Pubblicato originariamente in Flash Art Italia no. 303, Giugno 2012.
A partire dagli anni Sessanta, scegliendo la costante originalità e il rinnovo permanente lontano dagli stereotipi e dai marchi di fabbrica, Nanda Vigo ha influenzato molti artisti e designer delle generazioni successive con l’esemplarità del suo lavoro. All’applicazione sistematica di formule di successo ha sempre privilegiato la sperimentazione, estendendo la sua curiosità a una ricerca profonda che, per il suo approccio e le sue radicali prese di posizione, la identifica come artista: performance, installazioni, happening fanno parte del suo linguaggio artistico, parallelamente a una pratica di architetto che l’ha portata naturalmente verso il design.
La sua immaginazione percorre territori molteplici, privilegiando l’esplorazione rispetto all’analisi: il che la rende diversa dai suoi contemporanei, legati a un settarismo moderno che ha sempre evitato per operare in tutta libertà e senza pregiudizi, ispirandosi a teorie filosofiche piuttosto che a dottrine estetiche cui non ha mai aderito. Nanda Vigo rivendica una libertà creativa assoluta, lontana dalle correnti, dalle scuole e dalle mode; convinta che un’arte autentica possa ispirare le forme della società a venire, va oltre i riferimenti contemporanei, tracciando le vie di un futuro prossimo.
È sempre stata all’avanguardia nella ricerca artistica, e ha saputo collaborare con i personaggi più importanti del momento restando costantemente fedele alle sue aspirazioni essenziali. Il suo obiettivo è andare oltre i dati tecnologici, di cui fa uso al sommo grado delle conoscenze del momento, per cogliere i concetti più immateriali, fondamentali, che aspirano ad annullare l’idea di materia, e raggiungere un ideale di esecuzione di natura mentale e filosofica. Per questo il suo lavoro si rivolge ai centri della percezione di base, per il tramite di implicazioni psicologiche e concettuali. Dagli anni Novanta, Nanda Vigo si dedica a un lavoro con cui reinterpreta i segni legati alla sua memoria o alla memoria collettiva, tracciati secondo rituali sempre identici che, attraverso la ripetizione e il rigore della loro esecuzione, conducono lo spirito verso i cammini della pienezza e della pace interiore.
È a questo stato di benessere che l’artista ha sempre aspirato con l’insieme delle sue opere, per mezzo delle quali ha voluto trasmettere l’idea che ogni cosa può essere generatrice di energia. Questa filosofia nasce dal Cronotopo, concepito da Nanda Vigo nel 1964: etimologicamente “tempo-spazio”, mette in scena la luce indiretta, filtrata da materiali che producono sensazioni di mutazioni, impressioni incerte di spazio e luminosità, difficilmente percepibili in un limite concreto, perché ci troviamo nell’ambito della sensazione e del sottile, piuttosto che in una concezione materiale e limitata dello spazio. Nanda Vigo concepisce dunque lo spazio come un luogo di ricerca, in cui la sensazione conta più della forma: “[…] la definizione del Cronotopo — dice Nanda — è destinata a esprimere una filosofia e non un linguaggio di forme, anche se si riferisce a queste ultime, stabilito che — come ho precisato nel mio manifesto del 1963-64, convalidato da Gillo Dorfles — la forma, in questo caso, vuole diventare solo un impulso informativo alla filosofia — e da questa ne rigenera il significato che è quello dell’intelligenza continua e completa dell’uomo, sopra la forma”.
Nel suo ultimo lavoro Trip’s Room (camera da viaggio) riprende la tematica della stanza, già illustrata nella sua prima installazione del 1965 presso la Sala delle esposizioni dell’ideai Standard a Milano. Si trattava di un labirinto di vetri e specchi, con un soffitto e un suolo in acciaio che riflettevano le luci verdi al neon. I riflessi si riproducevano all’infinito esaltando l’effetto illuminante del labirinto. Trip’s Room comporta qualche elemento voluto di riferimento a questo primo ambiente, cioè il valore del passato, essendo una componente base dell’esperimento dell’artista.
