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PROSPETTIVE

22 Maggio 2025, 10:32 am CET

L’inganno della mosca. Sulla scrittura. Recenti immissioni editoriali e seducenti bibliografie in divenire di Manuela Pacella

di Manuela Pacella 22 Maggio 2025

Dicesi che stando Giotto ancor giovinetto con Cimabue, dipinse una volta, in sul naso d’una figura che esso Cimabue avea fatta, una mosca tanto naturale, che tornando il maestro per seguitare il lavoro, si rimise più d’una volta a cacciarla con mano, pensando che fusse vera, prima che s’accorgesse dell’errore.
Giorgio Vasari, Le vite, 15681.

“The Year in Review” di Artforum ha introdotto nel 2024 la sezione “The Critics’ Critics”2, un’operazione che ha da subito sollecitato una serie di riflessioni che credo sia doveroso qui riportare. La prima è quella di un riscontro con una sezione apparentemente nuova di e-flux, denominata “Criticism”3. Non lo è affatto sia perché l’editoriale che ne annunciò l’inizio risale a due anni fa sia perché si tratta dello stesso team redazionale e autoriale del ‘vecchio’ art-agenda. La differenza sta nell’espandere lo sguardo critico ad altre discipline quali la letteratura e il cinema. “The Critics’s Critics”, senza enunciarlo, fa lo stesso. Bisogna leggere l’intero testo composto dai diversi contributi, per capirlo. Grazie a brevi biografie in chiusura a ognuno dei piccoli testi firmati da quindici penne, scopriamo che provengono da ambiti disciplinari molto variegati. Grazie a questa ampia lente di osservazione, la selezione ricade su un altrettanto diversificato spettro di indagine, non solo per gli argomenti trattati dai testi critici selezionati (da architettura a pittura, dal cinema all’evoluzione dei media, dall’importanza del pensiero critico in tempi di guerra a narrativa sino a eventi espositivi) ma per i contesti mediatici in cui questa teoria critica selezionata viene veicolata: periodici e libri, sì, ma anche podcast e blog.

Se per molti queste mie brevi note non dicono nulla di nuovo, a me rivelano alcune verità. Prima di tutto la mia lampante miopia. Ho infatti dato per scontato, appena letto il titolo di questa nuova sezione di Artforum, che i soggetti in questione avrebbero preso in analisi testi di critica d’arte, ritrovandomi sorpresa a notare una naturalità, che io non ho, di selezionare da luoghi che forse non avrei considerato. Diciamocelo, se mi avessero chiesto di scrivere su uno o due testi di critica che nell’ultimo anno mi hanno colpito, mi sarei mossa tra off e online, prediligendo di certo la carta e poi, nel web, mi sarei direzionata verso consolidate certezze. La mia è una formazione storico-artistica di un certo tipo, che non può che derivare anche da un regionalismo proprio dell’Italia, per cui ben mi inscrivo in una traiettoria, quella romana, quella venturiana e arganiana quindi, avendo studiato con gli allievi di certi colossi, a loro volta colossali. E se da una parte mi sento orgogliosa nel dire che sono nata quando Argan era sindaco di Roma e che per me è in fondo impossibile scindere storia da critica, dall’altra ne pago le conseguenze spesso, sentendomi schiacciata dal troppo che dovrei sapere per potermi sentire minimamente autorizzata a parlarne, figuriamoci a scriverne.

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Libri consultati per questo testo, tutti pubblicati nel 2024.
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Emanuele Guidi (a cura di), Henry Martin: An Active Ear. Selected Writings, Conversations and Correspondences. Copertina.
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Emanuele Guidi (a cura di), Henry Martin: An Active Ear. Selected Writings, Conversations and Correspondences. Copertina.
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Emanuele Guidi (a cura di), Henry Martin: An Active Ear. Selected Writings, Conversations and Correspondences. Interno.
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Emanuele De Donno e Amedeo Martegani (a cura di), Costruzione dell’Universo. Artists’ Magazines and Publications After Marcel Duchamp, a+m bookstore e VIAINDUSTRIAE, 2024. Copertina.
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Emanuele De Donno e Amedeo Martegani (a cura di), Costruzione dell’Universo. Artists’ Magazines and Publications After Marcel Duchamp, a+m bookstore e VIAINDUSTRIAE, 2024. Interno.

