Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Francesca Minini, Milano, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Massimo Minini, Brescia, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Massimo Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Massimo Minini, Brescia, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Massimo Minini.
Yona Friedman, “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”. Veduta della mostra presso Galleria Massimo Minini, Brescia, 2020. Fotografia di Alessandro Zambianchi. Courtesy Galleria Francesca Minini.
Yona Friedman, Space Chain variation 17, 2017. Tecnica mista. Dimensioni variabili. Courtesy l’artista; Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman, Jean-Baptiste Decavèle; Galleria
Massimo Minini, Brescia.
Yona Friedman, Maquette d’étude pour Shenzhen, 2017. Tecnica mista. Dimensioni variabili. Courtesy l’artista; Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman, Jean-Baptiste Decavèle; Galleria
Massimo Minini, Brescia.
Yona Friedman, Maquette d’étude pour La Montagne de Venise (+ video et slide show), 2016. Tecnica mista. Dimensioni variabili. Courtesy l’artista; Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman, Jean-Baptiste Decavèle; Galleria
Massimo Minini, Brescia.
Yona Friedman, Maquette d’étude pour La Ville Spatiale (+ video Variations sur La Ville Spatiale, le 11 Avril 2016), 2016. Courtesy l’artista; Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman, Jean-Baptiste Decavèle; Galleria
Massimo Minini, Brescia.
Il 20 febbraio 2020 Yona Friedman ci ha lasciati. Difficile ora sintetizzare portato e lascito della sua pratica e poetica, caratterizzate da una sperimentazione radicale in grado di travalicare i limiti della disciplina architettonica per entrare in dialogo con arte, biologia, cibernetica, antropologia, psicologia e sociologia. Nato a Budapest nel 1923, Friedman fonda a Parigi nel 1958 il Gruppo di studio per l’architettura mobile influenzando con il suo lavoro gruppi d’avanguardia come gli inglesi Archigram o i Metabolisti giapponesi. Con opere seminali, dal progetto della Ville spatiale (1959–1960) allo studio delle agricolture urbane, dalle proposte di autocostruzione da parte delle popolazioni dei paesi sottosviluppati a quelle per una edilizia sostenibile – esemplare in questo senso il Museum of Simple Technology a Madras del 1987, realizzato impiegando materiali locali come il bambù – alle riflessioni sulla partecipazione attiva dal basso, Friedman ha sempre proposto una idiosincratica, alternativa, versione del Modernismo, spesso basata sul paradosso e sull’ossimoro. Se, da dizionario, l’utopia è “quanto costituisce l’oggetto di un’aspirazione ideale non suscettibile di realizzazione pratica”, le utopie di Friedman diventano “realizzabili”, come nel suo omonimo, pluricitato, testo del 1974, rovesciando così ogni paradigma e infondendo un messaggio di speranza e positività. L’architettura di Friedman non è mai impositiva, si concentra sul preesistente, sulla comunità e sulle esigenze del singolo individuo, in modo tale che anche il soddisfacimento di un bisogno personale possa essere foriero di miglioramento per l’intera collettività.
Una approfondita summa del lavoro recente dell’architetto e teorico è offerta dalle due personali nelle gallerie Massimo Minini di Brescia e Francesca Minini di Milano, dal titolo “Sculpting the Void – une proposition de Yona Friedman avec Le Fonds de Dotation Denise et Yona Friedman”, a cura di Maurizio Bortolotti, testimonianza della sua inesauribile energia creativa e visionarietà. Per sua stessa ammissione, Friedman nel progettare scolpisce lo spazio “creando spazio in negativo”, a partire dal vuoto. Ne derivano affascinanti strutture leggere, dinamiche, flessibili e modulari. L’immagine è parte integrante dell’operare di Friedman, favorisce la visualizzazione della complessità del pensiero, di pari passo con la scrittura.
In mostra, dove ricorrono diverse immagini dai due luoghi in cui l’architetto ha principalmente sviluppato la sua ricerca (lo studio-appartamento di Boulevard Pasteur e il suo ultimo appartamento in Boulevard Garibaldi, entrambi a Parigi), maquette, progetti, schizzi e disegni realizzati dal 2009 al 2019 si fanno fregi, segni, simboli e invadono e trasformano l’intero ambiente, contribuendo a ricostruire l’approccio progettuale e la sua straordinaria capacità di creare nuovi modelli poetici di architettura – capaci di parlare anche di fiabe africane, migranti, biosfera, nuvole e infrastrutture. Facendo della leggerezza lo strumento politico più efficace per affrontare istanze e urgenze del contemporaneo.