
Hai mai indossato qualcosa che ti ha cambiato il pensiero?
Si, nel senso però di qualcosa che ha cambiato la percezione di me stessa.
Il primo gioiello importante che hai ricevuto? E quello che ti sei regalata?
Non sono particolarmente legata ai gioielli ma lo sono a quegli oggetti che possono diventare talismani perché legati a persone a me carissime o a momenti particolari.
Il tuo gesto quotidiano più preciso?
Sedermi al tavolo di lavoro.
Qual è l’opera d’arte che ti ha fatto sentire fuori tempo?
Ero davvero molto piccola e andai con mio nonno alla Biennale. Era l’anno in cui c’erano i tagli bianchi di Fontana. Ho capito che tutte le immagini guardate fino a quel momento non avevano più senso.
Scrivi a mano o solo a mente?
Faccio appunti disordinati su fogli, quaderni e sui libri che sto leggendo. Quando arriva il momento della scrittura, non so come, affiora tutto.
Il tuo profumo: firma o armatura?
Firma.
Qual è il tuo rapporto con l’architettura? Che ruolo ha nello sguardo che hai sul mondo?
Avrei voluto studiare architettura poi per una serie di ragioni ho studiato Storia dell’arte. Sono affascinata da come l’architettura definisce gli spazi del vivere e dell’abitare. Da come condiziona sempre nel bene e nel male la qualità delle nostre vite.
Hai mai desiderato scomparire dentro un abito?
Un abito non deve far scomparire ma deve, sempre e comunque, valorizzare chi lo indossa.
Il tuo libro-guida, quello che ogni tanto riapri in silenzio?
Per lungo tempo ho tenuto sottomano la saga di Dune di Frank Herbert. Aprivo uno dei cinque volumi a caso e trovavo sempre qualcosa di illuminante.
Il dettaglio che osservi per primo in una persona?
L’empatia. La gentilezza.
Quanti orecchini hai? Li tieni in ordine o lasciati andare?
Porto da anni gli stessi orecchini. Due perle. Ho delle scatole, davvero molte, dove tengo orecchini, anelli, collane e soprattutto braccialetti. Poi le cose che porto più spesso sono in giro appoggiate dove capita.
Il film che ti ha insegnato qualcosa sulla moda senza parlarne?
Qualsiasi film ci insegna qualcosa sulla moda. Ci dimentichiamo troppo spesso che parlare di moda non vuol dire parlare di vestiti.
La mostra che ti ha fatto sentire vulnerabile?
Non è mostra ma uno spettacolo. I mangiatori di patate di Romeo Castellucci
Se fossi un materiale, quale saresti?
Materia stellare.
C’è una parola che usi troppo spesso?
Comunque.
Preferisci accumulare o sottrarre?
Preferisco dimenticare.
Il tuo cibo più visivo?
Riso in bianco con olio e limone.
L’abito più potente che hai mai indossato?
Ogni abito può essere potente dipende. Forse l’abito più potente che ho indossato è stato un mini abito che provocò l’ira del parroco che, scandalizzato mi intimò di uscire immediatamente dalla chiesa. Un piccolo abito ma ripensandoci di grande potenza. Per riuscire a spaventare un uomo.
Qual è il tuo segno zodiacale? E in che modo ti assomiglia?
Sono scorpione ascendente leone. E questo credo dica tutto.
Hai mai pianto per una sfilata?
Piango molto difficilmente. E quando lo faccio c’è una vera ragione.
Gioielli: struttura o decorazione?
Sovrastruttura.
Il tuo rapporto con il tempo: lo controlli o lo insegui?
Seguo il mio tempo.
Cosa ti imbarazza, anche se sei lucida?
La stupidità.
Hai mai scritto qualcosa che non hai avuto il coraggio di pubblicare?
Se scrivi una cosa che non è un appunto, devi avere il coraggio di pubblicarla. Io scrivo poco e quello che scrivo finisce sempre da qualche parte.
Quanto ti lasci influenzare dagli oggetti che ti circondano?