In questa spesso frustrante consapevolezza autocritica, ho cominciato a coltivare un piccolo seme che mi ha dato la possibilità di ripartire da un vuoto o, meglio, da una questione irrisolta che credo sia sempre stata presente, anche se offuscata da tutto il resto. Se tolgo la nebbia vedo un ricordo specifico: l’immagine della bacheca di “Critica d’arte” che si trovava sulla parete sinistra accanto alla porta principale d’entrata del Dipartimento di Storia dell’arte a La Sapienza. Nell’incertezza di un’adolescente che deve decidere, nonostante fosse chiaro che dovevo andare ‘verso l’arte’, molti erano i dubbi e le paure genitoriali verso ciò che una come me poteva fare. Ci fu bisogno di una indagine sul campo, una camminata mirata che oggi ricordo aver fatto accompagnata da mia sorella (che belle sorprese sono i ricordi quando arrivano meno selettivi). Dopo aver completamente escluso il dipartimento di Archeologia che era di fronte a quello di Storia dell’arte per motivazioni molto chiare dentro di me, quella bacheca dalla cornice di legno, accanto alla porta del dipartimento, con un foglio puntinato che reggeva la scritta ‘Critica d’arte’, mi chiarì tutto. Interessante oggi notare la presenza marginale di quella materia rispetto al resto delle bacheche che erano poste dentro il dipartimento e, ancor di più, lo è il lampante rimosso di quel ricordo di cui mi rendo conto mentre scrivo. Ho di base cancellato una porzione da quella dicitura, ossia “Storia della…”. Il fondante corso di Storia della critica d’arte ovviamente esiste ancora ma, almeno all’epoca, so di averne sofferto il suo ancoraggio solo storico. In ben altre cattedre ho potuto sviluppare uno sguardo e una metodologia critica nonché la scrittura e solo molti anni dopo un mio professore, con la sua vivacità di sguardo, mi fece capire come fosse l’atto critico dello scrivere a far pulsare maggiormente il mio cuore4.

Dopo questa digressione personale, ci tengo a puntualizzare che non rinnego la mia formazione e, per quanto io mi dedichi all’offuscamento dei confini tra vari generi testuali, da me non vedranno mai la luce testi in cui le fonti non siano dichiarate e in cui non abbia dato il massimo, seppur nei limiti a volte temporali e fisici, in una precedente fase di ricerca e studio. Solo così, credo, è possibile poter smussare i confini di una scrittura troppo accademica (intendendo con questa dire filologica e fine a se stessa, con un bacino di diffusione molto ristretto) e arrendersi all’atto (concedetemelo) magico dello scrivere. Leggere ponendosi davvero in ascolto determina una prima disamina critica, un osservare noi stessi di fronte a nuove nozioni che aprono nuovi capitoli, confermano ricerche e pensieri altri, e ci conducono a scoprire di continuo nuove realtà. Se la semplice lettura di “Critics’ Critics” mi ha fatto scoprire l’elasticità che alcuni colleghi hanno, tanto da farmi derivare e perdere in operazioni come il media channel New Models di Caroline Busta5, la vastità di sguardo è in fondo la stessa adottata nel mio progetto Tell me stories!6 dove le autrici hanno differenti formazioni (storia dell’arte, pittura, poesia). Qui le criticità maggiori le ho riscontrate, infatti, proprio tra coloro che come me hanno ‘sofferto’ di una matrice accademica italiana ed è stato bello poter essere testimone di una progressiva e avvenuta libertà nei loro stessi testi.

