I CV sono nati per definire chi siamo e come ci presentiamo; una sorta di esposizione estesa delle nostre credenziali: nato a, studiato a, lavorato per, frequentato questa scuola…, interessi speciali e hobby. Anche l’arte si adegua con l’integrazione di categorie: mostre, articoli, esposizioni… Questo Curriculum Vitae non si preoccupa tanto dei dati fattuali quanto di quelli non fattuali, non detti e privati. Una lunga lista di domande private, improbabili e senza vergogna ai protagonisti del mondo dell’arte e della creatività. Domande secche come la vita per risposte brevi come la vita.
Maria Luisa Frisa risponde alle domande di Cristiano Seganfreddo.

CS: Hai mai indossato qualcosa che ti ha cambiato il pensiero?
MLF: Si, nel senso però di qualcosa che ha cambiato la percezione di me stessa.
CS: Il Il primo gioiello importante che hai ricevuto? E quello che ti sei regalata?
MLF: Non sono particolarmente legata ai gioielli ma lo sono a quegli oggetti che possono diventare talismani perché legati a persone a me carissime o a momenti particolari.
CS: Il tuo gesto quotidiano più preciso?
MLF: Sedermi al tavolo di lavoro.
CS: Qual è l’opera d’arte che ti ha fatto sentire fuori tempo?
MLF: Ero davvero molto piccola e andai con mio nonno alla Biennale. Era l’anno in cui c’erano i tagli bianchi di Fontana. Ho capito che tutte le immagini guardate fino a quel momento non avevano più senso.
CS: Scrivi a mano o solo a mente?
MLF: Faccio appunti disordinati su fogli, quaderni e sui libri che sto leggendo. Quando arriva il momento della scrittura, non so come, affiora tutto.
CS: Il tuo profumo: firma o armatura?
MLF: Firma.
CS: Qual è il tuo rapporto con l’architettura? Che ruolo ha nello sguardo che hai sul mondo?
MLF: Avrei voluto studiare architettura poi per una serie di ragioni ho studiato Storia dell’arte. Sono affascinata da come l’architettura definisce gli spazi del vivere e dell’abitare. Da come condiziona sempre nel bene e nel male la qualità delle nostre vite.
CS: Hai mai desiderato scomparire dentro un abito?
MLF: Un abito non deve far scomparire ma deve, sempre e comunque, valorizzare chi lo indossa.
CS: Il tuo libro-guida, quello che ogni tanto riapri in silenzio?
MLF: Per lungo tempo ho tenuto sottomano la saga di Dune di Frank Herbert. Aprivo uno dei cinque volumi a caso e trovavo sempre qualcosa di illuminante.
CS: Il dettaglio che osservi per primo in una persona?
MLF: L’empatia. La gentilezza.
CS: Quanti orecchini hai? Li tieni in ordine o lasciati andare?
MLF: Porto da anni gli stessi orecchini. Due perle. Ho delle scatole, davvero molte, dove tengo orecchini, anelli, collane e soprattutto braccialetti. Poi le cose che porto più spesso sono in giro appoggiate dove capita.
CS: Il film che ti ha insegnato qualcosa sulla moda senza parlarne?
MLF: Qualsiasi film ci insegna qualcosa sulla moda. Ci dimentichiamo troppo spesso che parlare di moda non vuol dire parlare di vestiti.
CS: La mostra che ti ha fatto sentire vulnerabile?
MLF: Non è mostra ma uno spettacolo. I mangiatori di patate di Romeo Castellucci
CS: Se fossi un materiale, quale saresti?
MLF: Materia stellare.
CS: C’è una parola che usi troppo spesso?
MLF: Comunque.
CS: Preferisci accumulare o sottrarre?
MLF: Preferisco dimenticare.
CS: Il tuo cibo più visivo?
MLF: Riso in bianco con olio e limone.
CS: L’abito più potente che hai mai indossato?
MLF: Ogni abito può essere potente dipende. Forse l’abito più potente che ho indossato è stato un mini abito che provocò l’ira del parroco che, scandalizzato mi intimò di uscire immediatamente dalla chiesa. Un piccolo abito ma ripensandoci di grande potenza. Per riuscire a spaventare un uomo.
CS: Qual è il tuo segno zodiacale? E in che modo ti assomiglia?
MLF: Sono scorpione ascendente leone. E questo credo dica tutto.
CS: Hai mai pianto per una sfilata?
MLF: Piango molto difficilmente. E quando lo faccio c’è una vera ragione.
CS: Gioielli: struttura o decorazione?
MLF: Sovrastruttura.
CS: Il tuo rapporto con il tempo: lo controlli o lo insegui?
MLF: Seguo il mio tempo.
CS: Cosa ti imbarazza, anche se sei lucida?
MLF: La stupidità.
CS: Hai mai scritto qualcosa che non hai avuto il coraggio di pubblicare?
