Nel 1960 Lisetta Carmi abbandona la carriera di pianista per dedicarsi alla fotografia. L’evento che determina questo passaggio è una conversazione con il suo insegnante di pianoforte, a cui Carmi comunica di voler partecipare ad un corteo antifascista. Il maestro si preoccupa per le sue mani: se si fosse fatta male avrebbe dovuto rinunciare alla sua carriera. Carmi, che da ebrea aveva subito il trauma della fuga dalle persecuzioni razziali durante la Seconda Guerra Mondiale, non può contemplare l’idea di un lavoro che la separi dal mondo. A quella manifestazione ci va lo stesso: è l’inizio di un percorso artistico e di vita dedicato agli ultimi.
Influenzata dal clima delle rivoluzioni ideologiche e culturali del secondo dopoguerra e inserendosi nel filone della fotografia di reportage, Carmi utilizza il medium fotografico come strumento di denuncia sociale.
Non tutti sanno che durante la sua carriera, che termina nel 1977, l’artista visita spesso la Sardegna, determinata a documentare le condizioni di povertà e ristrettezze dell’isola.
Il MAN di Nuoro, nella mostra “Lisetta Carmi. Voci allegre nel buio”, a cura di Luigi Fassi e Giovanni Battista Martini, presenta gli scatti inediti realizzati dall’artista tra il 1962 e il 1976 in Barbagia, nel Nord Sardegna e in Gallura.
Il primo contatto con la Sardegna avviene attraverso l’amicizia con i Piras, una famiglia di Orgosolo che Carmi conosce prima attraverso i resoconti di Maria Giacobbe – maestra elementare che racconta della povertà di Orgosolo sulla rivista Il Mondo – e poi di persona quando decide di visitare l’isola. Il rapporto con i Piras dimostra come gli studi antropologici condotti dall’artista si basino sulla costruzione di legami affettivi. Carmi è inoltre particolarmente attratta dall’interazione tra gli individui e l’ambiente. Seguendo i soggetti mentre si muovono e manipolano lo spazio, scopre dinamiche e disuguaglianze sociali: nei suoi scatti la donna è confinata negli ambienti domestici, dove lavora e si prende cura della famiglia, mentre l’uomo appare padrone degli spazi pubblici e del territorio dove fa pascolare le greggi. È poi molto forte il contrasto tra la povertà dei paesi barbaricini e il lusso di ville e resort della Costa Smeralda. Carmi subisce anche il fascino di usanze e feste tradizionali: lo dimostrano gli scatti che ritraggono la lavorazione del pane in casa Piras, i momenti di convivialità in cui si pratica il canto a tenore e le celebrazioni della festa della Candelaria.
Durante uno dei soggiorni a Nuoro assiste ai funerali di Carmelo Natoli Scialli, carabiniere ucciso dai banditi. Nonostante la severità del momento, i bambini sono i protagonisti assoluti di questi scatti. Come tipico del suo stile, Carmi ne cattura le apparizioni attraverso scatti velocissimi. Paragonata spesso a Henri Cartier-Bresson, Carmi si affida al suo intuito per catturare il momento: il suo obbiettivo coglie istantaneamente le qualità plastiche di luci e ombre e il significato sociale ed emotivo del momento. L’unica azione che precede lo scatto è la scelta dell’inquadratura, spesso condizionata dal suo intento polemico: donne e bambini vengono ritratti frequentemente con piani ravvicinati, mentre gli uomini sono colti da un punto di vista sopraelevato che sembra sfidare la loro egemonia.