INTERVENTION. Curare la moda, abitare il presente di

di 3 Luglio 2025

INTERVENTION non è un format, è un gesto curatoriale. Un’azione culturale che trasforma la moda in piattaforma e Berlino in dispositivo critico. In questa intervista, Mumi Haiati racconta come INTERVENTION si muove tra arte, istituzioni e visione strategica, attivando una nuova ecologia della fashion week. Qui, la sfilata è solo un pretesto: il vero show è la costruzione del senso.

Cristiano Seganfreddo: INTERVENTION non è semplicemente una sfilata — è una piattaforma curatoriale. Come definiresti il tuo approccio curatoriale attraverso questo progetto?
Mumi Haiati: INTERVENTION è una sequenza di sfilate curate, dove ciò che conta davvero è la selezione dei designer. Il progetto è nato all’inizio del 2024 con brand berlinesi dal respiro globale — molti dei quali non avevano mai sfilato nella loro città d’origine. Oggi, con nomi come David Koma e Mowalola in programma, la piattaforma ha ampliato il proprio raggio d’azione, pur rimanendo ancorata a una logica curatoriale precisa. La domanda è sempre la stessa: questo designer porta valore a Berlino? E Berlino, a sua volta, valorizza questo designer? La creatività viene prima di tutto — e Berlino riceve finalmente il credito che merita.

CS: Che ruolo gioca Berlino in questa quarta edizione? È ancora una città “alternativa” o sta cercando una nuova identità internazionale?
MH: Forse è entrambe le cose. O nessuna delle due. Berlino conserva ancora l’eredità di uno spirito libero, creativo, fuori da ogni schema. Storicamente è sempre stata una città di possibilità, che ha attratto generazioni di giovani da tutto il mondo. Quell’energia oggi può sembrare un ricordo nostalgico o uno slogan pubblicitario, ma INTERVENTION dimostra che è ancora viva — e che quello spirito “alternativo” può avere un valore anche commerciale. Berlino è ancora uno spazio di sperimentazione. E, spesso, le sperimentazioni funzionano.

CS: Cosa significa oggi per te “intervenire” in un sistema culturale come quello della moda? Cosa desideri scardinare o trasformare?
MH: Il sistema, così com’è, non funziona più. INTERVENTION è un tentativo concreto di proporre nuove strutture — creative, produttive, economiche. Non si tratta solo di critica, ma di costruzione di alternative reali, praticabili, credibili.

CS: La scelta dei luoghi è sempre forte e simbolica. Cosa rappresenta per voi il Palais am Funkturm? E P100 in Potsdamer Straße?
MH: Il Palais am Funkturm è un luogo carico di contraddizioni: in parte costruito negli anni ’30, in parte negli anni ’50. Un’architettura che connette fisicamente due momenti storici opposti — uno oscuro, uno più leggero. Quella complessità è ancora presente, e il nostro lavoro lì serve proprio ad aggiungere contesto e prospettiva. P100, il nostro spazio in Potsdamer Straße, è inserito in una rete di gallerie e istituzioni d’avanguardia. È un centro culturale e commerciale dove ospitiamo mostre, pop-up e lanci — come il libro per l’anniversario di Supreme, le fragranze in edizione limitata di Reference Times con Bjarne Melgaard, o The Opioid Crisis Lookbook. È anche uno spazio per artisti sconosciuti, fuori dal mercato. In questa stagione, ospita il pop-up esperienziale di Mowalola.

CS: Ottolinger, David Koma, GmbH — qual è la logica curatoriale che guida queste scelte? Come bilanciate sperimentazione e visibilità?
MH: David Koma è significativo perché, pur non essendo di Berlino, ha una visione che qui risuona forte. Il suo primo show menswear parla direttamente al pubblico edonista e notturno della città. GmbH torna per la terza volta, e ne siamo fieri. Ottolinger presenterà una pre-collezione a Berlino, pur continuando a sfilare a Parigi.
La logica resta sempre la stessa: il designer contribuisce a raccontare Berlino? E il contesto berlinese riesce a rafforzare l’identità del brand? Deve esserci un valore reciproco. Solo così si costruisce rilevanza culturale ed economica, duratura, sia per il brand che per la città. Ringraziamo per questo anche il sostegno del Senato per gli Affari Economici, l’Energia e le Imprese Pubbliche, e la fiducia che il Segretario di Stato Michael Biel ha riposto nel nostro lavoro.

CS: Molti progetti di questa edizione hanno una componente immersiva e performativa. Che ruolo ha per voi l’esperienza del pubblico?
MH: L’esperienza è tutto. La moda ha bisogno di tensione, di emozione, di racconto. Dall’inizio del Reference Festival, abbiamo sempre creato momenti narrativi e immersivi che restano nella memoria. La prossima edizione si terrà per la prima volta a Parigi.
Per noi, comunicazione, produzione culturale e visione curatoriale non sono compartimenti stagni — funzionano in sincrono. Ed è proprio questa integrazione a definire il nostro linguaggio.

CS: Reference Studios è un’agenzia, ma anche una visione culturale. Come mantenete coerenza tra il lavoro commerciale e l’intenzione curatoriale?
MH: La visione è presente in ogni progetto. È questo che la rende sostenibile. Se è credibile, si traduce ovunque. Reference non è solo un’agenzia: è un incubatore culturale. INTERVENTION funziona allo stesso modo. In entrambi i casi, l’obiettivo è generare valore strategico e durevole — per i designer, per il sistema, per le fashion week. Che si tratti di Berlino, Milano o Parigi, il nostro compito è farle funzionare localmente e globalmente.

CS: Che tipo di conversazione volete attivare tra moda, arte e istituzioni attraverso INTERVENTION?
MH: Non forziamo mai le collaborazioni. Devono avere un senso. Quando invitiamo artisti o istituzioni, è perché c’è una reale sinergia. Ognuno porta qualcosa di unico, e quando accade la connessione, nasce qualcosa di davvero nuovo. Anche questa è una forma di intervento: non solo rompere i sistemi esistenti, ma costruirne di nuovi.

CS: Avete costruito una rete tra Berlino, Milano e Parigi. Come dialogano queste città nel vostro lavoro? E qual è il prossimo passo?
MH: Reference nasce a Berlino, e quell’energia — irregolare, istintiva, radicale — è presente in tutto ciò che facciamo. Milano e Parigi portano altri codici, che attraversiamo e interpretiamo.
Collaboriamo stabilmente con istituzioni come Schinkel Pavillon, Bourse de Commerce, Fondazione Sozzani. Abbiamo appena aperto l’ufficio di Parigi, e la nostra presenza in Europa cresce rapidamente. Guardiamo anche agli Stati Uniti e al Medio Oriente — due aree stimolanti, in particolare quest’ultima, che oggi rappresenta un mercato in forte espansione per cultura, retail e talenti.

CS: Come immagini il futuro di INTERVENTION? Nuove città, nuovi formati? Come si mantiene viva e urgente una piattaforma così visibile?
MH: INTERVENTION si trasforma per natura. Solo in questa stagione, presentiamo tre designer che non avevano mai sfilato a Berlino. I formati si evolvono — dalla passerella tradizionale a ibridi performativi e pop-up immersivi.
Il nostro obiettivo è rendere INTERVENTION un formato globale. Può viaggiare, come l’energia che lo sostiene. È così che restiamo rilevanti: continuando a costruire mondi, elevando potenziali, dando nuova energia alle fashion week ovunque andiamo.

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