MLF: Se scrivi una cosa che non è un appunto, devi avere il coraggio di pubblicarla. Io scrivo poco e quello che scrivo finisce sempre da qualche parte.
CS: Quanto ti lasci influenzare dagli oggetti che ti circondano?
MLF: Gli oggetti che mi circondano appartengono a costellazioni famigliari. Sono tracce della mia vita. Ossessioni inspiegabili. A volte costruisco anche degli altarini con questi oggetti. Però finisce qui.
CS: Cosa cerchi davvero nella moda?
MLF: Nella moda non cerco niente, ma potrei dire che sono interessata al glamour, inteso come stimolo per l’immaginazione, capace di generare attrazione per l’inaspettato.
CS: Hai mai voluto cancellare tutto?
MLF: Siamo quello che abbiamo voluto essere. Somma delle nostre esperienze, errori compresi.
CS: Qual è la tua ossessione estetica più ricorrente?
MLF: Mi annoio facilmente. Le mie preferenze sono cangianti e plasmate dalla curiosità del momento. Solo nel vestire ritorno sempre alle stesse cose e agli stessi colori.
CS: La musica che ascolti da sola, quando nessuno può giudicare?
MLF: Non temo di essere giudicata per le cose che mi piacciono.
CS: A chi manderesti un messaggio senza parole?
MLF: Per me la voce, le parole sono troppo importanti. Sexy.
CS: Il tuo drink rituale?
MLF: Sono praticamente astemia. Se proprio devo, mi abbandono allo Spritz bianco.
CS: Dove tieni le cose che non mostri mai?
MLF: Non ho nascondigli.
CS: Il tuo primo pensiero quando ti svegli?
MLF: Prepararmi la colazione.
CS: Le scarpe: mai abbastanza o troppo?
MLF: Mai abbastanza. La scarpa è l’elemento fondamentale nella messa a punto dell’insieme. Non esiste la scarpa che va bene con tutto.
CS: La città che ti ha insegnato la bellezza?
MLF: Amo le città che vivono nei contrasti. Belle e insieme devastate eppure grandiose. Il sublime che ti fa stare male. Penso a una città come Istambul e forse anche Taranto.
CS: Una lezione che hai imparato da un grande artista?
MLF: Non pensare mai di essere meglio degli altri.
CS: Moda e arte: chi è più crudele?
MLF: Entrambe coltivano la crudeltà come forma creativa.
CS: C’è un artista che vorresti leggere come se fosse un romanzo?
MLF: Gli artisti sono sempre e comunque dei narratori. E ti offrono degli spunti per capire qualcosa di te. E qualcosa del mondo. Come fanno gli scrittori.
CS: Il tuo luogo ideale per osservare il mondo senza essere vista?
MLF: Io voglio fare parte del mondo.
CS: Quanto del tuo stile è costruito e quanto è puro istinto?
MLF: Lo stile è una disciplina quotidiana.
CS: Hai mai invidiato l’eleganza di qualcuno?
MLF: Non invidio, imparo.
CS: Ti capita di parlare con i tuoi abiti?
MLF: Il silenzio del closet mi conforta.
CS: Dove ti rifugi quando il mondo diventa troppo rumoroso?
MLF: Nel mio studio: La stanza dove mi sento più a mio agio. La stanza che è solo mia.
CS: La sfilata che non dimenticherai mai?
MLF: Tutte le sfilate fatte dai miei studenti a fine anno.
CS: Hai mai avuto una visione davanti a un tessuto?
MLF: Spesso mi inabisso nella reverie. Succede però quando chiudo gli occhi e sono nel silenzio che precede l’abbandono.
CS: Cosa ti fa sentire potente, anche se nessuno lo vede?
MLF: Non mi interessa sentirmi potente. Mi interessa essere autorevole.
CS: L’oggetto che tocchi ogni giorno senza accorgertene?
MLF: Tocco, sfioro, lecco ma sempre consapevolmente.
CS: Qual è la tua idea di ordine?
MLF: La mia idea di ordine è il mio disordine.
CS: Se potessi lasciare un solo oggetto in eredità, quale sarebbe?
MLF: Non mi riconosco in un solo oggetto e non voglio essere ricordata attraverso un oggetto. Vorrei che il mio lascito fosse il mio lavoro e il modo in cui l’ho svolto.
CS: Che tipo di artista ti attrae di più: chi crea confusione o chi costruisce silenzio?
MLF: Chi crea confusione.
Non è un’intervista. Non è un profilo.
È un autoritratto sparso, in forma di domande.
Un modo per perdersi dentro le persone, nei loro gesti, nei loro oggetti, nelle loro ossessioni.
Una mappa del visibile e dell’invisibile.
Un curriculum emotivo, estetico, personale pensato da Cristiano Seganfreddo.
In ordine libero, come il pensiero.