Gli oggetti che mi circondano appartengono a costellazioni famigliari. Sono tracce della mia vita. Ossessioni inspiegabili. A volte costruisco anche degli altarini con questi oggetti. Però finisce qui.
Cosa cerchi davvero nella moda?
Nella moda non cerco niente, ma potrei dire che sono interessata al glamour, inteso come stimolo per l’immaginazione, capace di generare attrazione per l’inaspettato.
Hai mai voluto cancellare tutto?
Siamo quello che abbiamo voluto essere. Somma delle nostre esperienze, errori compresi.
Qual è la tua ossessione estetica più ricorrente?
Mi annoio facilmente. Le mie preferenze sono cangianti e plasmate dalla curiosità del momento. Solo nel vestire ritorno sempre alle stesse cose e agli stessi colori.
La musica che ascolti da sola, quando nessuno può giudicare?
Non temo di essere giudicata per le cose che mi piacciono.
A chi manderesti un messaggio senza parole?
Per me la voce, le parole sono troppo importanti. Sexy.
Il tuo drink rituale?
Sono praticamente astemia. Se proprio devo, mi abbandono allo Spritz bianco.
Dove tieni le cose che non mostri mai?
Non ho nascondigli.
Il tuo primo pensiero quando ti svegli?
Prepararmi la colazione.
Le scarpe: mai abbastanza o troppo?
Mai abbastanza. La scarpa è l’elemento fondamentale nella messa a punto dell’insieme. Non esiste la scarpa che va bene con tutto.
La città che ti ha insegnato la bellezza?
Amo le città che vivono nei contrasti. Belle e insieme devastate eppure grandiose. Il sublime che ti fa stare male. Penso a una città come Istambul e forse anche Taranto.
Una lezione che hai imparato da un grande artista?
Non pensare mai di essere meglio degli altri.
Moda e arte: chi è più crudele?
Entrambe coltivano la crudeltà come forma creativa.
C’è un artista che vorresti leggere come se fosse un romanzo?
Gli artisti sono sempre e comunque dei narratori. E ti offrono degli spunti per capire qualcosa di te. E qualcosa del mondo. Come fanno gli scrittori.
Il tuo luogo ideale per osservare il mondo senza essere vista?
Io voglio fare parte del mondo.
Quanto del tuo stile è costruito e quanto è puro istinto?
Lo stile è una disciplina quotidiana.
Hai mai invidiato l’eleganza di qualcuno?
Non invidio, imparo.
Ti capita di parlare con i tuoi abiti?
Il silenzio del closet mi conforta.
Dove ti rifugi quando il mondo diventa troppo rumoroso?
Nel mio studio: La stanza dove mi sento più a mio agio. La stanza che è solo mia.
La sfilata che non dimenticherai mai?
Tutte le sfilate fatte dai miei studenti a fine anno.
Hai mai avuto una visione davanti a un tessuto?
Spesso mi inabisso nella reverie. Succede però quando chiudo gli occhi e sono nel silenzio che precede l’abbandono.
Cosa ti fa sentire potente, anche se nessuno lo vede?
Non mi interessa sentirmi potente. Mi interessa essere autorevole.
L’oggetto che tocchi ogni giorno senza accorgertene?
Tocco, sfioro, lecco ma sempre consapevolmente.
Qual è la tua idea di ordine?
La mia idea di ordine è il mio disordine.
Se potessi lasciare un solo oggetto in eredità, quale sarebbe?
Non mi riconosco in un solo oggetto e non voglio essere ricordata attraverso un oggetto. Vorrei che il mio lascito fosse il mio lavoro e il modo in cui l’ho svolto.
Che tipo di artista ti attrae di più: chi crea confusione o chi costruisce silenzio?
Chi crea confusione.
Non è un’intervista. Non è un profilo.
È un autoritratto sparso, in forma di domande.
Un modo per perdersi dentro le persone, nei loro gesti, nei loro oggetti, nelle loro ossessioni.
Una mappa del visibile e dell’invisibile.
Un curriculum emotivo, estetico, personale pensato da Cristiano Seganfreddo.
In ordine libero, come il pensiero.