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26 Settembre 2018, 12:56 pm CET

Teoria e pratica di Ratigher di Marco Andreoletti

di Marco Andreoletti 26 Settembre 2018
Ratigher, Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra, SaldaPress, Reggio Emilia 2014
Ratigher, Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra, SaldaPress, Reggio Emilia 2014
Ratigher, Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra, SaldaPress, Reggio Emilia 2014

Per alcuni autori di fumetto il percorso editoriale, magari tortuoso, può essere un indicatore della loro atipicità. Trama. Il peso di una testa mozzata, per esempio, esce nel 2011 con la casa editrice genovese GRRRzetic. Si tratta del primo libro di Ratigher, al secolo Francesco D’Erminio (Popoli, PE, 1978; vive a Vasto) e se ne parlerà molto. Eppure, non sarà questa pubblicazione a rendere il suo nome uno di quelli da tenere d’occhio. Perché, tra il pubblico più attento, il fumettista, da sempre uso a firmare con il suo nome d’arte tratto dal libro per l’infanzia Vampiretto (1979) di Angela Sommer Bodenburg, si era già distinto da diversi anni grazie alle sue continue trovate e a una poetica inconfondibile. Quel debutto nel formato librario del graphic novel, così atteso dai suoi lettori, servirà piuttosto a consolidare in maniera definitiva una carriera il cui dipanarsi in mille direzioni diverse è sintomatico di una visione creativa altrettanto caleidoscopica. «Continuo a intervallare la mia attività di fumettista con quella di editore, nelle tante e diverse forme che in questi anni mi hanno impegnato. Il tempo per disegnare è molto poco, ma ho da parte quattro o cinque sceneggiature che a me paiono davvero buone e su cui ragiono e intervengo con tutta la calma e la cura che ci vuole. Anche se non sembra, sto facendo tanti fumetti», spiega lui stesso durante un recente scambio di messaggi.

L’esordio di Ratigher risale alla fine degli anni Novanta con una serie di lavori su diverse fanzine e riviste indipendenti – tra cui spicca la raccolta Il mirabolante almanacco dei f.lli Mattioli, edito dalla defunta Black Velvet – per evolversi poi nella carriera di editore. Nel 2001 arriva l’etichetta Donnabavosa Records & Comics, da lui voluta e animata. Con Donnabavosa, Ratigher produce dischi hardcore, tra cui quelli degli stessi Laghetto in cui milita in veste di chitarrista assieme al collega fumettista Tuono Pettinato, e un pugno di piccoli libri atipici. Fumetti caustici e “disegnati male”, ma anche raccolte di illustrazioni di artisti come Blu ed Ericailcane. Rispetto a quegli anni, confessa, «continuo a suonare senza palco, in ogni situazione e ambiente. Mi sono rimasti anche i tatuaggi scemi». Sotto l’egida di quelle inclassificabili autoproduzioni inizia a prendere forma un gruppo di autori – oltre ai già citati Ratigher e Tuono Pettinato, abbiamo Lrnz, Dr. Pira e Maicol & Mirco – che da lì a poco avrebbero cominciato a farsi chiamare con l’appellativo di Super Amici. Il collettivo nasce ufficialmente nel 2007 ed esordisce lo stesso anno con Hobby Comics, una rivista antologica pubblicata da GRRRzetic. Hobby Comics è un contenitore dove ognuno di quei sei ragazzi, tutti destinati a diventare tra i nomi più rinomati del fumetto italiano, ha l’opportunità di mettere a fuoco la propria visione di questo linguaggio. Si tratta di un laboratorio creativo da cui nasceranno idee destinate a trovare maturazione anni dopo.