Interrogata sulla scrittura nell’arte in Italia oggi, do quindi ora delle risposte basate su osservazioni del presente e su una bibliografia recente. Tra le mie considerazioni, assai poco verificabili al momento, serpeggia silenziosa la costatazione di una piccola, recente, deviazione di indirizzo, non solo tra i più giovani. Vedo una maggiore attenzione al tempo pacato della ricerca che inevitabilmente porta a una diversa ossatura dei progetti che, seppur curatoriali, si allontanano dall’exhibition making puro. Vuoi grazie – e finalmente – al sostegno dell’Italian Council che dal 2019 include anche progetti editoriali e, dal 2020, borse di studio; vuoi – e, anche qui, finalmente – all’attivazione nel 2024 di dottorati di ricerca presso tutti gli istituti AFAM, orientati a progetti interdisciplinari e sul campo. Sta di fatto che mi sembra ci sia odore di lentezza (questo sì, verificabile) per coltivare qualcosa che abbia aderenza al reale e un passo temporale differente. Potete quindi ben comprendere come la frase conclusiva e perentoria “la figura del critico è stata sostituita da quella del curatore” del primo paragrafo della sinossi in bandella del progetto editoriale di Vincenzo Trione, Armi improprie, unita al sottotitolo del libro, Lo stato della critica d’arte in Italia, abbia avuto un primo effetto di scuotermi fisicamente. Il sobbalzo è stato causato dall’aver superficialmente ed erroneamente ritenuto questo libro un’analisi dello stato attuale. Il presente è di base costituito dalle tante firme che lo compongono ma l’intento è di tipo storico e si riferisce al XX secolo. Questo libro, e il relativo convegno online7, ha fatto emergere alcuni punti nodali. Condivido pienamente la volontà da parte di Trione di ritornare alle origini, a Vasari, come anche a Baudelaire il cui “esercizio politico, parziale e appassionato” diventa quasi un motto talmente ricorre in molti punti dei suoi testi8. Condivido anche tutto il dibattito (avvenuto al convegno; il libro in qualche modo lo fa scaturire interiormente nel lettore e non a caso proprio in riferimento al testo di Riccardo Venturi che durante il seminario ha fatto emergere questa questione) circa l’insularità di certi autori e libri che hanno fatto la nostra storia dell’arte, visto che molti non sono tradotti in altre lingue.

Questo determina un’ulteriore osservazione che spero si depositi come positiva in chi mi legge. Se è vero che l’Italian Council promuove progetti nostrani all’estero ritengo non sia l’unico modo per uscire fuori da questa agonizzante e perenne tendenza all’autocolonialismo9 culturale. Prendendo atto della nostra lingua come marginale, bisognerebbe anche fare l’inverso, sia portando l’eccellenza teorica in Italia attraverso la traduzione, creando quindi un fertile terreno di scambio e successivo afflato creativo (cosa che è sempre stata fatta e in tempi recenti il mondo dell’arte ne ha visti di importantissimi di questi progetti editoriali virtuosi10), sia però facendo conoscere noi a loro. Per portare noi fuori non basta far mostre o libri, bisogna creare prima le premesse affinché la scintilla si crei11 e lo si potrebbe fare, per esempio, commissionando alla teoria estera studi e affondi sul meglio della cultura contemporanea italiana (e, quindi, cogliendo l’occasione, traducendo per loro contestualmente) e, magari (dico, giusto, magari!), facendo anche conoscere le nostre firme fuori, cosa che purtroppo anche le più giovani riviste di settore fanno assai poco, soprattutto sul cartaceo.

Se dovessi oggi riordinare uno dei miei scaffali di libri per dedicarlo alla critica d’arte di certo un posto centrale, da cui diramare altri titoli e costruire possibili future bibliografie, lo occuperebbe Henry Martin: An Active Ear. Selected Writings, Conversations and Correspondences, voluto da Emanuele Guidi a seguito del suo incontro con la poliedrica figura di Martin, avvenuto nel 2018, scaturito dapprima in una mostra presso l’ar/ge kunst di Bolzano12 e ora in questa pubblicazione, finanziata, appunto, dall’Italian Council13. Al di là di una veste grafica sublime (il design è di Helen Stelthove), questo progetto editoriale porta a galla moltissime riflessioni. Anche solo sfogliando il libro si comprende come dietro ci sia una solida ricerca accademica poi volutamente scardinata nella selezione dei testi di Martin ripubblicati. Questi infatti non sono disposti in ordine cronologico ma piuttosto sottolineano vicende biografiche e un’attività intensa e diversificata. Ponendo una distanza fisica tra sé e il sistema dell’arte (l’autore arrivò in Italia da New York nel 1965 per ricoprire una cattedra all’Università Bocconi di Milano che lasciò poi nel 1969 e, tra il 1971 e il 1972, si ritirò in Sud Tirolo) e, allo stesso tempo, coltivando una prossimità concreta attraverso amicizie e sensibilità rare con artisti italiani quali Gianfranco Baruchello e Michelangelo Pistoletto (fu performer ne Lo Zoo), Martin agì da mediatore culturale con testi sull’arte italiana per testate quali Studio International e traduzioni (anche dal vivo: il 13 maggio 1984 tradusse l’azione Difesa della Natura di Joseph Beuys a Bolognano), non solo relative al mondo delle arti visive (tradusse anche autori quali Giorgio Manganelli e Anna Maria Ortese). La selezione di Guidi dei testi di Martin, dopo la lettura del suo ampio saggio, scuote per la delicatezza con cui sono a noi oggi riproposti ed è seguita da altri testi i cui autori sono stati selezionati per dar luce ad alcuni aspetti (come la traduzione, a firma di Allison Grimaldi Donahue) e per far conoscere a nuove generazioni l’importanza del suo contributo. E come lo si fa? ‘Obbligando’ allo studio, appunto. Dirigendo la commissione e fertilizzando terreni divenuti aridi con un semplice cambio prospettico.

