Greta Garbo, D.H. Lawrence, Sophia Loren, Elizabeth Taylor, Audrey Hepburn. Qui si sono incrociati secoli di desiderio, letteratura, cinema e storia. Qui ancora vibra, come un’eco, l’aura della seconda stagione di The White Lotus, che ne ha rivelato la dimensione onirica e perturbante.
Non è un caso che questo luogo sia stato scelto. Il San Domenico non è solo cornice, è contenuto. È un’estensione fisica e spirituale dell’universo Dolce&Gabbana: stratificato, sensuale, barocco e insieme sospeso. Le pietre del chiostro, i giardini in fiore, le terrazze che si affacciano su un mare eternamente classico, partecipano al racconto. Sono materia viva di una narrazione visiva che si rigenera.
Chi indossa il Sud oggi? E soprattutto: come si abita ancora un immaginario che sembra già tutto raccontato? Dolce&Gabbana risponde non con la nostalgia, ma con la trasfigurazione. Le ceramiche di Caltagirone, le sete di Palermo, i fiori, l’oro, le madonne, le cupole, i fichi d’India, i blu marini e i rossi vulcanici diventano elementi di un nuovo vocabolario sensibile. Non più citazione, ma reincarnazione.
Non è folklore: è memoria estetica. Una memoria che si fa abito, tessuto, corpo. Barthes scriveva che “il vestito non è mai innocente” – in queste collezioni, ogni filo racconta appartenenza, ogni motivo affonda le radici nell’anima di un territorio. Un Sud che diventa forma, linguaggio, struttura.
L’incontro con Mytheresa – che non è solo vetrina digitale, ma piattaforma culturale transnazionale – amplifica questa visione, la rende fluida, la trasporta nello spazio della simultaneità globale. Un Sud che si dissemina, si condivide, si riformula attraverso i confini.
In un tempo in cui le identità si frantumano e ricompongono in tempo reale, Dolce&Gabbana si muove come un cartografo del mito. Rilegge il Mediterraneo come mappa affettiva, dove l’estetica diventa forma di resistenza e desiderio insieme.
Il gesto è potente perché liturgico ma non retorico, rituale ma non ripetitivo. È un ritorno al sacro del quotidiano, alla bellezza che si stratifica e si reinventa. È la prova che si può ancora parlare di territorio, di terra, di origine, senza cadere nella trappola della cartolina.
Siamo dentro la post-tradizione, dove il futuro porta il profumo del passato ma assume una forma completamente nuova. Perché, come scriveva Pasolini, “la tradizione è una continua innovazione” – e questo Sud reinventato ne è la dimostrazione.