Nel 2010 arriva l’ideazione di PicNic, lussuoso free press a fumetti di cui Ratigher è co-ideatore ed editor. Ne uscirà un solo numero, sponsorizzato da Fornarina, e sarà abbastanza per vincere un Premio Micheluzzi al Napoli Comicon del 2011 (migliore storia breve a I Ronfi di Adriano Carnevali). Poi le collaborazioni regolari con Vice e finalmente la pubblicazione di Trama, un libro rifinito al millimetro, dalla forma editoriale che riprende quella degli Omnibus Mondadori, alla bizzarra scelta narrativa di inserire alcune pagine in negativo e con balloon incompleti: flashforward di quello che accadrà da lì a poco – sebbene, al di là di un criptico menabò in apertura del volume, al lettore non vengano forniti strumenti per inquadrarli come tali. «Amavo Le Iene di Tarantino e Memento di Nolan», ricorda D’Erminio. «Volevo anch’io destrutturare la narrazione, e nutrivo un certo fastidio per la fissazione anti-spoiler. Così decisi di obbligare il lettore a continue anticipazioni, a dimostrare che non solo non rovinavano il racconto, ma anzi, lo rendevano ancora più coinvolgente. L’idea non mi convinceva un granché fino a quando non ho capito che con questo sistema potevo andare oltre la fine del libro. A quel punto l’espediente si è rivelato necessario per la storia che volevo raccontare».

Il fascino di questo libro, come di tutta l’opera di Ratigher, è tutto lì. Non riesci mai ad afferrarlo per intero, a dargli una quadratura completa. Devi per forza di cose abbandonarti a un autore che della banalità ha fatto il suo più grande nemico. Non si capisce se delle sue storie si debba ridere o avere paura, visto che spesso l’orrore che ci racconta risulta prossimo al ridicolo. Le situazioni descritte grondano di violenza, eppure l’atmosfera è sempre surreale, impalpabile. A volte è un dialogo fuori registro, o il comportamento del tutto ragionevole di un personaggio in una situazione assurda. Altre volte sono soluzioni grafiche astruse e inclassificabili a farci mancare la terra sotto i piedi, così come l’assoluta mancanza di spiegazioni o di volontà di chiudere in maniera consona lo sviluppo della narrazione. «Il gioco che preferisco fare con mio figlio è quello di fargli chiudere gli occhi e condurlo per mano in giro per casa. Lui si diverte tanto», racconta l’autore – e verrebbe da dire che con i suoi lettori non si comporti in maniera poi tanto diversa.

Ratigher, Trama. Il peso di una testa mozzata, SaldaPress, Reggio Emilia 2015. (Ed. or. GRRRzetic, Genova 2011.)
Ratigher, Trama. Il peso di una testa mozzata, SaldaPress, Reggio Emilia 2015. (Ed. or. GRRRzetic, Genova 2011.)

I protagonisti di Trama sono due rampolli dell’alta borghesia vessati da un essere deforme, il Bimbo Fango, personaggio ricorrente in tutta l’opera di Ratigher. Ma non si sa bene se i cattivi siano i rampolli, il mostro, tutti o nessuno. Finiamo così in un territorio sospeso tra il fumetto underground statunitense di inizio millennio (il disegno è ruvido ma non rifugge mai certe sue radici più pop), l’atmosfera straniante di un film di Lynch e l’esilarante, e al tempo stesso raccapricciante, descrizione del crocifisso di Billy nel romanzo di Kurt Vonnegut Mattatoio no.5 (1969)[i]. Il volume guadagna una menzione speciale ai Premi Micheluzzi del 2012 e dà anche al più feroce dei detrattori la conferma del talento di Ratigher. Che, da lì a poco, deciderà di sparigliare le carte in tavola per l’ennesima volta. Fortemente richiesto dal curatore della testata, sbarca – ma solo come sceneggiatore – sulle pagine di Dylan Dog, vale a dire il mainstream per eccellenza del fumetto italiano. Nel frattempo, però, pensa di rivoluzionare il mercato dell’autoproduzione mettendo in piedi il progetto Prima o Mai, una sorta di piattaforma di crowdfunding dove non esiste tetto economico per far passare il progetto alla fase produttiva e ogni opera prodotta è acquistabile esclusivamente in prevendita. Che se ne vendano cinque copie o cinquantamila, non importa; chi ha pagato riceverà il proprio volume, costringendo l’autore a un salto della fede non da poco. Ratigher stesso ammette che «l’approccio da autore “autoprodotto” è quello che meglio conosco e dove posso tentare le manovre più spericolate. Quello da autore mainstream è invece la nuova frontiera, piena di misteri e insidie, e di cui avevo bisogno per uscire dalla mia zona di conforto. Gli autori che più ammiro (nelle arti in generale) sono quelli che hanno rischiato grosso. Devo provarci anch’io. È la mia maniera di affrontare questi anni di approvazioni istantanee e altrettanto istantanee stroncature, senza curarsi delle contingenze».

