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22 Ottobre 2015, 11:59 am CET

Elia Cantori di Valerio Borgonuovo

di Valerio Borgonuovo 22 Ottobre 2015
Senza Titolo (Studio), 2010. Installazione fotografica, dimensioni della stanza. Courtesy CAR Projects, Bologna.
Senza Titolo (Studio), 2010. Installazione fotografica, dimensioni della stanza. Courtesy CAR Projects, Bologna.
Senza Titolo (Studio), 2010. Installazione fotografica, dimensioni della stanza. Courtesy CAR Projects, Bologna.

Valerio Borgonuovo: Di cosa si occupa la tua ricerca?

Elia Cantori: Gran parte del mio lavoro riflette sulla scultura e sulla (tri)dimensionalità. Ogni volta che affronto un’opera provo a estendere ulteriormente tale campo di analisi e di intervento senza mai allontanarmene totalmente. Sia che si tratti di un oggetto, di un’installazione o di un’immagine, cerco di rendere visibile attraverso forme semplici il processo e la materia di cui l’opera si costituisce. Ho la sensazione di fare scultura anche quando utilizzo materiali o mezzi canonicamente meno consueti come il video, il suono o la fotografia. Nel caso del video, per  esempio, esso è adoperato come un mezzo attraverso cui indagare con differenti modalità gli elementi al fine di avere una visione più fisica del soggetto. O nel caso della fotografia, che cerco di trattare non come un mezzo ma come un materiale, avvalendomi per esempio dell’uso diretto della carta fotosensibile in quanto capace di imprimere e registrare la luce come in un “calco”.

VB: In che modo il tuo lavoro occupa lo spazio e il tempo stabilendo talvolta uno stato di simbiosi con il luogo di produzione?

EC: Ne La poetica dello spazio, Gaston Bachelard scrive sulle due diverse forme di esistenza dell’architettura: una fisica, stabilita dalla forma e dalla geometria delle cose e una fenomenologica, dettata dall’esperienza fisica ed emozionale dello spazio. Spesso le mie sculture fanno riferimento a questo spazio del pensiero, in cui la logica del movimento è messa in dubbio e il tempo alterato. Ne è un esempio Stanza: una sfera costituita dalle macerie polverizzate del mio studio. In questo caso il tempo e lo spazio appaiono condensati in quello che potrebbe essere contemporaneamente la sintesi, la fine e l’origine della stanza stessa. Più recentemente ho tappezzato un’intera stanza del mio studio con fogli di carta fotosensibile per poi autoregistrarla mediante l’uso della sua stessa luce di illuminazione [Senza Titolo (Studio)]. L’esperienza finale del lavoro è straniante. Sia lo spazio della stanza sia il tempo, segnato da un calendario e da un orologio, si sono autoimpressi sulla carta, generando una sorta di ologramma spazio-temporale dell’intero ambiente; dando al tutto un aspetto piuttosto cosmico.

VB: Quali sono le fonti della tua ricerca?

EC: Mi interessano tutti quei processi naturali, fisici o chimici in grado di trasformare la materia in altro: c’è qualcosa di estremamente misterioso che mi affascina. Ritengo che la possibilità stessa di modificare e plasmare un materiale offerta dall’arte abbia una certa analogia con la ricerca scientifica. Basti pensare alle strette connessioni tra scultura e materia, gravità, massa, volume, spazio e tempo. E poi ancora l’esperienza del vuoto o del nulla, che sono questioni il cui immaginario ricorre spesso nei miei lavori; a volte in maniera diretta, altre volte meno. Come quando solidifico e blocco il vuoto di un’esplosione, o restituisco — attraverso un lungo processo — l’immagine distorta del mio studio all’interno di un black hole.

Valerio Borgonuovo è curatore. Vive e lavora a Modena.

Elia Cantori è nato ad Ancona nel 1984. Vive e lavora tra Londra e Ancona.

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