Nanda Vigo percorre con ossessiva volontà la strada che consentirebbe di intravedere una sapienza universale, tramite un viaggio che sviluppa i punti effimeri di ricordi preziosi racchiusi in oggetti minimi legati ai momenti intimi di vita: una foto, un vestito da festa (disegnato da Fontana), animali fantasmagorici tratti da mitologie arcaiche… Questi elementi sono di fronte a tre lavori emblematici della ricerca dell’artista creando un corridoio d’ingresso alla stanza stessa dedicato alle memorie, definite da Nanda Vigo “karmatiche”, che legano lo sviluppo del lavoro dell’artista agli esperimenti passati che hanno convogliato la sua ricerca.
Dalle sue prime esperienze, Nanda Vigo ha sempre affinato il suo approccio e la sua padronanza nell’uso della luce, conducendola allo sviluppo delle proprie aspirazioni. Questa ricerca rappresenta l’aspetto sperimentale e artistico della sua opera, che ha spinto sempre più lontano, ancora nell’intento di abolire i limiti dello spazio, del tempo e della materia. I tre elementi: lo specchio, la piramide, l’albero di luce sono oggetti-specchi, oggetti-luce, scrigno luminoso che incornicia l’immagine catturata e diffonde una luce filtrata e diffratta, oggetto simbolico a forma di piramide che si estende in una punta di alluminio riflettente, pronta a restituire lo splendore dei raggi solari. L’albero-totem: un segnale al di là del tempo, esso lega il passato al futuro in un messaggio cosmico. L’artista ci fa da guida nell’illusione di un mondo che si scioglie nella realtà effimera delle sensazioni. È l’invito al décollage verso l’immaterialità della stanza Trip’s Room. The Room rappresenta il momento presente in evoluzione, con simbologie come il busto del bisnonno, famoso tenore amico di Boito, che illustra il DNA creativo. Il fuoco, forza rigeneratrice, simbolo della vita, rappresenta l’amore creativo. Il leggio vuoto porta il libro invisibile dell’akasha, fonte della conoscenza universale che ci consente di accedere a un mondo incantato dove tutto è possibile, dove sogno e realtà si confondono. Akasha, che in sanscrito significa “etere” o “spazio”, è il primo dei cinque elementi base dell’intero universo, il vuoto che permette agli altri di esistere e di manifestarsi. Akasha diviene il sole, la terra, la luna, le stelle, l’aria, i liquidi e i solidi; forma il corpo umano e gli animali, le piante, ogni cosa che vediamo, tutto ciò che cade sotto i nostri sensi, tutto ciò che esiste… Il letto è il “luogo” della meditazione e del “viaggio”. La stanza potrebbe essere un’astronave illuminata da lampi di luci neon, blu, verde, rosa, che s’alternano in onde atmosferiche che sfiorano i nostri meccanismi sensitivi. Ci trasporta nella matrice dell’universo dove scompare lo spazio e il tempo.
Nanda Vigo ci fa navigare nel mondo delle sensazioni. Fedele alle sue tecniche, ci propone un effetto d’illusione evocando la diluizione dello spazio secondo una simbologia senza tempo, suggerendo che l’arte è un’eterna interpretazione delle medesime ricerche e inquietudini che accomunano tutti gli uomini di tutti i tempi. Il suo lavoro si radicalizza, diventa il luogo epurato di un pensiero universale che unisce il passato al presente per portarci in una dimensione altamente simbolica. La sua arte sembra illustrare questa frase di Pierre Teilhard de Chardin: “Noi non siamo degli esseri incarnati che fanno esperimenti spirituali, siamo Spiriti che sperimentano la materia…”. Ci invita a sviluppare la dimensione emozionale e spirituale del nostro essere.