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Cut-up realizzato con tutti i testi contenuti in Tell me stories! per la presentazione del libro (Fondazione Giuliani, Roma, 18 dicembre 2024).
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Cut-up realizzato con tutti i testi contenuti in Tell me stories! per la presentazione del libro (Fondazione Giuliani, Roma, 18 dicembre 2024).
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Home page di NEW MODELS.
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Home page di Meta-Archive.
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Il primo numero di Bit. Arte oggi in Italia (marzo 1967) in Meta-Archive.

Accanto all’orecchio attivo che fu Martin porrei accanto un’altra uscita dello scorso anno, Costruzione dell’Universo. Artists’ Magazines and Publications After Marcel Duchamp, derivata da una mostra al CIAC di Foligno e arricchita da un sito. Mostra e sito sono a cura di a+m bookstore mentre il libro, edito da a+m bookstore e VIAINDUSTRIAE, è a cura di Emanuele De Donno e Amedeo Martegani14. Un oggetto semplice e complesso allo stesso tempo, ovviamente un prodotto editoriale, anche qui, assai ben concepito. Se a prima vista sembra essere prevalentemente un saggio visivo, gli otto temi in cui è suddiviso racchiudono qualcosa a me molto caro. I titoli tematici sono accompagnati da brevissime introduzioni a cui seguono due pagine di puro cut-up15. La selezione dei testi citati, assieme a quella delle riviste inserite in ogni tema (e loro riproduzione) attiva moltissime traiettorie di senso. Nasce, insieme all’importanza del dire per frammenti altrui, la voglia collezionistica di possedere molte delle riviste incluse, una tra tutte: i nove numeri della bilingue Bit. Arte oggi in Italia del 1967-68. A questo libro affiancherei, se potessi perché purtroppo già esaurito, quello di Dafne Boggeri dedicato alle fanzine italiane, Out Of The Grid. Italian Zines 1978-2006, realizzato a seguito di un lavoro di ricerca e catalogazione (finanziato da Italian Council e pubblicato nel 2023 da Les Presses du Réel) e, ipoteticamente perché non esistente, il catalogo della mostra molto visitata all’American Academy in Rome, Artists Making Books: Pages of Refuge16.

Per tornare alla scrittura e per spiegarvi, concludendo, il perché del titolo e della citazione vasariana in epigrafe, vi suggerisco di prendere un bel respiro prima di leggere la seguente citazione:

Critico ascoltato ma solitario, lontano sia dal filologismo del metodo storico sia da un preciso indirizzo di estetica sistemica, pur operando in pieno crocianesimo, predilesse il colloquio diretto con i testi17.

