L’atto della traduzione appartiene intrinsecamente all’esperienza umana. Che riguardi una lingua, un mezzo di comunicazione o una cultura, la traduzione è la chiave per comprendere e comunicare attraverso i limiti linguistici e culturali. Essa facilita la diffusione di idee e di conoscenze, e, generalmente, contribuisce alla mediazione tra fazioni che non sarebbero in grado di interagire altrimenti. La traduzione richiede l’abilità di ascoltare e di capire, di fermarsi e riflettere, e, in ultima istanza, di trovare la risposta che più si adatta a una situazione particolare. La traduzione è imperfetta nella sua essenza: non descrive un processo diretto, chiaro e inequivocabile, quanto piuttosto è il risultato di un percorso irto, caratterizzato da tentativi, errori, e potenziali conflitti. Rimane costante la possibilità di un equivoco, per cui ci si potrebbe sentire letteralmente persi nella traduzione.
Come evento conclusivo della serie, l’Istituto Svizzero invita a una riflessione circa lo scambio culturale e l’interlinguismo. Ciascuna lingua è profondamente legata a una specifica forma di vita, entro la quale emerge e si evolve. Come si traduce ciò al giorno d’oggi, quando passare da una lingua all’altra è divenuta una pratica più che diffusa, soprattutto tra gli attori dei settori scientifico, culturale e artistico? Come influenzano il nostro modo di pensare e agire questi passaggi tra le lingue? Quali processi di traduzione entrano qui in gioco? La tavola rotonda vuole affrontare queste e ulteriori domande attraverso l’osservazione di diversi orizzonti empirici e vari ambiti professionali. Artisti, scrittori, storici indagano cosa significhi vivere e pensare in mondi diversi e come l’alterità e le questioni identitarie vengano affrontate: la lingua occupa una posizione cruciale nei processi di negoziazione e mediazione. Se è vero che le parole che scegliamo e il modo in cui le usiamo danno forma alle nostre interazioni con gli altri e con l’ambiente, giocare con le parole è una pratica tutt’altro che futile.