Technological Chic: Coperni. Una conversazione con Sébastien Meyer e Arnaud Vaillant di

di 10 Agosto 2021

L’arguzia e la visione sono due ingredienti chiave per l’atto della creazione. Così come l’indipendenza, il sentirsi liberi dal giudizio e dalla paura, pur sapendo che la propria ricerca costituirà il nucleo di una nuova grande impresa.  Sébastien Meyer (direttore creativo e co-fondatore) e Arnaud Vaillant (CEO e co-fondatore) sembrano aver trovato ciò che serve per rendere un marchio emergente emozionante e sorprendente.  Coperni, nato nel 2013, è uno dei marchi più innovativi dei nostri tempi. Vediamo perché…

Gea Politi: Sento che Coperni si concentra molto sul digitale e ha una percezione diversa della fisicità. “Technological chic” è la vostra definizione del marchio. Immaginavate questo tipo di posizionamento quando avete iniziato?
Sébastien Meyer, Arnaud Vaillant: Nel 2013 abbiamo fondato Coperni, un’idea nata nel nostro piccolo appartamento parigino. Inizialmente abbiamo postato solo alcune creazioni su Instagram e abbiamo sempre cercato di condividere i nostri pezzi in modo diverso. Per esempio, abbiamo iniziato tagliando le immagini in mosaici. Oggi potrebbe sembrare noioso, ma allora era davvero cool. Grazie a Instagram siamo stati scoperti da Clara Cornet, quando era una buyer di Opening Ceremony. In un certo senso, la tecnologia e il regno digitale fanno parte del DNA di Coperni fin dall’inizio.

GP: I marchi emergenti al giorno d’oggi devono considerare tantissimi aspetti dell’industria. Con quale obiettivo avete iniziato?
SM, AV: La nostra più grande preoccupazione è sempre stata quella di creare abiti “veri” che possano essere indossati dai nostri amici. C’è una complementarità tra noi due che ci permette di creare collezioni con un perfetto equilibrio tra creatività e vestibilità.

GP: Chi sono le vostre maggiori ispirazioni e influenze, e perché?
SM, AV: Sicuramente i nostri amici e la nostra famiglia. Cerchiamo sempre di ascoltare i nostri amici in termini di cosa vogliono indossare, come vogliono indossare un pezzo e quanto vorrebbero pagarlo. Un’altra grande influenza per noi è la tecnologia e non ci vergogniamo ad ammettere che l’iPhone è la nostra più grande fonte di ispirazione. L’oggetto in sé ha un design elegante, ottima funzionalità, puoi fare tutto con un iPhone. È un oggetto fantastico che ci connette con il resto del mondo.

GP: Se poteste lavorare con chiunque, vivo o no, chi sarebbe?
SM: Helmut Lang, per il suo rigore e la sua follia nascosta.
AV: Pierre Bergé, per la sua forza e il suo coraggio.

GP: Qual è il vostro rapporto con la fotografia e il video? E con le riviste? Cosa guardate? Cosa vi appassiona?
SM, AV: Essendo cresciuti nel sud della Francia, abbiamo scoperto la moda attraverso le riviste – non abbiamo potuto sperimentare sin da subito la fisicità della moda. Arnaud era abbonato a Vogue dall’età di sedici anni, oggi una bibbia per noi. È su riviste come questa che abbiamo scoperto l’importanza del rapporto tra un fotografo, uno stilista e una modella, attraverso il lavoro dei parrucchieri e dei truccatori. La più grande forza di una rivista sta nella sua fisicità. È un oggetto che rimane nel tempo, che attraversa le generazioni. È un marcatore delle epoche, un testimone degli stili e delle mode che passano. Niente potrà sostituire una rivista. Nel momento in cui si parlerà della fine delle riviste, dovremo lottare per continuare a mantenerle in vita e soprattutto per farle coesistere con il digitale. Le due cose devono essere complementari.

GP: Avete mai pensato di collaborare con i crypto-artisti? Magari legando la crypto arte alla narrativa del vostro marchio?
SM, AV: Ovviamente questo è un argomento che ci interessa molto, ma è ancora una realtà molto complessa da far comprendere pienamente al pubblico, quindi stiamo aspettando il progetto giusto per intraprenderlo. Anche se il mondo virtuale è la nostra passione, non ci piacerebbe intraprendere un progetto sul digitale che abbia solo uno scopo digitale. Se lo facciamo, deve soddisfare requisiti specifici e il progetto deve essere leggibile e divertente, altrimenti crea frustrazione e riluttanza.

GP: Avete già creato la vostra community? Chi indossa Coperni? In cosa si riconoscono i vostri consumatori? C’è un elemento o un atteggiamento ricorrente?
SM, AV: La nostra più grande soddisfazione è quella di vedere i nostri abiti indossati per le strade e postati sui social media. La cosa più preziosa per noi è il nostro pr team che si è creato negli anni. Ci piace interagire con loro, vederli crescere ed essere coinvolti nel marchio.

GP: Nel maggio 2015 siete stati entrambi nominati direttori artistici del marchio Courrèges. Cosa vi ha spinto a creare il vostro marchio?
SM, AV: Tutto quello che abbiamo fatto nella nostra vita soprattutto da quando ci siamo incontrati è stato fatto organicamente senza alcuna pianificazione. Quando abbiamo lanciato ufficialmente Coperni nel 2013, è stato soltanto dopo aver ricevuto un feedback positivo ai nostri post su Instagram e siamo stati spinti a creare ufficialmente il marchio. Lo stesso è successo con Courrèges; non avremmo mai immaginato di trovarci a capo di una casa di moda così grande a soli venticinque anni.

GP: Avete messo in scena una sfilata drive-in durante la settimana della moda di Parigi, un concetto molto retrò, ma allo stesso tempo contemporaneo. Come vi è venuta l’idea e che tipo di sensazione volevate restituire alla vostra community e alla vostra clientela?
SM, AV: L’idea ci è venuta guardando per la terza volta il film Holy Motors (2012) di Leos Carax, uno dei nostri registi preferiti. Una delle scene finali mostra le limousine che rientrano in un garage. Abbiamo pensato che questa scena potesse essere il nostro punto di partenza per la sfilata, quello che è seguito sono state notti insonni per l’organizzazione dell’evento. Era un momento molto importante per noi e per il nostro marchio. Anche se era vietato organizzare sfilate in presenza, questa era l’idea migliore per aggirare la legge, dato che gli ospiti erano al sicuro all’interno delle loro auto. Lo show è arrivato anche in un momento di chiusura in cui la gente aveva il solo desiderio di uscire, fare festa e riscoprire lo spirito di Paris la Nuit. È stata una notte magica, un momento che accade solo una volta nella vita.

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Gea Politi