Si tratta di una frase estrapolata dalla biografia sullo storico e critico letterario italiano Attilio Momigliano, tra gli autori coinvolti in quell’architettura magnifica e complessa che fu l’Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti (35 volumi, 1929-1937). Quel suo essere “ascoltato ma solitario” e la sua predilezione al “colloquio diretto con i testi” riecheggiano dentro di me da mesi. Il motivo risiede in un lavoro svolto nella fase più calda della scorsa estate, parallelamente alla correzione degli impaginati di Tell me stories!. Si è trattato di contribuire in minima parte all’aggiornamento delle biografie Treccani per l’XI Appendice. Per farlo, abbiamo dovuto fare molta ricerca sui lemmi biografici a noi affidati; purtroppo lo spazio ristretto di battute disponibile ha permesso poca manovra di restituzione ariosa di figure così importanti, che hanno fatto la nostra storia. Mi colpì come molti nomi, compreso Attilio Momigliano a cui mi sono affezionata, siano oggi spesso dimenticati. Mi scosse leggere di vite così piene, senza respiro, tra plurime lauree, perfezionamenti all’estero, libere docenze in licei di tante province, carriere universitarie in diverse città, spedizioni in luoghi remoti, impressionanti imprese di salvataggio di opere d’arte, perdite di figli in terremoti ma continua, incessante ricerca, nonostante, spesso, il dover immigrare e nascondersi per la promulgazione delle leggi razziali. Infine, sorprende, l’aiuto stesso di Giovanni Gentile a molte figure divenute scomode. Un’idea enciclopedica non basata sul nozionismo e sull’anonimato ma su originalità, metodo scientifico, varietà massima dei collaboratori per garantire ricchezza e imparzialità. Una classe culturale “la quale s’incontra e s’intende, in un dato tempo, sullo stesso terreno, in una comune vita intellettuale e morale”18. E all’ombra lunga, centennale, di questa opera mi sento di dover dire che le imprese che lasciano una traccia sono quelle fatte con pazienza e onestà, che ammettono l’errore e la perdita, dichiarano l’origine e includono, sempre e davvero, l’altro verso cui è diretto il lavoro e che ha diritto di ‘sentire’ la nostra voce. Al lettore va concessa la possibilità dell’abisso.

Il mio auspicio è sì un ritorno alle origini, a quelle Vite vasariane così colme di fatti (e di slanci) ma, includendo tanto altro (a partire da Baudelaire), permetto a Vasari il vezzo di usare un aneddoto non riscontrabile da fonti per sublimarci di senso simbolico. In molti capiscono cosa intende dire con l’inganno della mosca che titola questo testo19. Non stiamo a scagliarci circa la sua inattendibilità, non è davvero più necessario. Io ne riscatto il potere e ne dichiaro la sua funzione di attivatore di vertigini. Il movimento è contrario a quello di fine anni sessanta e, quindi, spostiamoci ancora una volta e, questa volta: dall’uso del tempo passato al presente, da passivo ad attivo, dalla terza persona alla prima20. È questa la mia scrittura.

1.Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori, et architettori, ed. Giuntina, 1568, vol. 2, p. 121.

2.AA.VV., “The Best Of. The Critics’ Critics”, in Artforum, December 2024, vol. 63, No. 4. https://www.artforum.com/lists/the-critics-critics-2024/. Ultimo accesso: 08.01.2025.

3.e-flux editors, “A new chapter”, in e-flux, 6 gennaio 2023. https://www.e-flux.com/criticism/511580/a-new-chapter. Ultimo accesso: 08.01.2025.

4.Mi riferisco, con vivacità di sguardo, a Enrico Crispolti e al suo sguardo così incredibilmente vorace e appassionato che è stato la più importante lezione di sempre. Con questo titolo dedicai il mio intervento all’interno di La curatela come atto critico. Pratiche e scelte di metodo dopo la formazione alla Scuola di Specializzazione di Siena, 31 ottobre 2019, MAD Murate Art District, Firenze.

5.Caroline Busta è cofondatrice di New Models definito, nell’about del sito: NEW MODELS is a media channel and community addressing the emergent effects of networked technology on culture. Est. 2018, Berlin. https://www.newmodels.io/. Ultimo accesso: 08.01.2025.

6.Tell me stories! è il titolo della rubrica sulla scrittura da me curata per l’online di Flash Art Italia dal 2020 al 2024. I diversi contributi sono stati riuniti in un libro (Politi Seganfreddo edizioni, 2024).

