In occasione della mostra personale di G. Küng “Car Rubbings on Red”” presso la galleria le vite, Flash Art Italia propone il testo critico di Cassandra Seltman che accompagna il percorso espositivo.
Il primo uso documentato della parola automaton appare nell’Iliade di Omero, quando Era lascia l’Olimpo per intervenire direttamente nella guerra dei mortali: “allora, Era frustò i cavalli, e i Cancelli del Cielo da sé stessi (αὐτόμαται) gemettero aprendosi sui cardini…” (5.749–750). La parola emerge per descrivere una soglia che si apre da sola tra i mondi, in un momento di crisi crescente. Spesso tradotto come “che si muove da sé”, il termine è arrivato a connotare una macchina che opera di e per sé stessa—una macchina che è la sua stessa causa.
L’automaton si ripete. Questa è la dimensione conservativa dell’inconscio, che mira a ritornare allo stesso attraverso percorsi più o meno tortuosi. La psiche cerca passaggi familiari—sentieri ben battuti diventano strade lastricate che diventano autostrade—per tornare alla traccia dell’incidente. L’altra faccia di questa ripetizione è la tuchē, l’incontro imprevedibile, casuale. La discesa di Era porta la firma di entrambi: i cancelli meccanici che si aprono a ogni partenza di un dio e la singolare interruzione che sta per innescare nella sua guerra per procura quaggiù.
Se l’automaton inizia a muoversi da solo, cosa può fermarlo? Un incidente promette che la velocità incontrerà la sua controforza e l’impatto richiederà un cambiamento. Un incidente porta con sé la fantasia di cadere verso un nuovo ordine mondiale. Fornendo una nuova causa materiale per la ripetizione, l’incidente è il caso che diventa destino che diventa di nuovo caso, e così via. Il nuovo ordine mondiale ruota attorno al suo incidente originario finché non diventa automatico di per sé, intensificandosi fino a un punto d’insostenibilità che genera una nuova catastrofe.
La tuchē è lo strappo nel tessuto dove si troverebbe lo specchietto laterale. Il campo di riflessione dello specchio confina con l’angolo cieco, il famoso luogo di nascita dell’incidente. La tecnica del frottage opera in questo luogo, la striscia paranoica in cui la periferia diventa lapsus. Come adottato dai surrealisti, il metodo evoca l’automatismo per creare le condizioni di uno scivolamento inevitabile, che rivela un motivo interno e un limite dell’automatismo. La rottura nel tessuto segna lo shock della discontinuità non solo nella materia ma nella tecnica—la ripetizione dello strofinamento è interrotta quando lo strappo viene fatto su misura, ‘a mano’.
La stoffa rossa della bandiera rossa ci segnala di rallentare o accelerare? La vita contemporanea appare come un mare di bandiere rosse, che avvertono di una catastrofe imminente. Lungi dal dissuaderci, carichiamo in avanti, accelerando come un toro di fronte alla muleta del matador. Gli “accelerazionisti” si chiamano così per questa carica. La bandiera rossa è quindi meno un avvertimento che una traccia svuotata di incidenti precedenti, un segno enigmatico che può essere letto in entrambe le direzioni. Se l’automobile è diventata l’emblema del desiderio moderno di libertà, velocità e individuazione, allora l’incidente ne rivela l’altra faccia—il desiderio di stasi completa, di contatto assoluto, di una collisione in cui entrambe le parti vengono sommate: ‘totalizzate’.
L’avvertimento dice che ciò che non ricordiamo, lo ripetiamo. Ma come ricordiamo, e cosa ha a che fare con i nostri mezzi di registrazione? Freud usò un giocattolo per bambini chiamato il Taccuino Magico come modello per la percezione e la memoria. Il Wunderblock consisteva in una lastra di resina scura con carta cerata e celluloide sopra. Quando premuto con uno stilo, la carta entrava in contatto con la lastra, e la scrittura appariva. Quando la celluloide veniva sollevata e il contatto interrotto, la superficie era di nuovo pronta a ricevere nuove impressioni. La traccia della scrittura precedente rimane come solchi sulla lastra, anche se non può essere riportata in superficie. Freud scrive, “…una volta che la scrittura è stata cancellata il Taccuino Magico non può ‘riprodurla’ dall’interno; sarebbe davvero un taccuino mistico se, come la nostra memoria, potesse compiere ciò.” Oggi, il taccuino veramente mistico di Freud è diventato l’iPad, che ora opera attraverso un nuovo automaton che chiamiamo AI. Separando il testo dalla texture, questo tablet offre una capacità apparentemente illimitata di registrare, richiamare e generare. Questo solleva una serie di interrogativi riguardo alla memoria e all’iscrizione, alla ripetizione e all’incidente. Cosa la registrazione abbia a che fare con il ricordo è tutt’altro che chiaro, specialmente il ricordo nel senso platonico dell’apprendimento. Non sappiamo a che punto l’iscrivere tutto diventa l’iscrivere nulla, se, proprio come una superficie limitata, l’atto di iscrizione continuamente rischi ancora di oscurare la traccia stessa che cerca di preservare. Stiamo appena iniziando a vedere che tipo di incidenti l’AI inventa—l’allucinazione è un incidente condiviso sia dall’AI che dalla coscienza.
Ci sono momenti in cui ci rendiamo conto di quanto siamo sopraffatti dall’automatico. Ci diciamo di “fermarmarlo” ed “esso” non si ferma. A volte un disastro si sta preparando, con la sua minaccia e la sua promessa di cambiamento. Arriva sempre un giorno in cui siamo costretti a chiederci: cosa è possibile e cosa è destino? Come possiamo aprire uno spazio per qualcos’altro? Può essere sia un orrore che un sollievo ricordare che la soglia si apre da sola.