Le ragazzine stanno perdendo il controllo. La società le teme. La fine è azzurra (2015), secondo lavoro lungo di Ratigher, vende proprio grazie a Prima o Mai 1.100 copie. Un numero di tutto rispetto considerando che questo fumetto si conferma ancora più criptico e disturbante del precedente. Le protagoniste sono due studentesse, figlie privilegiate della borghesia, ossessionate da esami ospedalieri e referti medici. «La malattia è intesa come percezione del corpo, dei suoi limiti. Limiti che poi sanciscono il nostro esistere e la sua unicità. Gli esami medici sono esercizio vano di osservazione del destino, il coraggio di indagarlo o governarlo non cambia il risultato, ma sembra svelare l’intera formula dell’equazione che ci riguarda. E poi in ospedale è pieno di adulti in difficoltà. E alle ragazzine queste cose le fanno sentire toste». Quello che lega le protagoniste è un rapporto simbiotico, come solo da adolescenti si può avere. La loro separazione porterà a conseguenze inimmaginabili e solo alla fine, ritrovatesi cambiate e un poco più adulte, riusciranno ancora una volta a vivere la vita alla loro maniera. Rispetto a Trama abbiamo per la prima volta il colore, precedentemente presente solo nelle storie brevi dell’autore. È una scelta non casuale e da non ritenere un mero abbellimento, quanto parte integrante e spesso irrinunciabile – basti guardare al finale, o alla smorta patina verde che ammanta la vita di Motta quando viene separata dall’amica Castracani – della narrazione. È lo stesso D’Erminio a spiegarci come si tratti di «uno dei tre strumenti narrativi. Disegno, testo e colore per me ora si equivalgono. Quando scrivo ho un approccio simile alle partiture musicali con queste tre variabili che si intersecano. Dopo ci sono regia e ritmo, nella fase di “arrangiamento” dell’opera. E poi devo suonare». Interessante come, a dispetto di quest’evoluzione, la struttura delle pagine rimanga fedele a quanto fatto da Ratigher fino a quel momento. La griglia grafica resta sempre piuttosto rigida, e non mancano le celebri pagine a nove vignette regolari – spesso scontornate – che lo accompagnano fin dagli esordi.

Con il passare del tempo ci si accorge chiaramente di come Ratigher ami sconcertare il suo pubblico tanto quanto cerchi di abbattere ogni forma di separazione dai suoi lettori. Così aderisce al progetto Retina e rende disponibili in download gratuito tutti i suoi lavori da autore completo. Poco dopo, nel 2016, dà il via all’ennesimo progetto editoriale. Assieme a Gabriele Di Fazio fonda Flag Press, casa editrice specializzata in fumetti di una sola pagina e dalle dimensioni di 70×100 cm. Firma anche il primo poster messo in vendita, Teoria, pratica e ancora teoria. Ancora una volta l’aspetto produttivo, cartotecnico e contenutistico convergono nella sua poetica. Ad accorgersi di questa dote sono ormai in molti; e infatti, nel 2017, D’Erminio viene chiamato ad assumere il ruolo di direttore editoriale della prestigiosa Coconino Press. La sua prima mossa in tale veste è un’autentica dichiarazione d’intenti: il programma editoriale viene presentato al pubblico con un fumetto. Scritto e disegnato da lui stesso.

Marco Andreoletti lavora come designer in ambito industriale e cura la rubrica Powerpop sulle pagine di Fumettologica.

 

[i]“Appeso alla parete della sua cameretta, a Ilium, Billy aveva un crocifisso veramente raccapriciante. Un chirurgo militare avrebbe ammirato la fedeltà clinica dell’artista nel rendere le ferite di Cristo: la ferita della lancia, le ferite delle spine, i fori prodotti dalle punte di ferro. Il Cristo di Billy era morto in modo orribile. Era uno spettacoloso penoso. Così va la vita.” K. Vonnegut, Mattatoio n.5, Feltrinelli, Milano 2003 (ed. or. Slaughterhouse-Five or The Children’s Crusade: A Duty-Dance with Death, Delacorte Press, New York 1969).

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