7.Armi improprie. Lo stato della critica d’arte in Italia. Convegno a cura di Vincenzo Trione tenutosi il 27 e 28 aprile 2023 presso la IULM di Milano con ospiti invitati e interventi a seguito di open call. Visibile sul canale YouTube di IULM Università a cui segue, nel 2024 con alcune aggiunte, la relativa pubblicazione dallo stesso titolo per i tipi di Johan & Levi Editore.

8.V. Trione cita questa frase di Baudelaire tratta da A che serve la critica? del 1846 sia in Armi improprie (convegno e libro) sia nel volume per Treccani libri, Arte. Giulio Carlo Argan, pubblicato nel 2024.

9.Lea Vergine è tra coloro che denunciano il vizio italiano dell’autocolonialismo. Si veda il saggio relativo alla figura di Vergine a firma di Valentina Bartalesi in Armi improprie, op. cit., p.  238.

10.A titolo di esempio si può annoverare la collana Not, NERO on theory, di NERO editions, che ha inaugurato nel 2018 con l’epocale testo di Mark Fisher, Capitalist Realism (Zero Books, 2009) tradotto in italiano da Valerio Mattioli.

11.Proprio su questo aspetto, ossia sul creare una direzione d’interesse, interviene Laura Iamurri durante il convegno sopra citato facendo l’esempio delle traduzioni di Autoritratto di Carla Lonzi (1969) in francese da Marie-Ange Maire-Vigueur nel 2012 per jrp|ringier (a cura di Giovanna Zapperi) e in inglese nel 2021 da Allison Grimaldi Donahue, per i tipi di Divided Press.

12.“Correspondences: About Henry Martin”, a cura di Emanuele Guidi, ar/ge kunst, Bolzano, 18 novembre 2022 – 4 febbraio 2023.

13.Emanuele Guidi (a cura di), Henry Martin: An Active Ear. Selected Writings, Conversations and Correspondences, Archive der Avantgarden – Egidio Marzona, Spector Books, 2024. Progetto editoriale a cura di Staatliche Kunstsammlungen Dresden, Archiv der Avantgarden – Egidio Marzona, Emanuele Guidi, Rudolf Fischer, in collaborazione con Friederike Fast e Clemens Ottenhausen.

14.Emanuele De Donno e Amedeo Martegani (a cura di), Costruzione dell’Universo. Artists’ Magazines and Publications After Marcel Duchamp, a+m bookstore e VIAINDUSTRIAE, 2024. Il sito, legato alla mostra, è Meta-Archive: https://www.meta-archive.com/. Ultimo accesso: 08.01.2025.

15.Per la presentazione di Tell me stories! a Roma (Fondazione Giuliani, 18 dicembre 2024) ho creato e letto un cut-up con estratti da ciascuno dei testi presenti nel libro (compresa la prefazione di Daniela Cascella e la postfazione di Leonardo Bentini) per creare un coro di voci in grado di suggerire il senso dell’operazione e del tipo di scrittura contenuta nel libro (si veda la riproduzione fronte retro del documento tra gli apparati iconografici di questo testo).

16.Mostra a cura di Ilaria Puri Purini con Sebastian Hierl, Lexi Eberspacher e Johanne Affricot, tenutasi dal 27 settembre al 7 dicembre 2024 nella AAR Gallery e Rare Book Room.

17.Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti. XI Appendice, 3° vol., Treccani 100. 1925-2025. La nostra storia, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2024, p. 592.

18.Dalla Prefazione del 1929, non firmata, di Giovanni Gentile, ripubblicata, insieme a quella di Gaetano De Sanctis per la II Appendice del 1948, nell’attuale 3° volume della XI Appendice. Ivi, p. 6.

19.Inizialmente il titolo doveva essere La mosca di Giotto o simili. Non mi convinceva e, navigando sul tema, ho trovato un sito in cui la vicenda era introdotta da questa titolazione, che mi ha stregata. Ne riporto la fonte: Tiziana Iannuzzi, “Giotto, 7 cose che non tutti conoscono”, in Libreriamo, 8 gennaio 2016. https://libreriamo.it/arte/giotto-7-cose-che-non-tutti-conoscono/. Ultimo accesso: 08.01.2025.

20.Frase derivata dal ribaltamento di una citazione in Gianpaolo Cacciottolo, Traiettorie italiane. Critica d’arte, curatela e identità nazionale, Postmedia Books, 2024, p. 98.

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